Ho visto un film inquietante quanto bello. Un film affascinante, il cui fascino prosegue anche dopo la fine, quando ognuno degli spettatori cerca di coglierne il senso per ognuno diverso. Probabilmente perché un senso non ce l’ha. Parlo di “Napoli Velata”, l’ultima fatica cinematografica di Ferzan Ozpetek, un film in parte visionario e in cui ho colto, e non sembri né un’iperbole né un paradosso, passato prossimo, presente e futuro della sinistra.
Il regista turco ci offre la storia di una donna che incrocia nella sua incasinatissima vita un uomo con cui condivide immediatamente una passione travolgente, passione che dura lo spazio di una notte. Effimera e senza futuro. Non mi dilungherò oltre sulla trama, non fosse altro per rispetto di coloro che avessero intenzione di vederlo, se non per sottolineare la presenza di altri personaggi altrettanto inquietanti che hanno o hanno avuto in qualche modo un’influenza determinante nella cupa vita della protagonista. Personaggi, si aggiunga, che non è dato capire quanto reali e utili all’intreccio narrativo. Dopo essermi inutilmente confrontato con chi era con me a vederlo, compreso qualcuno che lo aveva già visto, mi sono addirittura sorpreso quando il classico “eureka” mi ha illuminato la mente: santo Iddio, sono io. Siamo Noi!

La nostra storia, anche e soprattutto quella recente, è stata segnata da fortissime passioni che si sono dimostrate quanto mai effimere. Solo qualche anno fa avevamo creduto di aver individuato chi ci facesse uscire dallo stagno politico in cui ci dibattevamo a fatica e potesse aiutarci e realizzare qualcosa di finalmente diverso, nuovo, giusto.
Abbiamo poi scoperto che la nostra passione era inversamente proporzionale al suo onanismo politico.
Abbiamo allora cercato un lui altrove. Con le stesse sembianze e fattezze, e che amasse le cose in cui credevamo. Ci saremmo anche accontentati del fatto che solo le rispettasse. Ma la nostra agibilità era messa ogni giorno sempre più in discussione e l’arma che usava era una delle più comuni nelle forti storie d’amore: far emergere i sensi di colpa, drammatizzare l’abbandono.
Poi l’inevitabile, e forse tardiva, presa di coscienza di una realtà che pure avevamo provato combattere e neutralizzare, l’avvio di un doloroso ma necessario processo di catarsi politica. Anche perché intorno a colui che seppur per breve tempo aveva scatenato la passione e la speranza in molti di noi, gravitavano tanti personaggi tanto ambigui quanto inutili.

Nella foto: Pietro Grasso indica il simbolo di Liberi e Uguali

I nostri passi ora riecheggiano come quelli nel vicolo di Napoli che corre verso il mare del Golfo nell’inquadratura che chiude il film. Ma affinché, nonostante il calpestio netto e chiaro, il vicolo non si scopra vuoto, dovremmo evitare nel futuro passioni inutili, la prima delle quali è quella di ritenere che sia l’amante che ci siamo scelti a risolvere i nostri problemi, a esorcizzare i nostri dubbi e timori. L’amante serve ma non basta. Come non basta l’idea di aver creato una nuova famiglia, dopo esserci buttati alle spalle i nostri incubi, per il solo fatto di aver incontrato nel nostro faticoso cammino persone che si ritengono affidabili e affini. Abbiamo appena cominciato una traversata nel deserto cercando lo sbocco al mare. Sarà un percorso impegnativo, difficile, dagli esiti per nulla scontati ma il successo dipenderà da quanto non idealizzeremo ma renderemo riconoscibile la nostra proposta. Con facce credibili e vere, non maschere senza occhi. Dovremo disvelare chiaramente le nostre fattezze – la nostra proposta – e non velarle come lo straordinario Cristo nella cappella di Sansevero. Ciò che accadrà tra poco più di un mese ma soprattutto, ed è ciò che più interessa, dopo, vorrei commentarlo con le parole di un altro turco, il mio poeta preferito: Nazim Hikmet. E vuole essere un augurio per tutti noi, per tutti quelli che salperanno con Liberi e Uguali e dovranno trovare un approdo comune.
Il più bello dei mari è quello che non navigammo/I più belli dei nostri giorni non li abbiamo vissuti/E quello che vorrei dirti di più bello non te l’ho ancora detto.

Nello foto di copertina: Il Golfo di Napoli fotografato dall’astronauta Paolo Nespoli

Commenti