“Le tasse sono una cosa bellissima, un modo civilissimo di contribuire tutti insieme a beni indispensabili quali istruzione, sicurezza, ambiente e salute.” Sono passati quasi nove anni da quando l’allora Ministro dell’economia del Governo Prodi, Tommaso Padoa Schioppa, parlò in questo modo dell’imposizione fiscale. In questo ragionamento si legge un’idea di Stato forte, capace di usare le risorse pubbliche per garantire la qualità dei servizi e ridurre le disuguaglianze.
Nella parola “civilissimo” è contenuto tutto il significato della progressività, della ricerca di un equilibrio tra il sacrificio che si chiede a chi guadagna lavorando e la necessità di finanziare i Comuni, le Regioni e lo Stato nella spesa che annualmente devono sostenere per contribuire alla qualità della vita degli individui.
Sembra passato un secolo. Il 16 giugno 2016 è stato, per il Partito Democratico, “l’Imu day“, il giorno in cui si celebra l’eliminazione dell’imposta sulla prima casa. All’articolazione locale del Partito è stato chiesto di diffondere e promuovere un campagna di comunicazione sulla riduzione delle tasse.
Da amministratore locale ho vissuto sia la fase in cui si lasciava ai Comuni piena autonomia nella definizione delle imposte locali finalizzate al mantenimento dei servizi, sia la fase – ora ancora più accentuata – in cui lo Stato ha assunto su di sè l’onere di decidere se e come i Comuni possono fare manovre fiscali.
Questo accentramento è stato comunicato come un grande risultato che ha consentito di ridurre le imposte. Nella realtà è stata eliminata un’imposta sulla prima casa che prima veniva pagata sulla dimensione e sul valore di un patrimonio immobiliare personale per sostituirla con contributi nazionali (indirizzati ai Comuni che hanno comunque la necessità di mantenere i servizi) alimentati da imposte sul reddito e sui consumi.
Qualsiasi casa si possieda, non si paga più l’imposta sulla prima casa. E’ una manovra ben diversa da quella ideata da Prodi e da Padoa Schioppa nel 2006, quando si definì una riduzione dell’imposta sulla prima casa che di fatto esentava dal pagamento della tassa coloro che possedevano un piccolo immobile e la manteneva oltre un certo livello di patrimonio.
I tentativi della riduzione della spesa pubblica non hanno ancora inciso sulle reali inefficienze. Le Province, con la caotica eterna riforma avviata nel 2011, sono ancora in piedi e se sono stati risparmiati un pò di spiccioli ottenendo che il personale politico operi a titolo volontario, si è scaricato sui Comuni e sulle Regioni il peso del personale. I risparmi tanto contrabbandati sono quelli che portano le strade provinciali ad essere un colabrodo, le frane a non essere messe in sicurezza e le scuole superiori ad avere immobili sempre più fatiscenti e meno riscaldati.
Credo che ci sia ben poco da celebrare, con l’Imu day. Stiamo vivendo il paradosso per cui il più grande Partito di centrosinistra ha fatto sua la stessa proposta di riduzione delle tasse che aveva consentito alla destra una straordinaria rimonta nelle elezioni di 10 anni prima.
Mi si obietterà, dal fronte rottamatore, che coltivo l’idea di una sinistra che fa crescere la spesa ed aumenta le tasse.
Prodi, Ciampi e Padoa Schioppa andarono per la prima volta nella direzione di una vera riduzione della spesa e questa riduzione portò con sè forme di riduzione delle tasse (la riduzione dell’ICI, così come le detrazioni per le ristrutturazioni – solo per fare alcuni esempi). Con i governi di centrosinistra siamo entrati nella moneta unica ed abbiamo affrontato i difficili anni del mantenimento degli equilibri di bilancio, ma lo abbiamo fatto sostenendo la progressività delle imposte ed il contrasto all’evasione fiscale (mentre ora si alza il tetto ai pagamenti in contanti) e non mettendo in difficoltà i servizi.
L’autonomia fiscale dei Comuni è uno strumento che risponde alla diversa proprensione delle comunità locali a costruire un welfare integrativo, a migliorare lo standard nazionale dei servizi con investimenti complementari, a rafforzare con le infrastrutture lo sviluppo di un territorio. Eliminare questa autonomia significa azzerare i margini di manovra di tanti bravi amministratori e concentrare tutto il confronto politico sul Governo nazionale. Un’impostazione che trova riscontro nella riforma costituzionale e che non deve farci stupire dell’esito deludente avuto da tanti bravi sindaci in queste elezioni amministrative. E’ difficile vincere una corsa giocata sulla qualità dei servizi e sulla capacità di promettere investimenti se si hanno le mani ed i piedi legati.
In Emilia-Romagna ed in Toscana, dove la sinistra del secolo scorso ha costruito i servizi educativi comunali ed ha investito sul welfare, questo approccio avrà effetti ancora più devastanti. E ciò si vede nei colpi di scena avvenuti con i ballottaggi di diverse città o nelle urne disertate. Ci siamo ridotti a celebrare la scomparsa di un’imposta sul patrimonio che sarà compensata con altre tasse sul lavoro e sui consumi. Alcune settimane fa scrivevo che Berlusconi ha vinto culturalmente nel giorno in cui ha perso politicamente. Dite pure al leader di Forza Italia che può prendersi tutto il tempo che vuole con la sua convalescenza, il suo ritorno nell’agone politico non è più necessario.