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Sull’intervento di Dario Corallo: due apprezzamenti, ma anche una critica

Domenica scorsa abbiamo assistito alla “crocifissione in sala mensa” di Dario Corallo, punito per un passaggio del suo intervento nell’assemblea del PD in cui ha citato Roberto Burioni. Mi permetto di iniziare con una citazione per così dire “letteraria“, ma ormai i social network mi sembrano proprio questo: una gigantesca sala mensa del popolo italiano. Mi è sembrata una reazione eccessiva, ingiusta, ingenerosa nei confronti dell’impegno di un ragazzo che ha deciso di mettersi a disposizione della sua comunità politica. Non se le meritava proprio.

Io penso di avere capito di cosa voleva parlarci e penso che siano questioni importanti. Ci sono almeno due versanti del suo argomento, infatti, che mi sembrano senz’altro condivisibili.

Il primo: la politica non deve mascherare decisioni discrezionali da necessità indiscutibili. Questo è essenziale, determinante, attiene al ruolo stesso della politica nella nostra convivenza civile. Pensiamo all’intero processo dell’integrazione europea, che è stato condotto sulla strada sbagliata proprio dall’idea che questa consistesse in un “vincolo esterno” da porre alla nostra discussione e alle nostre decisioni. Pensiamo al principio del pareggio di bilancio, che un giorno ci è venuto in mente di inserire pure nella Costituzione: una scelta presentata come “oggettiva“, come un vero e proprio dogma, mentre invece fu discrezionale e anche molto sbagliata. Pensiamo a come si parla di debito: una parola impronunciabile, una colpa da espiare, una vera e propria lettera scarlatta. Eppure, che investimenti potrai mai fare per la tua comunità se prima un poco non ti indebiti?

Il secondo:la politica deve avere la capacità di parlare a tutti, al luminare e a chi i mezzi per diventare luminare non ce li ha. Anche questo è un punto decisivo. Ci dite che siamo giovani, ok, ma la nostra cultura politica viene da lontano. E sappiamo che se i tanto dileggiati partiti un merito ce lo hanno avuto, questo sta tutto nelle righe di Alfredo Reichlin riprese sull’ultimo Italianieuropei: “Il capolavoro, davvero storico, della vecchia sinistra fu che inventò l’irruzione delle masse sul terreno dello Stato“. Burioni, dunque, è un autorevole scenziato e in questa veste parla come ritiene opportuno, potendo anche permettersi toni non concilianti. Un politico, invece, così non può parlare. Se ritiene che il suo interlocutore sia impreparato su una questione ha il dovere di fermarsi e con pazienza cercare di parlargli, alla pari e con umiltà. Può criticare, anche duramente, ma non deve mai umiliare. Perchè egli rappresenta, o ambisce a farlo, una comunità intera e non solo le persone più istruite della media.

Se come credo Dario Corallo intendeva sollevare questi problemi, io dico che ha fatto bene a farlo.

Un appunto, però, penso che glielo si possa fare: certamente, per dire queste cose, non ha scelto un buon espediente comunicativo. Lo dico perchè, al di là del suo tono spesso brusco, va riconosciuto il fatto che tanti vedono la figura di Roberto Burioni come un presidio di conoscenza e competenza su un tema delicatissimo, purtroppo vergognosamente strumentalizzato da alcuni per bieche ragioni di consenso. E qui mi aggancio per una riflessione, che mi viene anche dalla mia (ormai abbastanza lunga) esperienza amministrativa. Burioni spesso usa un tono che non posso condividere, ma al fondo una cosa giusta ce la ricorda. E cioè che la politica ha bisogno di rigore. Rigore dei contenuti, degli approfondimenti, dello studio che prepara una decisione e degli argomenti che la sorreggono. Rigore nel presidio del principio della separazione tra indirizzo e gestione, perchè serve la garanzia per i politici della lealtà dei tecnici ma serve anche la difesa dei tecnici dall’ingerenza a volte maldestra e incompetente dei politici. Forse, quando ha nominato Burioni, qualcuno ha deciso di descrivere il suo intervento come un attacco a questo principio. Era palese che non intendesse questo, ma il meccanismo della comunicazione è purtroppo ben noto.

A Dario Corallo, se vorrà leggermi, rivolgo dunque due apprezzamenti e una critica, e chiudo volentieri con un incoraggiamento per la sfida che ha deciso di intraprendere nel suo partito. Io ho deciso di percorrere una strada diversa dalla sua, e non ho cambiato idea. Ma penso che possiamo condividere un’ aspirazione essenziale, quella per una politica che sappia sfidare i dogmi del nostro tempo in nome del principio superiore dell’uguaglianza; una politica che per questo abbia l’ambizione di parlare a tutti, a chi sa di più e a chi sa meno, e che tenti di unire persone di estrazione sociale diversa in un’ impresa collettiva; una politica allo tempo rigorosa, seria, competente, preparata, che dica la verità. Penso che in questo difficile incrocio stia un filo fondamentale per la ricostruzione del nostro campo, per la sinistra. Ognuno per la sua strada, non dobbiamo smettere di cercarlo.

Foto in evidenza: Dario Corallo, candidato alle primarie del Pd

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