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Ricominciamo da tre: Sanders, Corbyn, Rossi

Ho 54 anni, sono stato contagiato dal virus della politica che ne avevo appena 14 e non sono più guarito. E sì che, volendo, sarei potuto guarire visti i tanti accadimenti politicamente negativi che avrebbero potuto funzionare da potenti antibiotici. La verità è che sono nato comunista, poi lo sono diventato. Sostanzialmente perché, come recitava Giorgio Gaber, Berlinguer era una brava persona. Non mi sono mai illuso, né mai pensato, che si potesse costruire una società socialista. Mi sarei accontentato di qualche elemento di socialismo in più: meno disuguaglianze, meno sfruttamento, più diritti civili e per i lavoratori precari, muri contro il razzismo. Cose così, il minimo sindacale per chiunque si professi di sinistra. Fino ad oggi mi sono fatto bastare anche il sì alla riforma costituzionale e la speranza che l’Italicum possa essere modificato.

L’ARGINE ROSSI – In questo triste contesto, l’argine (è proprio il caso di dire) alla depressione è l’impegno a sostenere la piattaforma politica di Enrico Rossi in attesa del congresso e in attesa del 67° anno di età quando, legge Fornero permettendo, andrò in pensione e metterò, forse, mano al romanzo che ho sempre avuto in mente di scrivere. La trama è ancora incerta in quanto la chiara idea iniziale, da perfetto ed ortodosso militante di sinistra, l’ho scissa in altre due o tre e sono, quindi, indeciso quale di esse sviluppare. Fino ad oggi. Perché un raggio di luce ha squarciato questo grigiore quotidiano: Donald J. Trump. Nell’ultima settimana è stato un susseguirsi di analisi che vanno dalla preoccupazione acuta alla immanente ed imminente catastrofe. E invece, se volgessimo in senso positivo l’oggettiva paura che quest’elezione ha prodotto, ci renderemmo conto che siamo difronte ad una magnifica occasione storica per la sinistra. Il successo di Trump, unito ai consensi che i populisti, retrivi e fascistoidi, mietono nel Vecchio Continente, ci dicono che il capitalismo improduttivo, paradossalmente, fa leva su quelle moltitudini che esso stesso ha impoverito ed emarginato per continuare a garantirsi, anche per le difficoltà e, per certi versi, l’inaffidabilità della destra democratica, l’assoluta libertà di azione.

Non a caso, tra i provvedimenti dei primi cento giorni, Trump ha annunciato quello sulla di deregulation finanziaria. Tutto ciò facilitato, è stato detto e scritto, dall’assenza di una strategia alternativa credibile della sinistra. Dall’assenza di una sua offerta politica che torni a garantire e rappresentare tutti quei ceti, tutte quelle donne e tutti quegli uomini, che manifestano la loro rabbia direttamente attraverso l’espressione del voto, non avendo più come riferimento quei soggetti sociali e politici intermedi che erano strumento di intercettazione e veicolazione democratica delle tensioni della società.


Nella foto: Enrico Rossi

RIPARTIAMO DA TRE – C’è necessità, quindi, di ripartire da zero? No, la sinistra se vuole, se è capace di cogliere l’occasione storica, può ricominciare….da tre! L’asse Roma, Londra (Jeremy Corbyn), Montpelier (capitale del Vermont, Stato di cui è senatore Bernie Sanders), può davvero essere l’incubatore di una sinistra originale e globale che deve tornare a dare speranza a coloro che oggi reagiscono rabbiosamente alla paura. Ripartire da ciò che di attuale c’è nel pensiero socialista e nella dottrina sociale della Chiesa (“non sono comunista, sono i comunisti che hanno valori cristiani”: Papa Francesco in risposta ad una domanda di Eugenio Scalfari), per la prima e vera rivoluzione dal dopo guerra: una società finalmente (più) giusta. Non velleitarismi, né utopie, ma soluzioni maledettamente concrete: la politica che detta le regole sui modelli di sviluppo e sulla redistribuzione delle ricchezze (tradotto: quali modelli industriali incoraggiare e sostenere; chi deve pagare di più, chi di meno e quale destinazione dare alle risorse finanziarie statali). Non ho citato volutamente Enrico Rossi insieme a Corbyn e Sanders, perché spero che qualunque sia sia l’esito per la leadership del PD al prossimo congresso, le sue proposte, la sua idea di partito e di società possano diventare patrimonio non solo del nostro partito ma di tutta la sinistra.

Non credo esista alternativa. Vanno bene la digitalizzazione, la banda larga, l’industria 4.0 e via elencando, ma non è neutra la guida di tali processi perché potranno diventare leva per uno sviluppo equilibrato ed equo o fonte di nuove ed inaccettabili disuguaglianze. Una sfida storica, una sfida eccitante. La sfida. L’unica che potrebbe distrarmi dal mio romanzo.

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