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Salvini, le istituzioni e la sinistra, ancora in ordine sparso, dopo aver subito “la destra psicologica”

Che dire di un quadro che vede un ministro dell’Interno sfidare la magistratura, le istituzioni democratiche, l’articolo 13 della Costituzione, sulla quale ha da poco giurato, tenendo in ostaggio in un porto italiano su una nave della guardia costiera italiana, oltre un centinaio di naufraghi ai quali impedisce lo sbarco? E che dire di quello stesso ministro che alle istituzioni, magistratura compresa, si rivolge dicendo: “Io non mollo. Se non vi sta bene venitemi ad arrestare“. E che credito può avere il Paese rappresentato da quel ministro quando si presenta nei consessi internazionali, dove probabilmente qualche motivo per far valere i suoi diritti sulla allocazione degli immigrati potrebbe anche averlo?

Non c’è dubbio che l’atteggiamento arrogante e violento, tecnicamente fascistoide, del ministro ha creato e continua a creare problemi gravissimi all’Italia, mettendola ai margini della comunità internazionale, e umiliandone tradizioni storia e perchè no compromettendone la dignità. Tant’è che non si può che sottoscrivereil duro commento di Massimo Cacciari in televisione allorchè ha evocato l’espressione usata a Waterloo dal generale Cambronne, per definire coloro che non si indignano dinanzi a questi comportamenti. Perchè si può anche , come ha lasciato intendere il leader del movimento 5 stelle Di Maio, sospendere i pagamenti dei contributi italiani a Bruxelles se non saranno mantenuti gli impegni sulla collocazione dei migranti, ma non lo si può fare brandendo la spada di Damocle dei naufraghi e di un equipaggio di una nave militare tenuta in ostaggio per i deliri di onnipotenza di un ministro.

Dato a Salvini quel che è di Salvini e spiegatogli che non è il suo compito quello di attestarsi a difendere le frontiere e che queste non si difendono impedendo di scendere a naufraghi e a chi li ha salvati (militari italiani) sul suolo nazionale c’è da chiedersi cosa possono fare le istituzioni per difendere il Paese e i suoi cittadini dai danni che questi atteggiamenti stanno provocando. La magistratura si è attivata e non ha usato mezzi termini nell’evocare il gravissimo reato di sequestro di persona; gli organismi internazionali, a cominciare dall’Onu, hanno fatto sentire chiara e forte la loro voce; il presidente della Repubblica ha interloquito con la prudenza e discrezione che gli è solita con il presidente del Consiglio come si conviene al garbo istituzionale. Naturalmente c’è da chiedersi cosa dovrà fare ancora Mattarella nel caso il titolare di palazzo Chiugi non riesca a risolvere gli attuali “non possum”. Ed è problema non da poco. Visto che a Salvini potrebbe anche convenire una sorta di permanente vittimizzazione. Di positivo c’è che le altre cariche istituzionali (compreso il presidente della Camera che viene dal movimento 5 Stelle) hanno fatto sentire il proprio dissenso dai comportamenti del ministro dell’Interno.

C’è, comunque, da chiedersi cosa possa e debba fare in questo contesto la sinistra. La quale come è noto non gode straordinaria salute. Se si parte da questo presupposto si può e si deve dire che a Catania la sinistra, per quanto ha potuto, ha dato segnali di risveglio. Leu non è (purtroppo) ancora un partito, ma i suoi esponenti in Parlamento e sul territorio stanno facendo la propria parte. E va anche dato atto al nuovo segretario del Pd Martina e ad altri dirigenti di aver fatto altrettanto.

Sono buoni segnali ma il cammino che deve fare la sinistra per ritrovare i suoi valori non si ferma a Catania. Anche se di lì può partire. Magari con un’autocritica seria e profonda su altre questioni fondamentali: il lavoro e il superamento dl job act e una seria disanima del perchè le privatizzazioni, anche quelle volute da governi di centrosinistra sono fallite, del perchè i capitani coraggiosi sui quali si era contato si siano mostrati assai meno coraggiosi del necessario. Di un rilancio insomma del ruolo dello Stato e del suo compito di garanzia del bene comune. Il che non vuol dire evocare nazionalizzazioni a tutti i costi.

Concludo con una breve digressione sulla politica culturale della sinistra negli anni del populismo. Nicola Matteucci, un politologo e studioso liberale in un suo articolo del 1970 su “Il Mulino“, spiegando il 1968 parlò di “insorgenza populista” contrapponendola all’età delle riforme. In un successivo articolo parlò di “sinistra psicologica“prendendosela con la continua corsa ad inseguirsi e scavalcarsi a sinistra dei partiti socialisti, comunisti e perchè no della sinistra cattolica. Ecco io credo (e non c’è bisogno di arrivare a Renzi e ai suoi disastri) che negli anni della Thatcher e di Reagan i partiti di sinistra hanno cominciato a subire una sorta di sudditanza psicologica o addirittura complesso di inferiorità nei confronti della destra. Come dire dopo la sinistra psicologica arrivava la destra psicologica. Di lì le suggestioni blairiane e infine, come epilogo,un dirigente del Pd molto autorevole che non esitò a dire che “Marchionne aveva fatto per i lavoratori molto di più di tanti sindacalisti“. La qualcosa, con tutto il rispetto per Marchionne (stima mi pare eccessivo), oltre che una sciocchezza e una manifestazione di ignoranza sulla storia del sindacalismo italiano, è stata un’ autentica pugnalata al popolo della sinistra. Come si è visto in più occasioni elettorali.

Foto in evidenza: I due vicepremier, Luigi Di Maio e Matteo Salvini

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