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Per fermare l’estrema destra l’Europa deve farsi un lungo esame di coscienza

Traduzione dell’articolo di Paul Hockenos pubblicato su The Nation con il titolo “Is Europe’s Far Right Stoppable?” (1 novembre 2017).

L’ascesa europea dei populisti nazionalisti – guidata dai partiti dell’Europa centrale e dell’estrema destra di tutto il continente – ha appena ricevuto due importanti scariche di entusiasmo. Il risultato ottenuto alle elezioni del 15 ottobre scorso dal Partito della Libertà austriaco – islamofobo e antieuropeo – lo mette nella posizione di poter governare con i conservatori […] e le recenti elezioni in Repubblica Ceca, vinte a mani basse dal populista miliardario Andrej Babiš del partito ANO, alimentano ulteriormente questa insurrezione che sfida la visione postbellica di un’Europa integrata e liberale, senza confini.

Le vittorie di Babiš e del bambino prodigio austriaco, Sebastian Kurz – un trentunenne conservatore che ha avuto una svolta populista per vincere – potrebbero allargare il blocco di illiberali dell’Europa centrale […]. Con la Brexit e il movimento separatista in Catalogna sullo sfondo, il futuro del progetto europeo […] è in pericolo.

All’inizio di quest’anno, l’establishment europeo aveva tirato un sospiro di sollievo, convincendosi che l’Europa si era rimessa in carreggiata dopo lo shock esistenziale della Brexit e la reazione negativa e impanicata sulla questione dell’immigrazione, nel 2015. Infatti, in Francia e nei Paesi Bassi, gli elettori sembravano aver messo i bastoni fra le ruote al populismo di destra, privando il Front National di Marine Le Pen e il Partito per la Libertà di Geert Wilders […] delle loro vittorie. Ma il risultato finale non avrebbe dovuto essere letto come rincuorante: Le Pen ha conquistato un terzo dei voti e il partito di Wilders è passato da 15 seggi in parlamento (nel 2012) a 20, diventando così il secondo partito del paese. Allo stesso modo, la vittoria del candidato austriaco di sinistra, Alexander Van der Bellen, nel dicembre del 2016, è stata accolta con gioia, anche se il suo avversario del Partito della Libertà – che da giovane frequentava cerchie neonaziste – ha comunque ottenuto il 46%. […]

Molti erano convinti che si fosse invertita la rotta sui nazionalisti solo perché volevano disperatamente che fosse così. […] Ma l’establishment europeo non ha la benché minima idea di come arginare la costante avanzata della destra. La loro analisi del fenomeno è piena di errori e le loro risposte non fanno altro che peggiorare le cose.

Oggi, l’estrema destra è più forte che mai e la sua offensiva contro l’UE e la sua élite politica è più sviluppata di quanto si possa pensare: nonostante i loro programmi raffazzonati e le loro invettive improvvisate, questi partiti offrono la visione di un’Europa-fortezza, cristiana, fatta di stati-nazione con post-democrazie illiberali e leader autoritari. Un segno del loro potere e della loro attrattiva: un quarto dei partiti del parlamento europeo […] sono nazionalisti etnici che si oppongono all’esistenza di un’Europa sovranazionale. E l’Unione Europea adesso ha potenti autocrazie nazionaliste ai propri confini – Russia e Turchia – che forniscono all’estrema destra europea modelli per il tipo di Stato […] a cui aspirano. […]

Quelli di estrema destra non sono solo “partiti di protesta”, anche se sono pure quello. Nonostante le loro differenze, condividono un’ideologia base e coerente che concepisce la democrazia in termini che gli scienziati politici definiscono “post-democrazia” o “democrazia illberale”. […]. Lo Stato-nazione, che l’Unione Europea aveva come obiettivo di superare, è al centro del loro universo e la loro versione dello Stato-nazione è basata sulla supremazia di un’unica etnia che comanda secondo la propria interpretazione delle […] tradizioni nazionali (che, ovviamente, non include i diritti LGBT o l’accoglienza per i rifugiati africani). Come ha detto esplicitamente l’Ungheria di Viktor Orbán, la nazione etnica omogenea deve rimanere pura, non essere contaminata dal sangue straniero. Questa tesi razzista inevitabilmente non promette nulla di buono per rifugiati, rom, ebrei e le minoranze etniche all’interno di confini militarizzati […].

[…] Nonostante la Germania rimanga un pilastro di stabilità in mezzo a tutto questo, Alternativa per la Germania (AfD) ha conquistato il 12,6% alle elezioni nazionali del 24 settembre scorso, rendendolo così il primo partito di estrema destra a entrare nel Bundestag. […]

La destra, però, non vuole solo la distruzione, ma vuole che l’UE venga rimpiazzata da […] un’Europa delle nazioni: […] una gigantesca zona franca per il commercio con il minore impatto possibile sulla sovranità nazionale […]. Il concetto di Europa delle nazioni – in contrasto con una comunità di valori e di unità politica – sembra avere sempre più simpatizzanti fra i più di 500 milioni di cittadini europei e quel numero cresce man mano che l’UE rimane impantanata in questa condizione inaccettabile.

[…] I sondaggi continuano a mostrare che una fetta dell’elettorato di ogni paese vuole un uomo forte come leader, non ha fiducia nella cultura civica, non apprezza gli stranieri e le persone di colore etc. In Europa centrale […] i numeri tendono a essere ancora più alti. Queste anime illiberali sono l’elettorato naturale dell’estrema destra e, nonostante siano comunque troppe, se fossero da sole sarebbero soltanto una spina nel fianco per le democrazie liberali, non un pericolo.

Ma quello che sconvolge dell’estrema destra europea è l’attrattiva che esercita su un popolo che va oltre gli odiatori sfrenati e gli autoritari. In parte, questo gruppo più ampio di cittadini insoddisfatti esprime un voto di protesta contro un’Unione Europea profondamente fallata e contro il consenso neoliberista che sentono di non potere battere in altri modi. […]

Così compatto e infrangibile è il consenso dell’establishment che, a prescindere dai partiti che sono al potere, l’Europa a ovest dell’Oder-Neiße, il confine che divide Germania e Polonia, viene governata da un’enorme grande coalizione. Conservatori, socialdemocratici, liberali e verdi concordano ampiamente su molte questioni […], anche se ammettono che le loro mancanze sono profonde. Alcuni elettori vedono quindi il voto per l’estrema destra come l’unico modo di esprimere il loro dissenso. Giustamente, si rendono conto che le riforme di Macron e di Merkel non sono abbastanza per rimediare a problemi come la struttura profondamente anti-democratica dell’UE, il predominio della Germania nei processi decisionali e l’obbligo dell’austerità. Buona parte dell’élite europea riconosce che l’UE non può andare avanti così, ma sanno anche che grosse trasformazioni, che includerebbero una modifica dei trattati europei, semplicemente non hanno alcuna possibilità di essere approvate in tutti e 28 (adesso 27, senza il Regno Unito) parlamenti nazionali. L’UE è divisa in due: fra i sostenitori degli stati nazionali a Est e gli integrazionisti a Ovest. […]

Per combattere il fenomeno dell’estremismo di destra, nel lungo periodo gli stati membri devono riscoprire le radici dell’Unione Europea e la sinistra deve raccogliere alcuni dei temi legittimi del populismo (e forse anche un po’ di quel fervore).

Nel breve periodo, invece, i conservatori dalla mentalità moderna hanno anche loro un ruolo chiave da giocare. Merkel lo ha fatto con onore, rifiutandosi di andare a cercare voti nel terreno dell’AfD ed escludendo una coalizione con la destra. Al contrario, Kurz, in Austria, ha saccheggiato la disgustosa pila di mezze verità e bugie del Partito della Libertà, adottando il suo linguaggio xenofobo e i suoi pseudo-rimedi. […] I Conservatori europei, compresi quelli dell’Europa centrale, devono seguire l’esempio della Merkel, non quello di Kurz. […]

Questa non è una soluzione a lungo termine, ma un mero firewall.

Nel frattempo, l’Europa deve farsi un lungo esame di coscienza. Le cause della fuga di massa nelle braccia dell’estrema destra stanno proprio nei fallimenti del progetto europeo e dell’incapacità sia dell’establishment che della sinistra di offrire un’alternativa perseguibile.

(Nella foto: Pepe the frog, personaggio dei fumetti diventato il simbolo dell’alt-right – con grande disappunto del suo creatore, che lo ha ucciso)

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