Trump 21

Non c’è più posto per la comunicazione da cicisbei

Non sono un commentatore politico e sulla presidenza americana mi limito ad un appunto sul sistema di comunicazione che ha accompagnato la campagna elettorale.
Trump ha parlato agli americani senza speranza e ha promesso loro che sarebbero stati di nuovo grandi. Poi si è girato verso chi invece la speranza se l’è ritagliata coi quattrini e ha promesso di ridurre le tasse. È riuscito a sintonizzarsi con precisione con le pance trigliceriche degli oscuri Mr. e Mrs. Something e coi ricchi del tipo basta-fare-i-soldi-il-resto-che-ci-frega. E lo ha fatto con i toni e gli argomenti che gli hanno permesso di vincere. Ora siamo tutti, almeno noi “democrats”, con gli orecchi giù. I padiglioni svettanti dell’ “asinello” si sono tristemente afflosciati. Volevamo Hillary la Regina. Ha vinto una specie di Re, brutto e imparruccato. Ma tant’è, perché il popolo lo ha votato. Il popolo, sì. Quello che non ha votato la Clinton. Perché?

Rispondo con un paradosso: perché la comunicazione democratica è fuori tempo. Perché in un modo dominato dai media e ancora di più dai social media ha vinto chi si è concentrato sul mondo reale, quello che fuori dal digitale ancora esiste. E col quale bisogna fare i conti. La comunicazione “cicisbea” fatta di star del palcoscenico, di professorini della Columbia, di fighetti di Twitter, da milioni di “influenzati”, di sondaggi puntuali perfino sul colore delle scarpe dell’elettorato, non è minimamente arrivata ai disperati senza istruzione, senza un dollaro, senza speranza. Trump il buzzurro ha parlato nella loro lingua attraverso l’unico mezzo di comunicazione riscoperto dai neopopulisti: la paura. Quella stessa lingua – parlata da Marine Le Pen, Erdogan, Putin, gli apostoli della Brexit, Viktor Orban – fatta di promesse facili da capire: immigrati ladroni, la terra è nostra, sicurezza, patria, armi take-away, torneremo ad essere grandi. Poche decine di parole lontane dall’”intelligenzia” democratica. Distanti dai giusti discorsi delle “élite” sull’attenzione alle minoranze, ai diritti civili, alla crescita delle persone di pari passo coi sistemi sociali.

Il popolo impaurito di Trump, che coi social media al massimo condivide eros da baraccone, che non legge giornali tanto meno online, che si sofferma sui dibattiti televisivi quando russa in poltrona e il programma cambia, quel popolo, dicevamo, non ha niente a che fare con l’idea di progresso che associamo all’America. Ma è il popolo, la sua decisione è sovrana e noi democratici, con la solita puzza di cultura sotto il naso, avremmo fatto meglio a scendere negli inferi dei disgraziati senza speranza.

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