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Zingaretti vince nettamente le primarie del Pd. E’ il terzo segnale forte del risveglio della sinistra

Nicola Zingaretti ha vinto le primarie del Pd sfiorando il 70 per cento dei voti. Ai gazebo si sono presentate circa un milione e ottocentomila persone. Una percentuale e un numero davvero insperati alla vigilia anche dai più ottimisti. Martina e Giachetti si sono fermati rispettivamente attorno al 19 e 12 per cento. Pur imprevisto nelle proporzioni, il risultato di ieri non è un fatto isolato: esso viene dopo la grande manifestazione sindacale per il lavoro che si è svolta a Roma il 9 febbraio scorso , praticamnente il debutto di Landini alla segreteria generale della Cgil e quella altrettanto affollata contro il razzismo (Prima le persone) che si è tenuta sabato scorso a Milano. I tre sono segnali convergenti: la sinistra, o se preferite il centrosinistra, vuole tornare in campo al meglio per opporsi a questo brutto governo di destra, probabilmente il peggiore della storia della Repubblica, per dire la sua sulla lotta alle diseguaglianze le garanzie del lavoro, il no alla ulteriore diffusione del precariato.

Anche chi, come me ha preferito non votare, non essendo nel Pd, ma ha frequentato ieri i gazebo e i social che parlavano dell’appuntamento delle primarie, si è reso conto dell’atmosfera che si respirava nelle file, lunghe, di coloro che si recavano alle urne: ferma volontà di opporsi a questo governo e altrettanta determinazione nel cercare di ritrovare un partito, magari dei partiti, strutturati al meglio, per combattere una battaglia forse decisiva contro le brutte destre.

Nella foto: I duecentomila di Milano contro il razzismo

Ora Nicola Zingaretti si trova dinanzi enormi responsabilità che riguardano il partito, ma soprattutto il Paese. Non è un caso che nel suo discorso dopo il successo il nuovo segretario abbia detto tre cose: cambierò il partito perchè sarò un leader e non un capo, cercherò di formare un campo largo e no alla cultura dell’odio. Essere un leader e non un capo vuol dire governare il partito collegialmente. Campo largo vuol dire includere il più possibile, anche verso i moderati, ma anche a sinistra, e no alla cultura dell’odio che racchiude un giudizio chiaro e forte sull’attuale maggioranza a trazione leghista.

E qui il problema sarà soprattutto di mettere in campo politiche forti in grado di opporsi alle derive leghiste, ma anche in grado di riconoscere (senza abiure ma nei fatti) che anche i governi a guida Pd (non a caso bocciati dagli elettori) hanno commesso errori gravissimi soprattutto nella carenza di politiche di contrasto alle diseguaglianze e al lavoro precario.

Nella foto: Il nuovo segretario della Cgil Maurizio Landini alla manifestazione dei sindacati per il lavoro del 9 febbario 2019

Non è un caso che io abbia richiamato la manifestazione voluta dalla Cgil di Landini. Uno dei compiti che attendono il segretario neoeletto del Pd è quello di ricostruire e rafforzare al massimo il rapporto con i sindacati e con la Cgil, dopo le inutili sbandate del renzismo. Non si tratta, tuttavia, soltanto di opporsi ad alcune parole d’ordine che purtroppo sono state usate anche all’interno del Pd. Ma piuttosto di mettere in campo concrete politiche in grado di favorire il lavoro vero e di ridurre e tutelare al meglio quello precario. Magari senza nominare nè il jobs act nè l’articolo 18. Ma parlando di politiche attive del lavoro e di tutela (questa sì crescente) della vera e buona occupazione.

Naturalmente ora il primo problema è quello di prepararsi per andare alle prossime elezioni europee con la maggiore unità possibile a sinistra e una forte connotazione socialista ed ecologista. Magari con una lista della quale facciano più forze politiche. Poi, più avanti, potrà anche arrivare il partito unitario del centrosinistra. Un obiettivo al quale puntare sempre, del quale parlare poco pensandoci sempre e che a un certo momento andrà fatto. Intanto ci si dovrà confrontare anche con gli europeisti del campo liberale. Ma prima bisognerà serrare il più possibile a sinistra. Magari ricordando che nel manifesto di Ventotene si spiegava che l’Europa unita avrebbe dovuto avere un ispirazione anche socialista.

Foto in evidenza: Nicola Zingaretti, il nuovo segretario del Pd, uscito nettamente vittorioso dalle primarie del 3 marzo 2019

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