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“Poi è arrivato Sanders”: Come i giovani americani si sono innamorati del socialismo

A 18 anni, Olivia Katbi rispondeva al telefono e alle mail nell’ufficio di un senatore repubblicano in Ohio. Ma questo senatore, poi, si è dedicato anima e corpo a una legge contro l’aborto particolarmente controversa. «Mi sono resa conto che il partito per cui lavoravo era malvagio. Dopo quell’episodio, ho iniziato a identificarmi come democratica, ma non ero esattamente felice delle loro politiche», racconta Katbi, che adesso ha 25 anni.

Ai tempi, non era in grado di spiegare le sue riserve sul presidente Barack Obama. C’erano i bombardamenti con i droni e tutti i limiti della sua riforma sanitaria. Ma soprattutto c’era l’impressione, frustrante, che il presidente non stesse facendo il suo interesse, ma quello dell’élite agiata. Quindi, alle elezioni presidenziali del 2012, Katbi ha votato per Jill Stein, la candidata dei Verdi. Ma questo non ha cambiato il mondo.

È stato solo lo scorso anno, quando Bernie Sanders si è candidato, facendosi alfiere del socialismo democratico, che tutto ha iniziato ad avere un senso.

«La mie idee politiche erano a sinistra del partito Democratico, ma non mi ero resa conto che c’era un’intera ideologia, un intero movimento. Non mi è mai venuto in mente», dice Katbi. «Bernie mi ha introdotta al concetto di socialismo democratico. Non associavo quella parola con la guerra fredda: era proprio un concetto completamente nuovo per me. Ed è stato lo stesso per un sacco di millennial. È per questo che il movimento è cresciuto tanto».

Katbi […] si è poi unita ai Socialisti Democratici d’America (Democratic Socialists of America), un movimento plurale che sta crescendo rapidamente e che ha attratto sia ex-comunisti, sia infiammato gli animi dei millennial. I DSA sono, adesso, la più grande organizzazione socialista d’America: le iscrizioni sono quadruplicate – arrivando a 25.000 dalle elezioni dello scorso anno – e hanno rivitalizzato un gruppo dormiente. Sono nate nuove sezioni e centinaia di delegati si sono riuniti a Chicago per l’unica convention dei DSA ad avere attirato l’attenzione in tutti questi anni.

Parte dei suoi membri sono orientati verso la socialdemocrazia alla scandinava con sanità universalistica e reti di sicurezza sociale. Altri abbracciano un socialismo più tradizionale che prevede la proprietà pubblica su larga scala. Ma l’etichetta è stata fatta propria anche da quei millennial che non si identificano con un modello politico in particolare e sono arrivati al socialismo tramite i movimenti di protesta come Occupy e Black Lives Matter, fomentati dalla frustrazione per l’incapacità del Partito Democratico di prendere sul serio il crescente disincanto con il capitalismo, le disuguaglianze e con il governo americano ostaggio degli interessi corporativi.

Si è aperto, quindi, un dibattito non solo sul salario, sulla casa e sulle proposte per un reddito di base universale, ma si è anche riconsiderato il ruolo del governo nelle vite delle persone in favore di un intervento più corposo da parte dello Stato.

Secondo un recente sondaggio, la maggioranza degli adulti americani sotto i trent’anni rifiuta il capitalismo, anche se questo non si traduce automaticamente nel sostegno al socialismo. Per Katbi, però, il percorso è chiaro. Sei mesi dopo le elezioni, si sta lasciando Sanders alle spalle. «[…] Adesso mi sento molto più a sinistra di lui […]».

Se le chiedi cos’è il socialismo, Katbi ti dice guarda alla campagna elettorale di Jeremy Corbyn.

«Mi è piaciuto molto lo slogan del Labour: per i molti, non per i pochi. Una sintesi puntuale di che cos’è il socialismo. Ossia: controllo democratico della società in cui viviamo. Questo include l’assistenza sanitaria universale, istruzione per tutti, edilizia popolare, controllo pubblico delle risorse energetiche. Banche di proprietà dello Stato. Questo è quello che ho capito del socialismo quando ho sentito Bernie Sanders parlarne».

Il manifesto del Labour ha catturato l’attenzione dei giovani militanti di sinistra statunitensi perché, a differenza del programma elettorale di Hillary Clinton, conteneva idee chiare con le quali potevano identificarsi. […]

«Le persone con le quali sono amica che non si identificano come socialiste appoggiano definitivamente certe politiche socialiste, come il sistema sanitario universalistico», afferma Katbi. […]

L’allarme creato dalla prospettiva che milioni di persone potessero perdere la copertura sanitaria o vedere il prezzo dell’assicurazione crescere vertiginosamente ha spinto una nuova generazione di socialisti democratici ad abbracciare il sistema sanitario universale come lo strumento per attirare molti americani, anche elettori di Trump, verso l’idea che le regolamentazioni del governo possono essere positive.

Gli americani che sono diventati adulti durante la guerra fredda vedevano il socialismo come un parente stretto del comunismo sovietico, e la sanità gestita dallo Stato come il primo passo verso i gulag. Ci sono ancora quelli che cercando di riportare in vita le vecchie storie del terrore. […]

Poi è arrivato Sanders.

«Con il fenomeno Bernie, tutto a un tratto è possibile pronunciare la parola che inizia per S in pubblico», spiega Nick Caleb, 35 anni, un militante di sinistra di lungo corso che si è unito ai DSA poco dopo le elezioni […].

Caleb racconta che ancora prima della candidatura di Sanders, il movimento Occupy Wall Street aveva spinto a mettere in discussione il capitalismo. «C’era un ampio dibattito su cosa fosse il capitalismo e abbiamo iniziato a evidenziarne le parti più terribili. […] Rimaneva da definire cosa significasse il socialismo. Abbiamo lasciato quello spazio aperto».

Al centro delle idee che sono andate a riempire questo spazio, c’è un dibattito sul ruolo dello Stato, dopo che è stato dipinto per decenni dai conservatori come oppressivo […]. Ma anche la campagna sulla sanità, la rabbia fatta scattare dall’ingordigia delle grosse banche salvate con i soldi dei contribuenti e la convinzione che solo lo Stato ha la forza di invertire la rotta sulle disuguaglianze sempre più profonde e di infondere nuova vita nella vecchia idea che il governo sia lì per controllare il capitalismo, piuttosto che sia il capitalismo a dover controllare il governo. […]

A una vecchia generazione di militanti di sinistra, tutto ciò ricorda molto il New Deal – il coraggioso tentativo del presidente Franklin Roosevelt di cambiare il sistema economico americano e tenere a freno le forze del capitalismo in risposta alla Grande Depressione degli anni ’30. […] Quel percorso venne interrotto dallo scoppio della seconda guerra mondiale. […] Poi venne la paura rossa, il maccartismo e l’avanzata delle grandi corporazioni globali. Nonostante ciò, il presidente Lyndon B Johnson negli anni ’60 portò avanti l’eredità del New Deal con la sua “guerra alla povertà” e i programmi della “grande società” che ampliarono il welfare, riducendo drasticamente il numero di persone in povertà e introducendo la Medicaid e la Medicare – i programmi di sanità pubblica per i più poveri e gli anziani.

Poi però arrivò la rivoluzione reaganiana e l’abbraccio dei Democratici con il neoliberismo.

[…] Una delle sfide per questo nuovo tipo di socialdemocratici è trovare la strada per il successo elettorale. Nel Regno Unito, il partito laburista è l’opposizione ufficiale. […] Ma i socialisti americani sono divisi: rianimare un Partito Democratico in stile New Deal o creare una nuova organizzazione? Per il momento i DSA hanno deciso di non diventare un partito politico. […]

Uno degli ostacoli principali per ampliare il supporto per il socialismo in America potrebbe essere dettato non tanto dalle politiche […] quanto dalla percezione di chi è socialista. «Voglio smontare la percezione del socialismo come un gruppo di uomini bianchi che parlano di teoria», dice Katbi. «Le persone esitano a unirsi al movimento perché credono […] che siamo un gruppo di uomini bianchi che urlano parlando di Marx. Non è così. […] Nella DSA stiamo intenzionalmente costruendo un movimento che è variegato, amplificando le voci delle donne e delle persone di colore e di coloro che sono stati oppressi. Tutto quello che facciamo, lo facciamo tenendo a mente questo». […]

Ma prospettiva di classe e la lotta per i diritti delle minoranze devono andare di pari passo, così da costruire un movimento di massa che conquisti quell’ampio numero di membri della working class che hanno votato per Trump. Senza mai accettare compromessi sui diritti civili, ma al contempo raggiungendo la maggioranza dei lavoratori sulla base delle questioni di classe e dei diritti sociali. […] Sanders li ha raggiunti parlando di sanità, salario minimo e la necessità di tassare Wall Street e i milionari. […] E sarebbe un errore fatale non riconoscere che in America c’è una massa enorme di bianchi appartenenti alla classe operaia che possono essere conquistati.

Questo articolo è una sintesi di quello pubblicato il 02/09/2017 sul Guardian a firma di Chris McGreal dal titolo: “The S-word: how young Americans fell in love with socialism“.

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