Il pozzo degli ultimi è, storicamente, senza fondo.
Ma proprio da quelli avrebbe voluto partire o ripartire Enrico Berlinguer quando rispose, nel dicembre del 1982, alle domande di Giovani Avena, dell’Agenzia Adista.
Il giornalista gli ricordava il contenuto di un documento in cui i vescovi italiani indicavano negli “ultimi” il punto centrale di un programma che avrebbe potuto vedere “fianco a fianco credenti e non credenti”. “Dagli emarginati di ogni tipo – ricordava Avenadai disoccupati, dai non garantiti, dagli anziani, dai malati, dai più deboli”.
«Ricominciare dagli ultimi» è un proposito che può aprire un enorme campo di lavoro comune, se si tratta davvero, come lei dice, di un imperativo – risponde Berlinguer – Ciascuno dei temi oggi più brucianti obbliga, infatti, a scelte molto precise socialmente e politicamente: si pensi soltanto all’azione concreta, nel Paese e nel Parlamento, contro la proliferazione nucleare (a cominciare da Comiso, ma poi in tutta Europa), contro la corsa agli armamenti, agli sforzi da compiere per la distensione tra Est e Ovest; si pensi alla lotta contro la mafia di ogni tipo, contro la diffusione e il mercato della droga; si pensi, infine, alla mobilitazione che è necessaria per impedire che siano i lavoratori, i disoccupati, i pensionati, i giovani, le donne, le popolazioni del Mezzogiorno a pagare ancora una volta le spese della crisi a cui è stato portato il Paese dall’incapacità, dalla insipienza e dalla voracità dei partiti governativi con alla testa la Dc. Per queste ed altre battaglie, un movimento di lavoratori e di popolo, di onesti, che vedesse uniti credenti e non credenti nel medesimo impegno sociale, ideale e morale – «ricominciare dagli ultimi» – costituirebbe una forza imbattibile dalla quale il Paese trarrebbe la sicurezza di non precipitare nella disgregazione e nel baratro”.

Fatta salva la distanza di tempo e i riferimenti storici, ovviamente datati, anche queste sono parole che Berlinguer non ha speso invano nemmeno per noi, abitanti del 2017. Noi che oggi abbiamo un disoccupazione alle stelle, i figli all’estero o inguaribilmente precari, noi donne che dobbiamo ogni anno ricominciare da capo la battaglia per i diritti civili, noi che assistiamo ogni anno allo sbarco di decine di migliaia di migranti e tra loro di migliaia di minori non accompagnati (eufemismo per dire soli allo sbaraglio). Noi che piangiamo Paola Clemente morta di fatica nelle campagne pugliesi e qualche volta ci ricordiamo anche dei “dannati” di Rosarno, e troppo poco dei ragazzi nati in Italia e mai italiani perché uno straccio di legge “ius soli” non siamo è stati capaci di farla.

Ma il pozzo degli ultimi non ha fondo. E così nella civile Toscana, la stessa regione il cui presidente anni fa si fece fotografare sorridente con un gruppo di suoi vicini di casa rom, suscitando scalpore generale (e la mia personale ammirazione) dipendenti di un supermercato sequestrano in un gabbiotto due nomadi che frugano nella spazzatura, mettono questa gogna improvvisata a girare nel pentolone di Facebook e incassano un successo virale.
Perché, come scriveva Wisława Szymborska, “C’è chi deve ripulire./ In fondo un po’ d’ordine/da solo non si fa”.

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