Ceci n'est pas un présidente (René Magritte)

Trump: la rivoluzione tolemaica

In linguistica convenzionalmente si utilizza il triangolo semiotico per stabilire la relazione tra simbolo, pensiero e cosa. Un simbolo, una parola, richiama un suo referente (o cosa) attraverso il pensiero. Questo schema permette di capire come il pensiero faccia da filtro con il simbolo e con il mondo esterno, quello delle cose. La parola e la cosa hanno dunque un rapporto indiretto, ma inevitabile.

Nell’ultimo incontro con l’autorità del sistema sanitario americano, il Center for Disease Control and Prevention, il Presidente Donald Trump ha interdetto nel lessico medico e sanitario l’utilizzo di alcune parole specifiche: vulnerable, entitlement, diversity, transgender, fetus, evidence-based, science-based. Ovvero: vulnerabile, diritto, diversità, transessuale, feto, basato sulle prove, basato sulla scienza. In relazione alla premessa fatta, mi chiedo, la cancellazione di questi simboli può cancellare i loro referenti? Se vi chiedessi di non utilizzare o di dimenticare la parola cucchiaio questo cancellerebbe l’utensile che tutti conosciamo? Non dire una cosa la fa effettivamente sparire? La risposta può sembrare piuttosto evidente ma ci fa tornare indietro di decine di secoli nella nostra storia, nella nostra evoluzione scientifica e linguistica. Con Trump l’America sta riscoprendo un Medioevo conoscitivo degno dell’Europa del XIV secolo e della Santa Inquisizione, delle rinuncia al progresso scientifico e della cancellazione dei diritti. Equiparare un essere organico di poche settimane a un bambino, da un punto di vista linguistico, ha il suo riverbero in ambito giuridico, e non più solo sanitario. L’aborto diventa dunque omicidio. Come l’abolizione dei termini diversità e transessuale cancella la vera propria individualità delle persone, questi si esseri umani ormai fatti e finiti.

La scelta di Trump è molto chiara: si guarda alla pancia delle persone, non alla testa. La campagna elettorale di Trump e la sua ascesa hanno sempre certificato questa sua prerogativa. Una cosa è la realtà, un’altra è la sua rappresentazione, la sua narrazione, e quest’ultima è la sfera in cui siamo destinati a vivere. C’è dunque un dizionario, violento e omertoso, che rinnega i diritti e cancella le lotte, quelle di chi per decenni ha combattuto contro la società patriarcale e bigotta statunitense per arrivare ad affermare: io esisto. La diversità, addirittura la vulnerabilità, esiste, come esistono i transessuali e i feti e con questo anche l’Inquisizione Trumpiana dovrà fare i conti, come chi dovette ammettere le ragioni di Galilei dopo la sua abiura.

Perché il ritorno alla Bibbia come unico testo di validità scientifica è stato tentato più volte, anche con stragi e torture, ma la scienza, il suo dibattito, la sua discussione non possono essere fermate da una linea di penna su un vocabolario. Il bigottismo, figlio dei tempi moderni di “ognuno è padrone a casa propria” non cancella il diritto alla coesistenza e alla diversità. In questo scenario grottesco mi chiedo se effettivamente si potrà far caso alla distinzione tra cose e parole, alla cancellazione di parole che richiamano una realtà esistente, allo stupro della funzione del pensiero e se Trump riuscirà in un’impresa, vana, in cui per secoli si sono cimentati monarchi e pontefici: far tornare indietro la scienza. Se per Magritte quella non era una pipa perché non la si poteva toccare, accendere e fumare è pur vero che la sua definizione richiama necessariamente ad un oggetto reale. Il pensiero, dunque, fa diventare le parole cose e viceversa, ed è stato posto dalla nazione emblema della Libertà e dell’Indipendenza un nuovo mattone per la regressione e l’incarcerazione dello strumento che lega il destino comune a tutti gli uomini, la parola.


Foto di copertina: “Ceci n’est pas une pipe.” René Magritte

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