Serena Spinelli

Serena Spinelli: “Ora facciamoci contaminare da chi lotta contro le disuguaglianze”

Fino a qui tutto molto bene. Dalla tre giorni di Milano, Fondamenta. L’Italia nel mondo nuovo, organizzata da Articolo UNO – MDP, usciamo decisi ad andare avanti in questo percorso.

A chi dice che questo è solo il partito di D’Alema e Bersani rispondo che, invece, non è affatto banale condividere con tante compagne e compagni, amici vecchi e nuovi, la voglia di prendere un treno da ogni parte d’Italia per ritrovarsi e confrontarsi su come affrontare i tanti ritardi di questo Paese. Senza piangersi addosso, ma mettendo sul piatto proposte fattibili. Ci siamo seduti attorno a tavoli tematici e con competenza e partecipazione abbiamo discusso di welfare, diritto alla salute, ambiente, diritti civili, lavoro, Europa, globalizzazione e accoglienza.

Avevamo bisogno di ascoltarci e di condividere una linea d’intervento, un’idea di Paese, di Europa e di mondo che mettesse al centro valori precisi sui quali non dobbiamo più derogare. Se le politiche per la crescita e lo sviluppo adottate in questi anni hanno fallito, le responsabilità non possiamo addossarle soltanto ai nostri vicini, ma dobbiamo assumercele un po’ tutti, anche noi. Negli anni ’90 anche la sinistra ha concesso troppe sregolatezze alla globalizzazione. Abbiamo modificato il nostro approccio al mercato globale senza pensare al dramma di coloro che rimanevano indietro, privati prima di risorse e poi di diritti. Di tutte queste mancanze ne abbiamo pagato il prezzo.

Bisogna però riconoscere che nei territori in cui la sinistra ha governato con stabilità le reazioni alla crisi economica sono state diverse. Dove si è investito su un sistema di welfare radicato e omogeneo oggi le sofferenze e le diseguaglianze sono ridotte. Una ‘rendita’ socio-economica su cui, se non riprendono gli investimenti pubblici, non potremo basarci ancora troppo a lungo.

Lo ha spiegato bene, nel suo intervento, Maria Cecilia Guerra che ha evidenziato come “la politica economica e del lavoro è stata impostata in maniera errata negli ultimi anni, basandosi solo su tre pilastri: flessibilità, riduzione delle imposte e tagli alla spesa pubblica e l’idea che solo l’impresa privata potesse essere volano di sviluppo”. Per non parlare delle agevolazioni fiscali indifferenziate. Penso alle politiche dei bonus per le quali sono stati spesi qualcosa come 50 miliardi di euro e alle riforme del mondo del lavoro che hanno finito per tagliare diritti e stabilità.

Al tavolo sulla sanità, al quale ho preso parte, abbiamo discusso di sistema sanitario pubblico e universale. Un meccanismo che potrà essere garantito reintroducendo finanziamenti derivanti dalla progressività fiscale. E non facendo pagare i super ticket che, tra le altre cose, proponiamo di abolire poiché hanno finito per rendere il ricorso a strutture pubbliche più costoso rispetto a quelle private. L’ultimo rapporto annuale dell’Istat conferma che tra il 2008 e il 2015 il tasso di coloro che rinunciano alle cure è cresciuto dal 4 per cento al 6,5 per cento.

Nerina Dirindin, coordinatrice del tavolo, ha giustamente sottolineato che “serve passare dall’enunciazione dei principi all’azione in difesa del diritto alla salute”. Dobbiamo farlo proprio in virtù di una partecipazione competente e consapevole alle necessità che su questo campo abbiamo elencato. Per citarne alcune: ripartire dalla promozione della spesa sociale, reintrodurre e potenziare servizi alla persona sul territorio, quelli per la non autosufficienza, ammodernare strutture e tecnologie. “Dobbiamo avere almeno una visione di medio periodo e non rincorrere sempre l’emergenza”. Questo deve valere per le politiche socio-sanitarie e per tutte le linee programmatiche che Articolo Uno intende costruire e proporre.

Non si può invertire la rotta senza investire su ricerca e tecnologie, guardando con lungimiranza a tutto campo delle energie rinnovabili, così come alla messa in sicurezza dei nostri territori. La conversione ecologica è una questione democratica che è nostro preciso dovere non fare interamente ricadere sulle spalle delle nuove generazioni. Ecco perché i nuovi modelli di sviluppo devono essere concepiti basandosi sulla tutela e sulla salvaguardia dell’ambiente. La nostra risorse più preziosa. Se siamo una forza moderna e di sinistra dobbiamo essere capaci di leggere fenomeni globali come i cambiamenti climatici.

Politiche di austerità imposte in tutto il continente europeo e sregolatezza della finanza hanno finito per indebolire, e quasi debellare, lo stato sociale su cui avevamo investito dal dopoguerra ad oggi. Della crisi di consenso che vive l’Europa ha parlato Enrico Rossi illustrando un nuovo manifesto per “il mercato e la concorrenza da un lato, la coesione e i diritti sociali dall’altro” . Rossi ha spiegato come “sono stati chiesti sacrifici ai lavoratori e ai ceti più deboli senza nessuna garanzia e contropartita”. L’Italia ha dunque il dovere di elencare le necessità che possono essere previste dalle politiche del prossimo settennato. In questo processo la sinistra potrà avere un ruolo fondamentale “se saprà ricollocarsi, rappresentare e tutelare i ceti popolari, ritrovare la sua missione di cambiamento nella società ispirandosi all’idea di un nuovo socialismo e se vorrà ristabilire un confine tra destra e sinistra che eviti le larghe intese che la riducano ad un ruolo ancillare”. Il confine tra destra e sinistra esiste, e comincia proprio dalle scelte di politica economica, dalla parte sociale che si rappresenta.

A Fondamenta nessun contributo è stato autoreferenziale. A porte aperte abbiamo discusso e chiarito quali sono le priorità su cui basiamo la nostra azione politica e il nostro impegno civile. “È il momento delle decisioni e della chiarezza”, ha detto Francesco Laforgia. Sono d’accordo. “Ci dicono che il crinale tra destra e sinistra è stato sostituita da altre faglie”. A noi sembra invece di “vivere in una stagione in cui c’è una grande tentazione a rimescolare le acque. La sinistra non è una spruzzata di profumo per rendere gli ambienti più accoglienti”. Vogliamo andare oltre. E stabilire che non si può parlare di centro-sinistra se prima non costruiamo una sinistra. Una sinistra che non può essere circoscritta a una “condizione elettorale”, ma che deve essere “una comunità di destino”. Su questo saremo inflessibili e allo stesso momento aperti a tutti coloro che hanno voglia di partecipare.

Viviamo un grande paradosso”, ha esordito Roberto Speranza. “Nel tempo delle diseguaglianza, nel tempo della compressione dei diritti, la sinistra è rimasta senza parole”. La globalizzazione è stato un processo veloce, ma è altrettanto vero che la sinistra non è stata percepita dalla parte di quelli che in questa ‘rivoluzione economica mondiale’ sono rimasti indietro.

Nella foto: Il pubblico di Fondamenta

L’esplosione delle diseguaglianze rischia di rimanere il biglietto da visita di questo tempo. Ancora numeri Istat di pochi giorni fa: 3,6 milioni di famiglie senza redditi da lavoro; 1,6 milioni di famiglie in stato di povertà assoluta, il 28,7% a rischio di povertà o esclusione sociale. La fotografia che il maggiore istituto di ricerca ha fatto di questo Paese è impietosa.
Abbiamo tutti gli strumenti per riconoscere che siamo di fronte a una crisi sistemica. Non possiamo più sussurrare ma sostenere con determinazione che la fiscalità deve essere progressiva: chi ha di più deve pagare di più.

La sinistra è movimento continuo verso una società più giusta. Se non operiamo per ridurre le diseguaglianze e le ingiustizie sociali non abbiamo senso di esistere. Per riuscire nel nostro percorso dobbiamo chiamare con noi tutte quelle realtà che operano su questo versante, tra queste: associazioni contro la povertà, quelle che lavorano nel campo dell’accoglienza, quelle che contrastano la violenza sulle donne e promuovono i diritti civili. Alcune di queste esperienze le abbiamo coinvolte nei tavoli tematici della tre giorni di Milano: vorrei che questo fosse il primo passo di una lunga contaminazione di obiettivi e valori per i quali lottare insieme.

La sete d’una sinistra capillare e attiva nella società non può certo ridursi alla ricerca di una posizione più o meno sicura nella contesa elettorale. La nostra forza sta nella pluralità, nella condivisione delle scelte, nella capacità di non sentirsi classe dirigente ma parte di un insieme che lotta per una società più giusta. Una parte di un insieme che ha l’obiettivo di diventare sempre più grande, innovativo e travolgente. Se rinunciamo a questo il rischio è di scivolare nell’eterno ritorno dell’uguale.

Vedo ogni giorno, in tanti, un rinnovato entusiasmo. È il nostro patrimonio più prezioso per i valori che vogliamo affermare e per tradurre in programma e azione politica sui territori la grande discussione e partecipazione del nostro primo appuntamento programmatico. A Giuliano Pisapia vorrei dire, con franchezza, che è vero che “la nuova casa del centrosinistra” va costruita insieme; Articolo UNO, fin dai suoi primi passi di tre mesi fa, è al lavoro anche per questo. E c’è bisogno di alleati in questo difficile percorso. Ma credo di interpretare il pensiero di tanti compagni nel dire che l’obiettivo che ci siamo dati di costruire una forza di Sinistra, aperta moderna e popolare, non può permettersi né rallentamenti né ambiguità. A Milano, nella tre giorni di Fondamenta, ho percepito l’irrequietezza di chi non accetta più il mondo così com’è, ma sente l’urgente bisogno di agire. È lo spirito giusto.

Nella foto di copertina: Serena Spinelli, consigliere regionale della Toscana di Articolo Uno-MDP

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