Pd bandiere

Perché il Pd possa ritrovarsi come comunità

Per capire dove siamo dobbiamo capire da dove veniamo. Vent’anni di Berlusconismo uniti a una crisi economica e sociale profonda sono sfociati da una parte nei Vaffa di Grillo dall’altra nella rottamazione di Matteo Renzi.

In questi anni nel panorama internazionale, le destre, spesso alleate con una Sinistra sottoposta ideologicamente ad esse, hanno costruito l’ideologia dominante tentando malamente di rispondere a questa crisi economica e producendo spesso danni. I populisti hanno cavalcato questi danni mentre le socialdemocrazie sono state a guardare. In Italia è andata esattamente così, e i risultati hanno iniziato plasticamente a vedersi durante le elezioni del 2013 e le successive elezioni del Presidente della Repubblica con la relativa crisi istituzionale, non ancora conclusa.
Il tutto è condito da un malessere sociale giustificato dal fatto che la maggioranza degli italiani sono stanchi, stanno soffrendo pesantemente gli effetti della crisi e non hanno un minimo di speranza nel futuro. Sono inquietanti a tal riguardo i dati di Openpolis, pubblicati da Repubblica, sulla povertà (come si vede dai grafici).

Nella tabella: Persone in povertà assoluta in Italia negli ultimi dieci anni (dati Openpolis)

 

Nella tabella: Persone in povertà assoluta in Italia negli ultimi dieci anni, le categorie più colpite (dati Openpolis)

È sotto gli occhi di tutti, Matteo Renzi ha fallito sia sul fronte del governo sia del partito. La riforma delle riforme che il governo si era impegnato di portare a compimento è stata bocciata sonoramente a causa di una gestione parlamentare errata e di scelte tattiche e politiche completamente sbagliate. Il Partito Democratico ad oggi è semi-distrutto, sull’orlo della scissione e senza un orizzonte ideale e politico a cui mirare.
Il Governo Gentiloni era una scelta obbligata, dopo le dimissioni di Renzi non si poteva andare a votare a causa delle due leggi elettorali di Camera e Senato, la prima che probabilmente verrà bocciata a Gennaio dalla Consulta e l’altra che non produce oggettivamente una maggioranza.

Ma qualcosa doveva cambiare. Non ci si aspettava, certamente, che venisse ripristinato il Ministero dello Sport ad hoc per inserire Luca Lotti come Ministro, che Maria Elena Boschi venisse promossa a sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio dopo il totale fallimento del percorso sulle riforme costituzionali da lei gestito, che la Giannini venisse bocciata rinnegando una delle più grandi e contestate riforme del Governo Renzi e che la questione meglio gestita dal Governo Renzi, la politica estera, venisse affidata ad Angelino Alfano.

Il PD ora si trova ad affrontare una serie di pericoli e ostacoli difficili da affrontare, il nodo del congresso, il referendum in primavera sul Jobs Act e le elezioni politiche, in primis.
Tutti si aspettavano altro dal discorso del presidente Gentiloni, parole più chiare sulla missione e la scadenza di questo Governo, più coraggio nell’affrontare la delicata fase senza galleggiare. Il programma di Gentiloni è stato un elenco di cose che si sapeva si dovessero fare, non ha affrontato il tema del rapporto rotto tra maggioranza parlamentare e quella del paese, l’opposizione non era in Parlamento e la manifestazione delle dimissioni di Renzi è parsa totalmente incompiuta.

Sappiamo tutti benissimo che i governi che si sono succeduti da Monti in poi sono tutti legittimi, costituzionalmente parlando, e chi attacca su questo fronte o non sa di che parla o è intellettualmente disonesto, ma una cosa bisogna dirla: questo ennesimo governo, per di più alla luce del voto popolare sul referendum, manca sempre più di un minimo di mandato popolare, perché se è vero che è il Pd  a indicare il nome del Presidente del Consiglio,  è anche vero che “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”… La esercita per l’appunto, prima o poi bisognerà tornare a votare e mi auguro che questo avvenga prima dell’autunno quando i parlamentari matureranno la pensione, sarebbe un ennesimo regalo al M5S e alla strumentalizzazione che fa su queste tematiche.

E allora come uscirne?
La possibilità per il Pd e per il paese di uscire da questa grave crisi interna esiste ma c’è bisogno di cambiare passo radicalmente!
Dal lato del governo bisogna aprire immediatamente le consultazioni per una legge elettorale seria che si faccia in poco tempo e proporre una solida e innovativa legge sui partiti che li regoli dal punto di vista economico e democratico. Poi portare il paese ad elezioni entro l’estate.

Dal lato del PD il punto è riunirsi, ritrovarsi come comunità, aprire un congresso serio (con le tempistiche giuste) in cui si elegga un Segretario ma si discuta anche di come rinnovare il partito inserendolo nelle nuove dinamiche politiche e sociali e di come rilanciare una visione del paese che rilanci la speranza di migliaia di militanti di sinistra e milioni di elettori ormai da tempo abbandonati. Per fare questo c’è bisogno che la maggioranza capisca dove ha sbagliato, perché milioni di elettori hanno voltato le spalle per il referendum, mentre per quanto riguarda la minoranza, delle speranze ci sono per ribaltare l’esito del congresso del 2013, ma a quali condizioni? La vecchia classe dirigente deve farsi da parte e aiutare altri a farsi avanti, smetterla, in primis, di sentirsi una minoranza etnica confinata in un angolo e rilanciare la sfida a Renzi basandola sulle idee e non sull’antirenzismo. Bisognerà ricominciare a parlare delle problematiche vere del paese (Giovani e Mezzogiorno prima di tutto), infine, dare una scadenza a Gentiloni dopo la quale si toglie la fiducia. C’è bisogno di andare al voto, questo ormai è chiaro, e bisogna andare al voto essendo consapevoli che se si votasse oggi gli italiani darebbero il proprio voto a chi ha urlato fino ad oggi il proprio dissenso perché se non hai più nulla da perdere allora tanto vale rischiare.

In futuro gli italiani voteranno, si spera, chi saprà mostrare rispetto per i problemi drammatici che ci sono, portando idee concrete per risolvere la sofferenza della maggioranza del paese e dando una speranza che si poggi su basi solide.

Da oggi, insomma, ci sarà da ricostruire e innovare, non più rottamare e per fare questo il Paese ha bisogno che la Sinistra non stia più a guardare. Per questo, all’assemblea nazionale del PD di domenica, il segretario Matteo Renzi faccia un discorso che sia il contrario di quello fatto da Gentiloni alla Camera: parole chiave, obiettivi concreti e innovativi, una missione chiara che ci dica dove abbiamo sbagliato e dove vogliamo arrivare. Nel Pd qualcosa in tal senso è nato, si tratta di un movimento di iscritti e non iscritti (per lo più giovani) che non si sono rassegnati a tutto questo e si stanno appassionando all’idea che il PD possa guidare il paese con lo sguardo alto verso il futuro ma prendendo per mano le reali sofferenze di chi è rimasto indietro. Questa speranza è rappresentata da una candidatura chiara e appassionata, slegata da vecchie logiche di potere e correnti preincartate pronte solo a sopravvivere: quella di Enrico Rossi e della sua appassionata e coraggiosa Rivoluzione Socialista del PD.

 

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