Nicola_Zingaretti1

Caro Zingaretti, ti sei fermato?

La parola d’ordine di Zingaretticambieremo tutto” sembra smarrita e forse perduta. Vedo un PD terrorizzato dal dibattito in corso tra i nani della politica , capace addirittura di farsi denigrare come soggetto della conservazione, come freno alla possibilità di costruire il futuro: il che è tutto dire. Ho l’impressione che Zingaretti non ha perduto soltanto le parole per dire “qualcosa di sinistra”: ha perduto le parole del cambiamento promesso.

Zingaretti ha conquistato il PD sull’onda di un bisogno grande della sinistra e grazie al terreno fertile che gli si è schiuso davanti. Oggi fa i conti con responsabilità enormi come quella di risollevare un Paese colpito nei fondamenti etici, economici, della fiducia. Lo fa con incertezza senza un Partito alle spalle. Anzi, lo fa avendo lasciato che quel Partito in pochi mesi e in troppe situazioni proseguisse uno sfinimento con la rincorsa al centro di Calenda e , aggiungo io, di Gentiloni. Nella difficoltà manifesta a colmare il vuoto, anche culturale di progetto, lasciato da chi li ha preceduti, restituendo il valore di un’appartenenza che non può ridursi a un programma di governo e men che mai a una trionfante – o meno – negazione della patrimoniale o un rigetto a ripristinare l’articolo 18. Immaginare l’Italia e l’Europa dopo la grande crisi e immaginare un senso alla Sinistra per questa nuova storia. Se la sinistra dentro il Partito democratico ha un’idea di sé e qualcosa da dire riparta da qui. E facciamolo per bene, con toni e parole giuste, ché tanto tutto il resto è streaming.

L’attuale segretario del PD deve, prima o poi, accorgersi che gli elettori di orientamento moderato vanno conquistati con la credibilità di un’innovazione di sinistra, non cedendo a confuse operazioni centriste. Il punto è questo: i nuovi diritti. Non bastano più i vecchi diritti sociali che, del resto, fecero grande la sinistra storica. Ma la cosa che a me appare già chiara è che un nuovo partito non può nascere solo dalla vecchia cultura classista né, tanto meno, dalla “rottamazione” del passato. Io credo che dobbiamo parlare delle ragioni di un nuovo protagonismo del popolo. Sono le nostre vite quotidiane a essere investite dai grandi poteri di fatto: e parlo non solo dei centri della finanza internazionale, ma delle reti dell’informazione, dei grandi laboratori che producono la scienza, della criminalità organizzata e del terrorismo. Insomma, di quell’insieme di fenomeni che configurano un mondo che nessuno dirige. E ciò mentre assistiamo alla crescita e alla diffusione delle conoscenze e al fatto che le informazioni attraverso i satelliti arrivano ormai nei luoghi più sperduti. Ed è anche questo che suscita bisogni, passioni, consapevolezza, rabbie disperate. Perfino terrorismo.

Ecco perché non penso che problemi di questo genere possano essere affrontati da una forza culturalmente e politicamente minoritaria, la quale inevitabilmente sarà costretta a occuparsi di se stessa nel senso che le sue scelte saranno alla fin fine condizionate dalla difesa della propria identità. Le riforme sono necessarie. Centrale è il problema del governo, ma esso non può ridursi al gioco del potere. Non è un problema tecnico di riforme più o meno azzeccate, ma il problema di una nuova “associazione” del popolo italiano. Se una nuova sinistra non diventa lo strumento per una operazione del genere, essa non va lontano. Non c’è molto tempo davanti a Nicola Zingaretti nel comprendere fino in fondo la lezione Spagnola e Portoghese e voltare pagina.

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