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Rossi a Renzi: serve un ufficio politico

Pubblichiamo un intervento di Enrico Rossi apparso sull’Huffington Postnel quale il Presidente della Toscana e candidato alla segreteria del Pd, dopo aver ribadito il suo giudizio già espresso sui risultati negativi delle amministrative si fa portavoce di una proposta per la guida del Pd, in questa fase, da affiancare al segretario Matteo Renzi,  “un’organismo collegiale che rappresenti al di là del loro peso tutte le aree del partito, le personalità e i territori. Il pluralismo del Pd potrà così esprimersi e confrontarsi nel merito, uscendo da schemi e contrapposizioni precostituite”. 

Queste elezioni sono state molto negative per il Partito. Sarebbe un errore dividersi e dare un’immagine sconclusionata, di polemiche e invettive. Il nostro elettorato non capirebbe. Presteremmo il fianco a chi vuole vederci ancora più indeboliti. Non è il momento di accuse o processi sommari, ma della discussione e dell’ascolto, che s’impone anzitutto nel gruppo dirigente e verso iscritti ed elettori. Non condivido un’analisi del voto semplificata, sino al punto d’attribuire le criticità che attraversiamo ad un improvviso moto d’antipatia che gli italiani avrebbero maturato contro Renzi. Ancor meno convince un’altra spiegazione, secondo cui non si sarebbe rottamato abbastanza cercando «Appendini e Appendine» da candidare tra i frequentatori della Leopolda. Il cambiamento che abbiamo mancato perdendo le elezioni, prima che i volti o l’età anagrafica, riguarda i contenuti delle politiche che abbiamo fatto.

Il disagio è sociale e riguarda le questioni economiche. Anche dove si è ben amministrato il Pd è stato identificato con il sistema di potere e come sostenitore di un assetto economico e sociale che non piace più alla nostra gente. Se vogliamo davvero rappresentare il cambiamento e competere con chi si propone di farlo con la «democrazia diretta» occorrono politiche serie a favore dei più poveri e dei disoccupati; dei pensionati al minimo, dei lavoratori e dei ceti medi e bassi, delle partite iva e delle imprese più dinamiche. Occorrono leggi per la povertà, piani occupazionali, investimenti pubblici, sostegno a quelli privati e riduzione del cuneo fiscale. Occorre ricostruire una sana intermediazione e una nuova rappresentanza della società e dei suoi bisogni. Piuttosto che organizzare banchetti per la riduzione delle tasse occorre cambiare le politiche economiche con un segno più sociale e orientato alla vera creazione di ricchezza, lavoro e produttività.

In autunno ci sono due appuntamenti politici importanti, a cui – come Renzi ha promesso – seguirà il Congresso. L’elaborazione della nuova finanziaria, che dovrà essere la sede di una svolta necessaria sulle politiche economiche, e il referendum sulla riforma costituzionale, di cui occorre modificare l’impostazione politica, simultaneamente a una revisione della legge elettorale. Non possiamo arrivarci divisi, in polemica l’un con l’altro, occorre un partito in grado di discutere ed elaborare una comune linea politica, dando prova di compostezza e unità. Per questo credo che non si tratti solo di cambiare qualche esponente della segreteria politica e ancor meno di discutere proposte, che non ho mai ricevuto, circa un mio ingresso in questo organismo. Non propongo di dar vita a un caminetto, un luogo di maggiorenti che si riuniscono al di fuori delle responsabilità istituzionali e degli incarichi di partito.

Chiedo di creare un organismo collegiale, che rappresenti al di là del loro peso tutte le aree del partito, le personalità e i territori. Il pluralismo del Pd potrà così esprimersi e confrontarsi nel merito, uscendo da schemi e contrapposizioni precostituite. Questo ufficio può essere istituito dall’assemblea nazionale senza mettere in discussione né i ruoli assegnati dal precedente congresso né le prerogative del Segretario e diventare l’organo delle decisioni politiche importanti, spezzando una logica di leaderismo e personalizzazione che alla prova dei fatti ha finito per nuocere. Una scelta di questo tenore può restituire al Partito la sua funzione comunitaria di luogo delle decisioni politiche importanti e ricostruire un senso d’appartenenza che da Roma finirebbe per estendersi a tutti i territori del Paese. Se Renzi è davvero disposto a discutere, questa è la forma più adatta per superare quei limiti che si sono dimostrati inadeguati ad affrontare una fase delicata e complicata come questa.

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