Ha ragione Alessandro Campi che sul “Messaggero” sintetizza quanto accaduto ieri: “Così la politica irresponsabile si nasconde dietro al popolo”. Già, perchè il Movimento 5 stelle, i suoi capi, e i suoi parlamentari hanno affidato ai votanti sulla sgangherata piattaforma Rousseau (non ha neanche questa volta funzionato al meglio) se concedere o meno al Tribunale dei ministri l’autorizzazione a procedere per il ministro dell’Interno Matteo Salvini per i reati di abuso di ufficio e sequestro di persona nei confronti dei migranti salvati dalla nave della guardia costiera italiana Diciotti.

In tal senso, infatti, si sono espressi il 59 per cento dei cinquantaduemila votanti sulla piattaforma della Casaleggio associati. Più che un popolo si è trattato di un “popolino“, visti i numeri e la ridotta percentuale dei votanti. In questo modo io credo che ancora una volta i grillini, ma anche i leghisti che sono in fondo i principali beneficiari politici della votazione sulla piattaforma, abbiano condotto un duro e grave attacco alle funzioni del Parlamento e dei singoli parlamentari. Un fatto gravissimo se si considera che la nostra è e continua ad essere, secondo il dettato costituzionale, una Repubblica parlamentare, nella quale, peraltro, deputati e senatori dovrebbero essere liberi di esercitare la propria funzione senza alcun vincolo di mandato.

Naturalmente i dirigenti grillini sostengono che questa è la democrazia diretta. La quale è, appunto, la negazione assoluta della democrazia rappresentativa. Decide direttamente il popolo, e non i suoi rappresentanti. E così quello di ieri è stato l’ennesimo “vulnus” ai principi della Repubblica.

Fin qui la questione di metodo e di forma. Ricordando però che in politica, e mai come in questo caso, la forma è sostanza. C’è poi il quesito sottoposto al popolo grillino, che riecheggia in gran parte quanto sarà chiesto ai membri della giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato. Si chiede in sostanza se il ministro dell’Interno abbia agito o meno con il fine di tutelare l’interesse nazionale. Il tutto senza alcun riferimento ai reati contestati allo stesso dai magistrati. Come dire che un ministro che per perseguire un legittimo obiettivo politico, che lui considera coincidere con l’interesse nazionale, può commettere impunemente anche quello che per altri è considerato e trattato come reato. Insomma, in ogni caso per un ministro il fine giustifica i mezzi. Ma penso che in questo modo si va ben oltre i confini di quello che dovrebbe essere uno stato di diritto.

Ma ieri è stata anche la giornata degli arresti domiciliari per i genitori dell’ex presidente del Consiglio ed ex segretario del Pd, accusati di bancarotta fraudolenta e false fatturazioni. Essere accusati non vuol dire automaticamente essere colpevoli. Bisognerà giustamente attendere gli esiti di un normale processo e delle sentenze, ed evitare, nel frattempo, inutili accanimenti accusatori soprattutto mediatici. La prima reazione dell’ex segretario del Pd Matteo Renzi è stata molto decisa e in alcuni passaggi fuori le righe. Ha definito “assurda” la misura cautelare, si è detto essere lui il bersaglio dell’iniziativa giudiziaria, ha ricordato quando Moro in Parlamento disse giustamente: “Non ci farete il processo nelle piazze“. Ma poi ha concluso con uno slogan che echeggiava il linguaggio di Salvini: “Non mollo di un centimetro“.

Foto in evidenza: Matteo Salvini e Luigi Di Maio

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