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Nuovo Macron, vecchio colonialismo

«Il piano Marshall era un piano di ricostruzione materiale in paesi che avevano già un loro equilibrio. La sfida dell’Africa è molto più profonda, è una sfida di civiltà. […] Quali sono i problemi dell’Africa? Stati falliti, complesse transizioni democratiche, transizioni demografiche, infrastrutture, frontiere porose che pongono un problema di sicurezza e coordinamento regionale, traffico di droga, traffico di armi, traffico di esseri umani, traffico di beni culturali e fondamentalismo violento, terrorismo islamista. Tutte queste cose insieme creano difficoltà in Africa. Al contempo, ci sono paesi che hanno un incredibile successo, con un tasso di crescita straordinario che fa dire alle persone che l’Africa è una terra di opportunità. Di grande importanza è la sfida demografica. Quando ci sono Paesi che contano ancora 7 o 8 figli per donna, puoi decidere di spendere miliardi di euro e non raggiungerai mai la stabilizzazione».

La risposta del presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, ad Amburgo, a un giornalista della Costa D’AvorioPhilippe Kouhoun di Afrikipresse – che domandava perché non fosse stato ancora lanciato un “piano Marshall per l’Africa” (l’integrale, in inglese, su allAfrica) ha suscitato molte reazioni negative, perché dal sapore colonialista. Infatti il riferimento alla “sfida di civiltà” richiama la mission civilisatrice, cuore dell’ideologia colonialista francese. Ma non solo. Macron con quella frase si inserisce pienamente nel solco di molti di coloro che in passato hanno ricoperto la sua carica. Come, ad esempio, accadde nel 2007, quando Nicolas Sarkozy a Dakar, in Senegal, dichiarò: «La tragedia dell’Africa è che gli africani non sono ancora pienamente entrati nella storia».

Eppure, durante la campagna elettorale per la presidenza, Macron aveva definito la storia coloniale della Francia in Algeria «un crimine contro l’umanità». Ma, alla luce delle reazioni che scatenò, preferì fare subito marcia indietro. In un comizio a Tolone Macron, infatti, si scusò per aver “ferito” i sentimenti di “alcuni” elettori – i cosiddetti “piedi neri”, ossia i francesi di Algeria rimpatriati a partire dal 1962 – ritrattando quanto detto in precedenza e parlando invece della necessità, per la Francia, di affrontare il proprio «passato complesso».

«Sembra che, nonostante la propria gioventù e vitalità, il nuovo presidente sia in continuità con vecchie consuetudini, relativamente alla posizione della Francia sull’Africa» commenta Eliza Anyangwe, collaboratrice del Guardian esperta di questioni africane. «Le affermazioni di Macron – continua – fanno ribollire il sangue non perché siano nuove, ma perché non menzionano minimamente le cause alla radice delle sfide di cui parla il presidente. L’ammissione lucida e gradita del ruolo, tutto fuorché lodevole, della Francia nelle proprie colonie ormai è scomparsa. Adesso non dice nulla sul fatto che il futuro della Francia è legato in maniera indelebile a quello delle ex colonie e che la relazione fra le due rimane pesantemente neocoloniale». «L’Africa francofona – sottolinea Anyangwecommercia ancora ampiamente con la Francia e le aziende francesi, soprattutto le industrie estrattive, hanno una grande presenza nel continente».

Inoltre, la relazione della Francia con la “Françafrique” «è ben esemplificata dall’uso del Franco CFA, che offre pochi benefici alle nazioni francofone».

Come ha scritto la giornalista camerunense Julie Owono su Al Jazeera: «I paesi della zona CFA devono depositare il 50% della propria valuta di riserva in un cosiddetto conto operativo gestito dal Tesoro francese».

A proposito della presenza militare nel continente africano, Liza Anyangwe ricorda che «la Francia continua a invischiarsi nelle questioni di Stato delle proprie ex colonie, ma spesso tace sugli abusi dei diritti umani e civili. Come in Camerun, dove il despota Paul Biya mette in carcere gli oppositori senza capi d’accusa, risponde a proteste pacifiche con la violenza e blocca internet così da imbavagliare il proprio popolo – e sono tutte cose su cui la Francia non ha mai detto nemmeno “a”».

Secondo la reporter del Guardian, «il test per questa presidenza sarà sulla politica estera, soprattutto in Africa». «Al momento – conclude – Macron sta facendo un ottimo lavoro nel dimostrare che è fatto della stessa pasta di cui erano fatti i leader che sono venuti prima di lui: utilizzando un tono paternalistico e dimostrandosi felice di moralizzare. Mentre trae vantaggi dalla carneficina che la Francia ha contribuito a creare – sul quale, se va bene, chiuderà un occhio».

Nella foto di copertina: Il nuovo Presidente della Francia Emmanuel Macron

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