Germania, collegi elettorali

Se 9 milioni di persone vi sembrano poche

La mia prima lezione universitaria risale al 23 settembre 2002, 15 anni fa. Ero al corso di scienza politica del Prof. Pasquino ed era il giorno successivo alle elezioni tedesche. Contro molti pronostici e nonostante il forte calo rispetto al 1998 che aveva visto la prima storica vittoria della sinistra nella Germania unita, la SPD di Gerard Schroeder aveva vinto le elezioni per soli sei mila voti.

Il più grande Partito Socialdemocratico d’Europa, quello tedesco, aveva ottenuto quasi 18,5 milioni di voti, pari al 38,5% dei voti validi. Nelle elezioni di ieri l’SPD ha ottenuto 9,5 milioni di voti, poco più del 20% dei voti validi: si sono persi per strada 9 milioni di persone.

La crisi dei socialdemocratici tedeschi si era già vista nel 2013 (quando ottenne comunque il 25%, 1,5 milioni di voti in più rispetto a ieri) ed é in linea con quello che abbiamo già visto in Spagna, in Francia, in Grecia ed in Austria.

Il risultato tedesco é un’ulteriore dimostrazione del costante crollo di consenso di un’area politica senza identità, che ha confuso l’obiettivo del Governo con quello della trasformazione sociale ed ha smesso di proporre con concretezza e radicalità una propria visione del mondo e dei rapporti economici e sociali.

L’Agenda 2010, il piano di riforme proposto durante il cancellierato Schroeder dopo la sua rielezione nel 2002 che abbatté tante delle tutele che rendevano la Germania il mercato del lavoro più sicuro d’Europa, fu l’inizio della crisi dei socialdemocratici e l’avvio dell’emorragia elettorale della sinistra tedesca.

Erano gli stessi anni in cui Tony Blair e George W.Bush condividevano le scelte di politica estera mentre la sinistra italiana guardava con ammirazione alla terza via.

L’unico leader socialista europeo che in tempi più recenti ha lanciato apertamente un guanto di sfida all’attuale capitalismo é Jeremy Corbyn e non ha caso ha ottenuto il 40% dei voti. Il Labour di Corbyn ha recuperato oltre 3 milioni di elettori persi per strada, lasciando all’UKIP – movimento populista di estrema destra – solo le briciole.

La “differenza inglese” non é legata esclusivamente alla legge elettorale maggioritaria, come ci diceva nei mesi scorsi parte della dirigenza del PD italiano. Gli inglesi hanno espresso in altre occasioni un voto tripolare: la bocciatura dell’UKIP é nata dalla presenza di una chiara alternativa capace di rappresentare il mondo del lavoro senza alimentarsi di paura. Temo che quanto avvenuto in diversi paesi europei si ripeterà anche in Austria fra poche settimane ed in Italia fra pochi mesi.

Nel frattempo, dopo i 10 milioni di voti incassati dal Fronte Nazionale in Francia, l’AFD tedesco ieri ha ottenuto 5,8 milioni di voti. Un record storico per l’estrema destra tedesca che nelle elezioni del 2002, sommando le due forse più radicale presentatesi alle elezioni nazionali, non superava l’1% dei consensi, pari a meno di mezzo milione di voti.

In sostanza: la destra radicale, rabbiosa e nostalgica ha decuplicato i propri consensi dando voce – soprattutto nelle regioni orientali del paese – alla difficoltà di tante persone che hanno visto nei messaggi di isolamento e di paura una maggiore protezione rispetto a fenomeni difficili capaci di scuotere profondamente il continente. Ed anche questo é un dato di portata europea.

Ai conservatori ed ai centristi basta rimanere fermi per vincere. La cancelliera Merkel, nelle sue quattro tornate elettorali, ha mantenuto l’Union tra i 15 ed i 19 milioni di voti e ieri é arrivata prima nonostante il minimo storico del suo Partito.

Credo che in questi dati ci sia tutto ciò che si deve sapere sul ruolo che – come sinistra – dobbiamo interpretare nel prossimo futuro. Il tema delle migrazioni deve essere affrontato con coraggio e non inseguendo la destra per farsi poi applaudire dagli eredi del Movimento Sociale Italiano.

Non siamo stati in grado di fornire una dimensione storica all’attuale fenomeno delle migrazioni, dire che esiste un diritto di cittadinanza che tocca qualsiasi essere umano e che tanti viaggi verso l’Europa nascono da cambiamenti climatici e guerre che sono il lato B del nostro sviluppo.

Non abbiamo saputo difendere il lavoro ed, anzi, abbiamo accettato il binomio tra progresso e precarietà, lasciando milioni di persone senza un reddito o senza la possibilità di progettarsi un futuro. Manca completamente la capacità di imporre la tutela dell’ecosistema nell’agenda politica, liberandoci dalla dipendenza energetica dalle fonti fossili e promuovendo investimenti per la cura del territorio.

Prendere atto del fallimento delle ricette socialdemocratiche degli ultimi 20 anni, quelle che in Germania ci hanno fatto perdere 9 milioni di voti, é il primo passo per ricostruire una sinistra estesa a quel mondo progressista che – da Syriza alla Linke – chiede ai socialisti di riprendere il proprio percorso verso un nuovo equilibrio europeo.

Serve il coraggio di rompere il velo di subalternità politica e culturale che ha generato la nascita della terza via prima e le grandi coalizioni negli anni più recenti. O i socialisti europei diventano davvero socialisti o sono destinati a scomparire definitivamente.

Nella foto di copertina: I collegi elettorali uninominali tedeschi

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