Insieme in Piazza Santi Apostoli

A Santi Apostoli mancava ancora Jeremy Corbyn

Bella, la piazza di Santi Apostoli. Partecipata, attenta, appassionata. E molto rossa – il rosso delle tante bandiere di Articolo Uno, la vera spina dorsale, almeno in termini di presenze e di articolazione organizzativa, dell’appuntamento indetto da Giuliano Pisapia per riunire i soggetti e i percorsi a sinistra del Pd.

Da s. Apostoli è uscita una proposta e una speranza. La proposta di costruire un soggetto politico alternativo alla destra, ai 5 Stelle e al Pd renziano, ricapitolata dall’intervento conclusivo di Pisapia. La speranza che questo soggetto abbia un profilo largo, inclusivo, una vera e propria ambizione egemonica, all’altezza dei “segni dei tempi“, della fase storica nuova in cui il mondo è entrato con la crisi della globalizzazione.

Non a caso, l’intervento più applaudito, dopo quello, molto bello, di Pierluigi Bersani, è stato quello del giovane Alessio Gallotta, della Filt-Cgil, che ha parlato della lotta dei lavoratori di Amazon.

La s. Apostoli del 2017 non poteva essere quella del 1996 (quando Amazon non esisteva neppure). E infatti non lo era.

La piazza del 1 luglio voleva chiarezza, identità e determinazione. Le ha ricevute, ma solo in parte. Si sono sentite ancora troppe ritrosie, ritardi, timidezze.

Nella foto : Pierluigi Bersani e Giuliano Pisapia, Insieme in Piazza santi Apostoli

Colpisce, ad esempio, che non sia stata citata e approfondita la lezione di Jeremy Corbyn, o che si abbia ancora così tanto timore a dire in maniera esplicita una parola – socialismo – di cui la sinistra, il centro sinistra e, in verità, la politica italiana hanno oggi tremendamente e urgentemente bisogno.

Dopo le elezioni inglesi, infatti, addirittura il non sempre proprio perspicace universo mediatico italiano ha cominciato ad aprire gli occhi sulla realtà – il clamoroso risultato del Labour britannico rende manifesto quel che studiando gli avvenimenti di Grecia, Portogallo, Spagna, Francia, Stati Uniti avrebbe dovuto essere già evidente da molto tempo.

La nuova fase non è solo nel profondo delle tendenze economiche, e non è stata accolta politicamente solo dalla destra. È in atto un poderoso processo di ricollocazione e di ricostruzione a sinistra. Grandi partiti spariscono, altri cambiano radicalmente, nuove forze nascono. Era dalla fine dell’Urss, se non addirittura più indietro nel tempo, che i cambiamenti a sinistra non erano così drastici, rapidi e profondi. Il risultato elettorale di Jeremy Corbyn è il primo grande suggello di questo processo storico.

Nella foto: Un comizio di Jeremy Corbyn

Corbyn ha moltissimo da insegnare alla sinistra e al centro sinistra italiano. La capacità di unire i sindacati e i giovani, ad esempio, anche attraverso l’azione di Momentum, il movimento che ha saputo portare nel Labour nuove, grandi forze vitali e militanti. La capacità di presentare un programma radicalmente alternativo alle politiche liberiste e dell’austerità, un primo insieme di “riforme di struttura“, comprendenti, ad esempio, il tema ancora tabù in Italia della nazionalizzazione di settori strategici dell’economia. La capacità, infine, di uscire dalla vecchia idea che le elezioni si vincono “al centro“, “non spaventando i moderati“, il comprendere cioè che essere una forza popolare non estremista oggi non vuol dire ammainare le proprie bandiere, ma, al contrario, alzarle più in alto.

A s. Apostoli, in effetti, spesso le bandiere sembravano volersi alzare molto più di quanto non gli fosse consentito.

Forse invece è finalmente giunto il momento di lasciarle alzare – così che possano vederle anche quei “tanti“, che la sinistra deve raggiungere, per poter rinascere.

Nella foto di copertina: Insieme in Piazza Santi, tante bandiere rosse di Articolo Uno

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