PD

Restituire la D al PD

Nei referendum le regole sono chiare. Un consultazione è valida con il 50% +1 dei votanti. Ad ogni tornata referendaria che non ottiene il quorum c’è chi solleva l’inopportunità di questa regola proponendo che chi va a votare, indipendentemente dal raggiungimento del quorum, decida. La stessa riforma costituzionale ha previsto una revisione al ribasso dei quorum di validità delle consultazioni referendarie. A differenza di altri paesi (come gli USA o la Svizzera) l’istituto referendario é inserito nel’ordinamento come un’extrema ratio, uno strumento da utilizzare quando la democrazia rappresentativa ha fallito e non interpreta la volontà di un’ampia parte degli elettori o di una fetta dello Stato (5 Regioni).

Personalmente, eccetto che per due dei tre quesiti in materia di acqua e nucleare, non ho mai firmato una proposta referendaria. Non la ritengo la migliore modalità per risolvere questioni che dovrebbe affrontare e gestire il Parlamento. Ma quando sono indetti – e questo referendum c’è stato perché Governo e Parlamento non hanno recepito le proposte delle Regioni – io vado a votare e mi esprimo nel merito.

Ho già motivato perchè ritenessi giusto votare SI. Alla luce del risultato, con un terzo degli elettori andati alle urne ed oltre 13 milioni di consensi alla proposta di mantenere un limite temporale alle concessioni di ricerca ed estrazione di idrocarburi, confermo la mia idea: il Partito Democratico ha sbagliato ad invitare gli elettori ad estenersi.

In questo referendum nella mia Regione, l’Emilia Romagna, hanno votato più persone di quelle (me compreso) che hanno eletto il Presidente della Giunta regionale. Più persone di quelle che hanno votato (me compreso) il più grande Partito delle ultime europee, il PD. Più persone di quelle che hanno votato (me compreso) il candidato premier e la coalizione con più consenso delle ultime elezioni politiche, Pierluigi Bersani. In molte zone del paese distanti dal mare e dove il contenuto di merito del quesito non è oggetto di attenzione e di dibattito pubblico, abbiamo assistito ad un fenomeno già visto: la partecipazione al voto è proporzionale al radicamento storico della sinistra.

Dove il Pci ed i Ds erano forti, la partecipazione è stata più alta.

E’ un caso? Non credo proprio. L’elettorato di sinistra è quello più distante dall’idea che astenersi sia una strada per vincere una battaglia politica, promuovere una politica energetica, tutelare dei posti di lavoro. Ed altrettanto significativo è il risultato ottenuto dai referendari in Basilicata, unica regione ad aver superato il 50% dei votanti. E’ la Regione toccata dallo scandalo legato a Tempa Rossa, la Regione dove più di 2000 persone vivono dell’industria del petrolio. Quella comunità ha sostenuto le ragioni di chi ha chiesto che venissero posti dei limiti ad un’attività – quella di estrazione degli idrocarburi – che ha un impatto ambientale rilevante su quella terra e su altri territori del paese.

Se chi voleva abolire una norma ingiusta è stato sconfitto, chi l’ha voluta non ha vinto. Perché non si ottiene nessun risultato investendo sull’astensione. Prestissimo avremo il voto nelle grandi città, con alcuni ballottaggi che si annunciano al cardiopalma e dove ogni singolo voto conterà. Lo hanno capito bene Giachetti e Sala, che pure essendo molto vicini al premier sono candidati alla carica di Sindaco a Roma ed a Milano e sanno perfettamente che i voti di chi ha votato SI al referendum e coltiva una sensibilità ambientale non andranno mai a chi sbeffeggia la partecipazione al voto in una consultazione che riguarda l’ecosistema. Subito dopo, ad ottobre, avremo il Referendum Costituzionale ed il Pd chiederà – in quasi totale solitudine nel quadro politico – la partecipazione degli elettori per appoggiare la riforma istituzionale.

Serviva l’intelligenza di non fare strappi e comprendere che l’arma dell’astensione – per quanto legittima e costituzionalmente prevista – è improponibile quando è brandita da un Partito che mantiene ancora l’aggettivo “Democratico” nel nome. Questo errore politico, nella settimana immediatamente successiva al voto, può essere facilmente ignorato. Ma non sarà così per molto. Quando si deludono milioni di elettori si può anche ottenere un risultato elettorale grazie all’astensione (in un referendum, come in un’elezione dove sono gli avversari a non votare) ma si perde l’appoggio di milioni di coscienze. Lo sanno bene i laburisti inglesi che negli anni di blairismo hanno perso 4,5 milioni di voti, perdendo poi le elezioni e consegnandosi ad una lunga stagione di egemonia dei conservatori, che hanno vinto mantenendo gli stessi voti di quando avevano perso.

Restituire la D al PD, questa è l’unica strada che abbiamo perchè il Partito si identifichi con la propria base e non sia la mera rappresentazione di un vertice. E’ un lavoro da condurre con pazienza e fatica, ma credo che ne valga la pena.

Commenti