Pd e Graziano1

Partiti e voti, il problema non è (solo) Graziano

La brutta storia campana che ha coinvolto il presidente del PD Stefano Graziano porta alla luce molti problemi. Il primo che balza agli occhi e’ l’atteggiamento che un partito deve avere di fronte ad una inchiesta della magistratura. È’ del tutto evidente che l’azione dei magistrati va rispettata. Deve essere altrettanto evidente che un partito vero deve avere una propria opinione su chi è’ coinvolto in una inchiesta per tutelare un proprio iscritto dall’errore giudiziario. Rispetto e assecondamento dell’azione del magistrato ma il il Pm non è “‘Mose'” ne’ porta le tavole della legge. Ogni suo atto va valutato criticamente.

In secondo luogo c’è’ la grande questione di come ci si muove, come partito, in terre in cui è’ forte l’occupazione del territorio da parte della grande criminalità. Il numero dei voti raccolti non è’ discriminante sennò dovremmo decidere che vi sono aree del Paese che non possono votare. Quindi il fatto che si prendano voti in terra di mafia, camorra, ‘ndrangheta o sacrista in Puglia è’ un indizio solo se confrontato con un altro dato.

Cioè questo: come si prendono questi voti? Un tempo quando le mafie consideravano impronunciabile il nome delle proprie organizzazioni bastava dichiararsi antimafia. Oggi non è’ più così, abbiamo visto troppi casi di professionisti dell’antimafia collusi. Conta il programma del partito e del candidato, contano le liste. Qui il controllo non deve essere affidato a figure terze, Cantone o la Bindi, ma deve esercitarlo il partito medesimo. Non mi direte che nell’epoca della velocità e della permeabilità dell’ informazione esistano zone segrete o inesplorabili. Ciò che la “diceria’ faceva un tempo, quasi sempre male, oggi lo fa Internet che ti informa di cose e persone.

IDENTIFICARE IL DNA DEL PD – Qui si viene al tema principale: il partito. Mi colpiscono alcune biografie di dirigenti. Non penso a chi è’ passato di partito in partito nella sequenza che ha portato al PD. Mi colpisce il fatto che in poco tempo si possa passare da uno schieramento ad uno opposto senza dire che cosa non andava nel partito precedente. La verità è’ che oggi le carriere sono decise dalla fedeltà ai leader, anche locali, e dal gruzzolo di voti che aumenta a mano a mano che viene alla luce l’inamovibilità del votato in qualunque quadro politico. Nessuno vuol fare l’analisi del Dna ai singoli (qualche controllo non guasterebbe!) , ma il Dna di un partito va identificato. Se tu puoi stare a destra o a sinistra, con Tizio o con Caio c’è’ già il terreno favorevole per ” le peggio cose”. I partiti devono essere riconoscibili con definizioni non inventate, o troppo trasversali. È’ ovvio che la caccia al voto si fa in tutti i territori, ma deve essere altrettanto ovvio che chi sale sul tuo autobus deve sapere dove lo stai portando e chi guida e se c’è’ una scuola guida che fornisce altri autisti. Stefano Graziano potrà essere un colpevole o un nuovo errore giudiziario. Credo che sia molto grave che, mentre giornalisti di vario orientamento su FB hanno testimoniato a suo favore e altri hanno scritto male di lui, per il suo partito, malgrado il ruolo apicale, era uno sconosciuto. Si capisce bene che il problema che ci riguarda non è lui ma il suo partito.

La foto di copertina è da rivistapolitica.eu

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