“Siamo solo noi, generazione di sconvolti che non han più santi né eroi”
“Siamo solo noi, generazione di sconvolti che non han più santi né eroi”, cantava il Vasco nazionale solo pochi giorni fa di fronte ad una folla oceanica riunitasi a Modena in quello che proprio agli esordi del rocker di Zocca era il Parco del mezzo milione di persone accorse per ascoltare Enrico Berlinguer. Testi e canzoni, quelli di Rossi, che sopravvivono al mutare dei tempi e della società e che oggi assumono un significato nuovo, interpretando con quelle mezze frasi confuse, senza freni ma sincere un senso di disagio e di insicurezza che nessuno pare avere la voglia e il coraggio di affrontare, di comprendere fino in fondo.
In fondo cosa siamo noi giovani, oggi? Una generazione che in larga misura non ha mai vissuto e conosciuto le grandi mobilitazioni e i forti ideali del Novecento e fatica, ormai, ad aderire anche al mito del successo personale e del denaro. Decenni di cultura liberista e una politica del tutto succube all’egemonia finanziaria ci consegnano oggi una globalizzazione al collasso in cui i diritti diminuiscono, la ricchezza è sempre più nelle mani di pochi, ingiustizie e sfruttamento dilagano, guerre e povertà si espandono e il pianeta soffre sempre più pesantemente gli effetti dell’uomo, con il moltiplicarsi di fenomeni meteo-climatici e ambientali rovinosi ed estremi. Una prospettiva tutt’altro che esaltante ma a cui oggi più che mai una risposta va data.
Come non accorgersi che il nemico primario da combattere è questo? L’estrema destra e i populismi vanno fermati perché rappresentano una (non) risposta pericolosa e non risolutiva al problema, una soluzione che dilaga e accresce il proprio consenso nella sofferenza sociale proprio in conseguenza alla mancanza di un’alternativa reale e coraggiosa a quel riformismo che ambisce a gestire e al massimo migliorare l’esistente.
Comprenderlo è il primo passo per superare davvero la crisi di rappresentanza, di fiducia e di speranze che la sinistra e la democrazia più in generale vivono oggi.
La prospettiva da intraprendere per sfidare sui temi i costruttori di muri da un lato e i riformisti di centro dall’altro può chiamarsi Socialismo. Niente paura, non è un mostro del passato. Di vecchio e, anzi, antico vi sono forti radici e valori, un DNA di riferimento da rinsaldare e riscoprire con orgoglio come faro.
Tutto il resto è più moderno e al passo coi tempi che mai: prima di tutto la volontà e l’umiltà di analizzare e criticare in profondità la società odierna, evidenziandone le dinamiche, le fratture e cogliendone le ingiustizie da sconfiggere. Dopodiché il coraggio di mettere radicalmente in discussione un intero sistema politico-economico su cui ci siamo adagiati da tempo. Infine, la passione, le competenze, una visione larga e lungimirante e la capacità di sognare, con idee e programmi, per costruire un grande nuovo progetto che si inquadri ed innesti su una discussione già intrapresa in Europa e nel mondo e che sta risvegliando in tanti giovani speranze, ideali e voglia di riscatto. Basti pensare allo straordinario successo che hanno avuto tra ragazzi e ragazze americani, francesi ed inglesi gli esprimenti (diversi ma con profondi tratti comuni) di Sanders, Mélenchon e Corbyn.
E’ la strada di chi torna ad ascoltare e vivere nei luoghi del conflitto sociale e si batte in difesa di chi non ha più voce, dei sempre nuovi “ultimi”. E’ la strada di chi si batte per accrescere la sfera dei diritti e non lasciare indietro nessuno, per modificare i rapporti di forza di questo capitalismo, per ripensare il ruolo dello Stato e della regolamentazione istituzionale, per sostenere gli investimenti pubblici, la progressività fiscale e la redistribuzione della ricchezza, per un’economia che funzioni per tutti. E’ poi la strada di chi crede che serva elaborare una nuova identità culturale, incoraggiare l’autodeterminazione per un riscatto delle giovani generazioni. E ancora: promuovere uno sviluppo realmente sostenibile, difendere il paesaggio e l’ambiente consapevoli del fatto che la lotta ai cambiamenti climatici è la prima battaglia per la nostra sopravvivenza, investire in cultura, welfare, educazione e sanità pubbliche, combattere con forza la povertà. Infine stimolare la partecipazione, l’inclusione, la coesione sociale che in fondo è il modo indispensabile per non far prevalere i privilegi e l’arroganza delle élite.
Sono battaglie da sviluppare, declinare e calare nella quotidianità di tutti noi ma da inserire in una visione organica e complessiva di ispirazione socialista e democratica che guardi anche all’Europa, uno spazio in cui combattere per i medesimi obiettivi.
Solo così, con un progetto chiaro e radicale, la sinistra tornerà ad essere attrattiva e determinante. Solo se saprà farsi più di ogni altra forza in campo un interprete credibile, aperto, plurale e al passo con i tempi di bisogni e sofferenze sociali in evoluzione.
Nessuna nostalgia ideologica di tempi che furono fine a sé stessa ma semplicemente la volontà di costruire un futuro più giusto ed equo per tutti chiudendo la stagione dell’umiliazione e della frustrazione ed aprendo quella del riscatto e dell’uguaglianza.
For the many, not the few!
—
Nella foto di copertina: Grigorij Filippo Calcagno con Enrico Rossi
Grigorij Filippo Calcagno: Vasco, i giovani e un nuovo Socialismo
“Siamo solo noi, generazione di sconvolti che non han più santi né eroi”, cantava il Vasco nazionale solo pochi giorni fa di fronte ad una folla oceanica riunitasi a Modena in quello che proprio agli esordi del rocker di Zocca era il Parco del mezzo milione di persone accorse per ascoltare Enrico Berlinguer. Testi e canzoni, quelli di Rossi, che sopravvivono al mutare dei tempi e della società e che oggi assumono un significato nuovo, interpretando con quelle mezze frasi confuse, senza freni ma sincere un senso di disagio e di insicurezza che nessuno pare avere la voglia e il coraggio di affrontare, di comprendere fino in fondo.
In fondo cosa siamo noi giovani, oggi? Una generazione che in larga misura non ha mai vissuto e conosciuto le grandi mobilitazioni e i forti ideali del Novecento e fatica, ormai, ad aderire anche al mito del successo personale e del denaro. Decenni di cultura liberista e una politica del tutto succube all’egemonia finanziaria ci consegnano oggi una globalizzazione al collasso in cui i diritti diminuiscono, la ricchezza è sempre più nelle mani di pochi, ingiustizie e sfruttamento dilagano, guerre e povertà si espandono e il pianeta soffre sempre più pesantemente gli effetti dell’uomo, con il moltiplicarsi di fenomeni meteo-climatici e ambientali rovinosi ed estremi. Una prospettiva tutt’altro che esaltante ma a cui oggi più che mai una risposta va data.
Come non accorgersi che il nemico primario da combattere è questo? L’estrema destra e i populismi vanno fermati perché rappresentano una (non) risposta pericolosa e non risolutiva al problema, una soluzione che dilaga e accresce il proprio consenso nella sofferenza sociale proprio in conseguenza alla mancanza di un’alternativa reale e coraggiosa a quel riformismo che ambisce a gestire e al massimo migliorare l’esistente.
Comprenderlo è il primo passo per superare davvero la crisi di rappresentanza, di fiducia e di speranze che la sinistra e la democrazia più in generale vivono oggi.
La prospettiva da intraprendere per sfidare sui temi i costruttori di muri da un lato e i riformisti di centro dall’altro può chiamarsi Socialismo. Niente paura, non è un mostro del passato. Di vecchio e, anzi, antico vi sono forti radici e valori, un DNA di riferimento da rinsaldare e riscoprire con orgoglio come faro.
Tutto il resto è più moderno e al passo coi tempi che mai: prima di tutto la volontà e l’umiltà di analizzare e criticare in profondità la società odierna, evidenziandone le dinamiche, le fratture e cogliendone le ingiustizie da sconfiggere. Dopodiché il coraggio di mettere radicalmente in discussione un intero sistema politico-economico su cui ci siamo adagiati da tempo. Infine, la passione, le competenze, una visione larga e lungimirante e la capacità di sognare, con idee e programmi, per costruire un grande nuovo progetto che si inquadri ed innesti su una discussione già intrapresa in Europa e nel mondo e che sta risvegliando in tanti giovani speranze, ideali e voglia di riscatto. Basti pensare allo straordinario successo che hanno avuto tra ragazzi e ragazze americani, francesi ed inglesi gli esprimenti (diversi ma con profondi tratti comuni) di Sanders, Mélenchon e Corbyn.
E’ la strada di chi torna ad ascoltare e vivere nei luoghi del conflitto sociale e si batte in difesa di chi non ha più voce, dei sempre nuovi “ultimi”. E’ la strada di chi si batte per accrescere la sfera dei diritti e non lasciare indietro nessuno, per modificare i rapporti di forza di questo capitalismo, per ripensare il ruolo dello Stato e della regolamentazione istituzionale, per sostenere gli investimenti pubblici, la progressività fiscale e la redistribuzione della ricchezza, per un’economia che funzioni per tutti. E’ poi la strada di chi crede che serva elaborare una nuova identità culturale, incoraggiare l’autodeterminazione per un riscatto delle giovani generazioni. E ancora: promuovere uno sviluppo realmente sostenibile, difendere il paesaggio e l’ambiente consapevoli del fatto che la lotta ai cambiamenti climatici è la prima battaglia per la nostra sopravvivenza, investire in cultura, welfare, educazione e sanità pubbliche, combattere con forza la povertà. Infine stimolare la partecipazione, l’inclusione, la coesione sociale che in fondo è il modo indispensabile per non far prevalere i privilegi e l’arroganza delle élite.
Sono battaglie da sviluppare, declinare e calare nella quotidianità di tutti noi ma da inserire in una visione organica e complessiva di ispirazione socialista e democratica che guardi anche all’Europa, uno spazio in cui combattere per i medesimi obiettivi.
Solo così, con un progetto chiaro e radicale, la sinistra tornerà ad essere attrattiva e determinante. Solo se saprà farsi più di ogni altra forza in campo un interprete credibile, aperto, plurale e al passo con i tempi di bisogni e sofferenze sociali in evoluzione.
Nessuna nostalgia ideologica di tempi che furono fine a sé stessa ma semplicemente la volontà di costruire un futuro più giusto ed equo per tutti chiudendo la stagione dell’umiliazione e della frustrazione ed aprendo quella del riscatto e dell’uguaglianza.
—
Nella foto di copertina: Grigorij Filippo Calcagno con Enrico Rossi
Commenti
Grigorij Filippo Calcagno
Articoli correlati
Chiedimi se sono felice
Ritorno al passato