Napoli, domenica 29 ottobre 2017. La squadra di calcio della città si conferma prima in classifica con il suo fantastico calcio e i tifosi cantano a squarciagola inni che si rifanno al repertorio della canzone classica napoletana. Questo clima cantereccio e festaiolo deve aver contagiato dirigenti e ministri del PD. Infatti il leitmotiv dell’iniziativa, con riferimento ad Art. 1 MDP, sembrava essere il ritornello di una nota canzone del dopoguerra: chi avuto, avuto avuto/ chi ha dato ha dato ha dato/scurdammece ‘o passato.
Se i ghibellini fuggiaschi avessero intenzione, al contrario, di attardarsi sulle note di Amici mai, che sia chiaro: la responsabilità dell’eventuale vittoria alle prossime elezioni politiche dei 5 stelle o del centrodestra sarebbe interamente loro. Manco a dirlo.
Certo, hanno fatto sfoggio di generosità dicendosi disposti a dimenticare gli insulti che in questi mesi, dalla “scissione” in poi, sono stati quotidianamente propinati. Hanno però dimenticato di aggiungere, di precisare, che in realtà gli insultanti erano loro. Ma passi, abbiamo tanti difetti che possiamo fare a meno di essere anche permalosi.
Passi anche il fatto che non siano stati minimamente sfiorati dal dubbio che la consistenza elettorale dei grillini o della destra siano il frutto di scelte e politiche sbagliate del centrosinistra negli ultimi anni. Siamo, oramai, in campagna elettorale e certe ammissioni non è proprio il caso di farle.
Passi infine la circostanza, come giustamente faceva notare Enrico Rossi nella sua intervista a La Stampa, che l’inconcepibile legge elettorale fatta approvare a colpi di fiducia, non garantirebbe seggi nelle circoscrizioni nemmeno se ci si alleasse con Superman.

Ma non tutto può passare in silenzio, perché se alleanza dovrà esserci da qualcosa di condiviso bisognerà pur partire.
L’hanno chiamata “Conferenza Programmatica” e ci aspettiamo che prima o poi un documento programmatico venga pubblicato, reso noto in qualche modo. Per il momento dobbiamo far riferimento unicamente alle parole di Renzi.

Decontribuzione. Lo Stato si fa carico degli oneri che il dipendente vede trattenersi a vario titolo in busta paga. Bene, un onere in meno per il datore di lavoro (anche se si tratta pur sempre di danaro del lavoratore, sia chiaro) che in virtù di ciò dovrebbe essere incentivato ad assumere. Peccato, però, che le assunzioni non sono conseguenza diretta degli sgravi o, peggio, della contrazione dei diritti sul lavoro (ne parleremo subito dopo), ma della possibilità di investire e, quindi, produrre. Se ci sono sostegni diretti e indiretti agli investimenti (pubblici e privati), gli imprenditori assumono, decontribuzione o non decontribuzione. Noi chiediamo maggiore attenzione a questi.

Bonus. Non sono serviti assolutamente a nulla. La ripresa non è arrivata grazie ad incrementi dei consumi, com’era nelle intenzioni di Renzi, ma alle esportazioni (quello che gli economisti definiscono saldo attivo della bilancia commerciale). Cioè, la più forte ripresa di altri paesi dell’eurozona ha trascinato con se anche il nostro Paese grazie a commesse che arrivavano dall’estero.
Possiamo rinunciarci e destinare queste risorse ad altro?

Lavoro. Il Jobs Act, oltre ad una grave contrazione dei diritti dei lavoratori e all’incremento dei licenziamenti collettivi disciplinari (più 31% nel 2016 rispetto al 2015), ha prodotto un florilegio di contratti atipici e, sostanzialmente, umilianti: economicamente e personalmente. Il 70% dei contratti a termine, che a loro volta rappresentano l’80% del tanto declamato boom di assunzioni, sono in realtà contratti per stagisti, tirocinanti, ecc. In pratica, a parità di orario di lavoro e di mansioni con dipendenti inquadrati diversamente, il corrispettivo è meno della metà. Inutile dire che tale ignominiosa prassi è particolarmente diffusa nel Mezzogiorno.

Sanità. Al netto di quell’aberrazione sociale che è il “super ticket”, le risorse destinate alla sanità pubblica i prossimi anni sono uguali alle attuali. Il che significa, in termini reali, sempre minori. Se milioni di persone rinunciano a curarsi perché non hanno soldi sufficienti per farlo, se la popolazione sta progressivamente invecchiando, significa che le risorse saranno sempre meno sufficienti. Si può pensare di destinare maggiori risorse alla sanità anziché chiudere reparti e/o ospedali?

Tasse. Meno tasse per chi? Per i redditi da lavoro più bassi? Ottima proposta, da compensare tuttavia con un sistema di tassazione progressivo e che vada a colpire chi più ha e, soprattutto le rendite di natura finanziaria. E reintrodurre la tassa sulla prima casa per i reddito medio – alti.

Fermiamoci qui. C’è materiale sufficiente per discutere su un possibile accordo, per un potenziale programma di governo.
Non si penserà mica che i consensi al centrosinistra arriveranno dalla “legge Richetti” sui vitalizi, dalla commissione di inchiesta sulle banche, o sulla polemica con la Banca d’Italia.
I consensi arrivano se c’è una percepita inversione di rotta nelle politiche sociali ed economiche. Non chiediamo a nessuno di abiurare il passato, non siamo così crudeli. Ma una certa discontinuità occorre. E se si converge su questo punto, è evidente che bisogna affrontare quello successivo: può un programma di governo innovativo avere il volto di colui che rivendica in maniera quasi assolutistica scelte che la realtà, i fatti, hanno rivelato insufficienti se non dannose?
Non è ossessione, è logica politica: chiunque si sentirebbe preso per i fondelli.

Quindi, cari amici e compagni del PD, se ci si vuole confrontare seriamente, occorre valutare appieno le proposte degli altri. Non bastano appelli retorici e ballate napoletane.

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