E’ davvero difficile non occuparsi di Renzi, lo abbiamo assunto come impegno diverse volte ma ricadiamo sempre nello stesso errore. Il problema è però politico, non personale. E’ la degenerazione che sta imprimendo alla storia e alla politica di quel partito, e di riflesso all’intero centrosinistra, che ci preoccupa.

Il duello ingaggiato da Matteo Renzi con il Presidente del Consiglio e il Presidente delle Repubblica, oggetto del contendere la riconferma di Ignazio Visco a Governatore della Banca d’Italia, illustra e spiega perfettamente la fenomenologia di Renzi e del renzismo. La mozione presentata e approvata dal gruppo PD alla Camera dei Deputati, dove ha la maggioranza assoluta, cade nel momento in cui il segretario dem gira su un treno l’Italia per una presunta campagna di ascolto che si sta oggettivamente rivelando come una smaccata, e per alcuni versi, ridicola operazione neopopulista. E sì, perché colui che dovrebbe rappresentare “l’unico argine al populismo e alle destre”, che dovrebbe avere senso delle Istituzioni e preoccupazione per l’attuale fragilità delle stesse, non trova di meglio da dire ai suoi quotidiani interlocutori nelle varie città visitate, “meglio un ora con voi che una settimana in Parlamento”. Come un Giggino Di Maio qualsiasi, come un Berlusconi nei suoi anni ruggenti.

Sulle banche non possono zittirci, il popolo delle primarie è con me”. Nessuna concessione e considerazione, quindi, nemmeno per quel gruppo dirigente che si è formato proprio in seguito alle primarie. Renzi, oggi come ieri e nonostante le ripetuta volontà di sostituire il “noi” all’io, non ammette e non accetta nessuna mediazione intermedia, nemmeno nel suo partito. Assume decisioni, i suoi pretoriani le tramutano in atti parlamentari e non se ne discute con nessuno. Non in una Direzione del Partito, non un ministro , non il Presidente del Consiglio, non il Capo dello Stato informati. Poco importa se per legge la nomina del Governatore di una istituzione autonoma e indipendente, e la cui durata – sei anni – è stata concepita proprio per evitare che possa coincidere con una legislatura e sottrarla agli umori della relativa maggioranza parlamentare, spetta al Presidente della Repubblica.

Quella di Renzi è stata una mossa assolutamente calcolata, voluta, e di cui sono state previste le reazioni negative. Di più, auspicate. Le dichiarazioni fortemente polemiche, e in alcuni casi sprezzanti, di Veltroni, di Napolitano, di Bersani stesso, di numerosissimi e autorevoli giornalisti, così come quelle prudenti di esponenti del centrodestra, sono perfettamente funzionali al disegno renziano di individuare e indicare proprio in quelle reazioni l’espressione di una classe politica e dirigente, di un establishment vecchio e arroccato in difesa di se stesso, allergico e riottoso verso qualsiasi forma di rinnovamento, di svecchiamento. Dopo aver voluto e quasi imposto una Commissione di Indagine sulle banche, commissione che come lo stesso Orfini ha sibillinamente ricordato ha gli stessi poteri di indagine della magistratura, una mozione come quella proposta non avrebbe avuto alcun senso. Infatti, se nelle audizioni e nei lavori fossero emerse responsabilità della Banca d’Italia in merito ai propri compiti di vigilanza, i vertici ne avrebbero dovuto rispondere e, se del caso, addirittura dimettersi. Del resto non aveva senso nemmeno indire il referendum costituzionale. Nessun consiglio regionale, nessun gruppo parlamentare di opposizione, espressero intenzioni in tal senso, nessuna raccolta di firme fu annunciata. Le firme necessarie, infatti, furono raccolte e assicurate proprio dal PD, cioè da quella forza politica che quella riforma aveva voluto e fatto approvare. Il referendum, in realtà, doveva servire unicamente a rafforzare e rendere quasi inviolabile la sua leadership nazionale. Altro che ammodernamento delle istituzioni, che taglio dei costi della politica.

Nessun azzardo, nessuna mossa avventata, nessun boomerang, nessuno isterismo politico di cui periodicamente soffrirebbe, secondo la chiosa di Eugenio Scalfari. Anche in questo caso, piuttosto, una lucida iniziativa politica unicamente indirizzata al percorso politico che immagina: un PD da solo contro tutti. Il populismo “primarista” contrapposto a quello ambiguo dei grillini. Un uomo solo al comando.

Nella foto di copertina: Il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e il segretario del i

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