Rossi Renzi

Un Sì non basta, il Pd deve recuperare radici e rappresentanza

Se “basta un sì”, sarebbe bastato meno, molto meno per evitare rottura consumatasi nella Direzione del PD sulla riforma costituzionale. Sarebbe bastato, magari, dare ascolto allo stesso Napolitano, che le riforme le ha fortemente “imposte” al Parlamento, sul richiamo a non personalizzare l’esito referendario e di procedere ad una rivisitazione sostanziale dell’Italicum.

Sarebbe bastato essere meno arroganti e avere la consapevolezza che in un partito, soprattutto in un grande Partito come il PD, dovere morale e politico del segretario è quello di cercare una sintesi rispetto alle opzioni e alle sensibilità molti dirigenti e militanti esprimono. Non è accettabile, ad esempio, liquidare con sufficienza e fastidio l’obiezione mossa da Roberto Speranza, secondo cui il limite che determina una nuova forma di governo, tutta sbilanciata a favore dell’esecutivo, è il modo con cui si eleggono i Parlamentari e, quindi, la legge elettorale. Richiamare la circostanza che la Direzione si è più volte espressa sul tema, come hanno fatto Renzi e altri, e in maniera particolarmente greve Giachetti, non tiene conto colpevolmente e, temo, in mala fede, del fatto che la maggioranza si precostituisce in base all’esito delle primarie. Ma un partito non si può gestire a colpi di maggioranza perché, così facendo, finisce inevitabilmente per umiliare e marginalizzare la minoranza e tutto il portato di idee e proposte che essa rappresenta.

E’ vero che nei partiti di massa del secolo scorso, rispetto a questioni più o meno rilevanti, si discuteva, magari ci si divideva, si cercava una possibile sintesi, ma la “linea” prevalente vincolava tutti i dirigenti al rispetto della stessa. Era, però, completamente diverso il criterio di formazione e selezione della classe dirigente, non frutto dell’identificazione con un leader e le sue, anche legittime, ambizioni ma dell’accettazione di valori, idee e programmi. Erano questi che producevano un leader, non viceversa. La spaccatura netta all’interno del PD verte, in realtà, non tanto sul merito di alcuni aspetti della riforma costituzionale ma sull’idea stessa di Partito e sulla sua funzione sociale.

Rispetto a tale questione, ad oggi, all’interno del PD solo due dirigenti hanno ben chiaro questo aspetto e offrono, uno implicitamente l’altro chiaramente, la propria idea: Matteo Renzi ed Enrico Rossi. L’uno è oggettivamente orientato verso un Partito “liquido”, strumentale rispetto alle strategie del proprio segretario e in cui leadership e premiership devono necessariamente identificarsi, e in cui i confini della rappresentanza non devono, necessariamente, essere riconoscibili. L’altro propone l’idea di un partito che la propria rappresentanza non solo la identifica nettamente ma la costruisce intorno ad uno schema ed un principio essenziale: la critica e la lotta, e mai termine fu meno desueto, al capitalismo finanziario e parassitario che non crea e non distribuisce ricchezza ma genera nuove, diffuse ed intollerabili diseguaglianze.

E’ questa la vera sfida che ci attende e che, obiettivamente, assume un valore decisivo per il futuro del nostro Paese, molto di più che la riformetta partorita dal Governo. In un mondo, e in Europa in particolare, dove destre e populisti beceri ed illiberali, tentano di affermare la loro vicinanza agli interessi del popolo, ai bisogni quotidiani dei concittadini. Il nuovo Primo Ministro britannico, Theresa May, qualche giorno fa a Birmingham ha presentato il proprio partito, i conservatori, come il partito dei lavoratori; ha criticato i manager che non hanno subito alcun danno dalla crisi finanziaria ed economica degli ultimi anni a differenza dei comuni cittadini. Ha bollato la sinistra come una élite più attenta ai rapporti internazionali che alla gente della strada. Credo abbia ragione Luciano Violante quando scrive che le sinistre sono più indietro rispetto a chi ha dato rappresentanza al rancore sociale di chi ha pagato il costo più pesante della crisi. Recuperare radici e rappresentanza, per occuparsi dei bisogni quotidiani dei cittadini, trasformare il loro rancore in speranza per il futuro. Questa è la missione storica e politica che abbiamo davanti e solo un PD chiaramente radicato a sinistra può compierla. Questa è la vera sfida su cui misurarsi. E, su questo, un sì non basta.

Commenti