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Partecipare: una cagata colossale. Come e più del Potemkin

Da un post di Fausto Anderlini sulla sua pagina Facebook:

I Pettirossi sono gli animaletti fra i più carini che conosca. Adoro le loro faccine pulite e i proponimenti che li rendono così diversi dagli altri. Cionondimeno ignoro per quale ragione talvolta si rivolgano a me, che sono vecchio cinico e anche baro. Forse per l’attrazione degli opposti…chissà. L’altro giorno hanno fatto un convegno sulla ‘partecipazione’ così impegnato come solo erano i seminari politici che tenevamo a ‘Laboratorio politico‘ al principio degli ’80. E mi hanno chiamato a concluderlo. Relazioni molto dettagliate sulla governanche multilivello, le reti civiche, la democrazia digitale, la codeterminazione aziendale … e interventi puntuali e intelligenti. Io avrei dovuto parlare della ‘mia’ ‘teoria dei residui’: una roba che ho scritto qua e là e a che loro intrigava. Ma siccome ero molto stanco e depresso, e della ‘mia’ teoria mi son quasi dimenticato (segno che in fondo non aveva molta consistenza), ho finito per stare al tema della ‘partecipazione’. Sgarbatamente elucubrando e delirando sulla base di una scaletta improvvisata al momento. Che qui sintetizzo.

1. L’incipit è una reminiscenza schmittiana dal Nomos der Erde. Il partecipare non è solo prendere parte a qualcosa esprimendo una preferenza, un gusto, una scelta, assieme ad altri. Seguendo l’etimo significa, infatti, qualcosa di più cogente: fare le parti. Come accade nell’occupatio primaeva donde consegue la localizzazione spaziale, l’ordinamento, il ‘pascolare’ e la spartizione dei prodotti.

2. Tutta la dinamica che ha segnato la democrazia nell’ultimo quarto di secolo è segnata dal contrasto vieppiù crescente, e infine inostenibile, fra il partecipare come prender parte e il fare le parti. Mentre la gente prendeva parte a una serie illimitata di occasioni patecipative, dalla politica allo spettacolo e a ogni genere di situazione di consumo, individuale o collettivo, solo alcuni (un noto primo quintile, al massimo decile) hanno proceduto a ‘fare le parti’. Leoninamente.

3. L’egemonia liberista non è proceduta nel segno dell’ atomizzazione sociale ma facendo propria una promessa di partecipazione civica dilagante, rompendo le forme ossificate del compromesso sociale e dei suoi attori delegati. Facendo intendere che da questo moto sarebbe sortita una parte maggiore per ognuno. I socialisti, intimiditi dai cambiamenti della base sociale, hanno subito il movimento e si son messi al seguito, addirittura sperando di prenderne la guida. La cd. sinistra radicale ha fatto ancora di più: ha anticipato la tendenza mettendo in campo una critica radicale dello Stato sociale ed esplorando i nuovi prodotti (cd. post-materiaisti) di cui il neo-liberismo abbisognava per guarnire il paniere dei beni della necessaria seducenza.

4. Quando questa promessa si è rivelata infondata la gente ha cominciato a reagire prendendosela con l’èlite politica e revocando la delega. Sentendosi espropriata e cercando vendetta. Di lì nasce il seguito dei partiti populisti visti come sorta di ‘giustizieri’. Coloro che risarciranno la gente tradita nelle sue aspettative. E senza dover ricorrere alle arzigogolate fatiche della partecipazione. Ma con una semplice ed occasionale delega elettorale.

5. La sinistra ha finito per figurare come capro espiatorio proiettivo evitando che l’attenzione si concentrasse sui leoni. Per colmo di paradosso. Venendo infatti accusata per essersi messa al seguito di quello che la gente chiedeva, invece di opporvisi. Ma anche pour cause ! Essendo essa diventata paladina delle forme più ricercate di partecipazione, sia concorsuali che conflittuali. Sempre comunque agite dalle classi medie istruite. O almeno una loro parte. Una sub-elite che non fa alcuna parte, anzi ne subisce gli effetti, ma che partecipando ostenta una superiorità rispetto al resto della gente. Nel mentre si distrae.

5. E’ idea comune che il M5s abbia fagocitato tutte le tematche del partecipazionismo radicale: ambientalismo, bilancio partecipato, civismo democrazia digitale ecc. Ed è vero, ma solo nel senso dell’innesco del ‘movimento’, una sorta di saprofitismo attivo. Perchè il boom avviene quando il causalismo politico viene rovesciato nel principio della casualità. Il fatto che uno vale uno vuol dire che chiunque, random, come in una lotteria, può occupare gli incarichi. La rappresentanza della ‘gente’ non ha bisogno di essere selezionata, ma ‘pescata’ con qualche like. Il gentismo-qualunquismo chiude il cerchio del partecipazionismo. proprio come nella promessa del Pd che chiunque alzasse la mano alle primarie poteva diventare leader. Senonchè il M5S va fino in fondo superando di slancio ogni forma partecipata dell’investitura. Teatro di strada popolato dalla gente. Del resto il rappresentare è anche decidere chi reciterà la parte.

6. Naturalmente i cd ‘populisti’, nel mentre bypassano ogni partecipazione, promettono di tornare ruvidamente a far le parti. Brevi manu. E’ per questo che trovano seguito. Una promessa però della quale c’è da dubitare. Perchè la forma-gente, non è una ‘massa’, nel senso politico del termine, ma un ‘gregge’ destinato giocoforza ad essere portato nell’ovile dai pastori dopo la libera uscita. Potrà la sinistra proporsi di nuovo come quella forza che pratica l’unica partecipazione politicamente cogente ? Come era un tempo ? Intanto dismettendo una volta per tutte quel verbiage ormai ipertecnicistico quanto stracciaballe su una partecipazione che è ormai solo un romantico depistamento ? Vaste programme.

Foto in evidenza: I Pettirossi dell’Emilia Romagna

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