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Su Lazio e Lombardia Liberi e Uguali ha scelto le ragioni della politica e del metodo democratico

Altro che rancore! Altro che sinistra massimalista e radicale! Liberi e Uguali ha superato ieri una prova davvero difficile e insidiosa, e lo ha fatto ricorrendo a quelle che sono le ragioni della politica nel merito e al metodo democratico nel metodo.
Nel merito la scelta è stata quella di candidare a presidente della Lombardia Onorio Rosati che si contrapporrà, quindi, anche al candidato del Pd Gori e di affidare a Piero Grasso il compito di cercare di trovare un buon accordo programmatico per sostenere alla regione Lazio la candidatura di Nicola Zingaretti voluta anche dal Pd. Una scelta che si è fondata non su pregiudizi ideologici e tanto meno su rancori personali, ma su chiare ed enunciate ragioni politiche.

E allora cominciamo dalla Lombardia. Una Regione nelle quale il candidato del Pd era Gori, scelto soltanto da quel partito senza neanche sottoporlo a primarie e, soprattutto, senza un’adeguata discussione con quelli che sarebbero potuti possibili alleati. Insomma, una minestra cotta da un solo cuoco e proposta a Liberi e Uguali con appelli in zona Cesarini dai cosiddetti “padri nobili” del centrosinistra opportunamente attivati da giornali di area. Imbarazzato più che imbarazzante, poi, l’appello dello stesso Gori a Bersani perchè sostenesse la sua candidatura, nel contorno di una trasmissione televisiva, nel corso della quale il condirettore di Repubblica Tommaso Cerno non ha fatto che riproporre i consueti luoghi comuni sui rancori e i personalismi della sinistra che vuol perdere per fare dispetto a Renzi. Vale la pena aggiungere che in Lombardia l’indicazione dei “rancorosi” è caduta su un nome come quello di Onorio Rosati, riformista proveniente dalla Cgil che (forse) si colloca meglio di altri (Gori compreso) nella storia turatiana del riformismo lombardo.

Nella foto: Onorio Rosati durante l’intervento all’assemblea lombarda di Liberi e Uguali di Cinisello Balsamo

Nel Lazio toccherà a Piero Grasso, sulla base di alcune forti ma più che ragionevoli richieste programmatiche (su Sanità, Lavoro e Welfare) e politiche (evitare contaminazioni a destra), cercare di portare a termine una trattativa serrata. La quale, una volta andata a buon fine, consentirebbe la convergenza di Liberi e Uguali sulla candidatura del presidente Nicola Zingaretti, scelto dal Pd e non solo da Renzi. Naturalmente, vale anche qui il detto di Trapattoni:”non dire gatto se non lo hai nel sacco“: le trattative politiche serie non hanno mai un esito scontato. Ma se prevarranno, anche nell’ultimo miglio, le ragioni della politica le possibilità di successo ci sono. E di certo il rancore non è dalla parte di Liberi e Uguali.

Infine il metodo seguito per arrivare alle decisioni: la scelta sulla Lombardia è stata affidata ai delegati lombardi; quella sul Lazio a quelli laziali. Insomma, si è scelto il metodo democratico. Un tempo nelle forze politiche si faceva così. Claudio Tito su “Repubblica” questa mattina sembra non approvare questo percorso perchè “una classe dirigente ha il dovere di assumersi la responsabilità delle scelte“. E’ vero, dirigenti autorevoli (e in Liberi e Uguali ce ne sono tanti), non devono sottrarsi a dire come la pensano soprattutto sulle scelte complicate. Lo ha sottolineato questa mattina Enrico Rossi. E i dirigenti di Liberi e Uguali hanno partecipato tutti a questa discussione dicendo la loro forti della propria autorevolezza e non di un ruolo di comando. Ma alla fine la decisione è toccata ai delegati, sull’orientamento dei quali hanno certamente pesato anche le indicazioni espresse di chi ha maggiori responsabilità politica. Che si torni a fare così è certamente un buon collante per farsi partito e un buon viatico per affrontare uniti la campagna elettorale.

Foto di copertina: L’assemblea di Liberi e Uguali a Cinisello Balsamo

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