Il discorso del numero uno della Bundesbank, Jens Weidmann all’Ambasciata tedesca a Roma è un documento essenziale per comprendere il punto di vista del Paese più importante della zona Euro.
Non a caso ricco di ampie citazioni di Tomaso Padoa Schioppa, per il suo ruolo alla costruzione dell’euro e i suoi avvertimenti (“l’unione monetaria non può tornare indietro“) lo speech di Weidmann rappresenta una sorta di manifesto di chi punta a succedere a Draghi nella guida della BCE nel 2019.
L’Unione monetaria viene efficacemente descritta come una zona pescosa aperta a tutti gli Stati membri. Un eccessivo sfruttamento delle risorse ittiche da parte di un singolo pescatore riduce la disponibilità di pesci per gli altri pescatori e minaccia nel lungo periodo di impoverire irreversibilmente la zona a danno di tutti.
Weidmann parla in generale, mandando un chiaro avvertimento alla BCE a non derogare dal “mandato di garante della stabilità dei prezzi a favore di una politica monetaria orientata a garantire la solvibilità degli Stati”. Il riferimento è alla Grecia e anche all’Italia quando rivendica sia l’indipendenza nella politica di bilancio sia la volontà di rinviare, anno dopo anno, il percorso virtuoso segnato dalle regole del Fiscal Compact.
Due propositi in netta contraddizione, impossibili da accettare dai tedeschi. “Un elevato indebitamento pubblico a livello nazionale può risultare allettante agli occhi del singolo Paese, tuttavia è nocivo per l’area dell’euro nel suo complesso”, in quanto può determinare un innalzamento dei tassi di interesse per tutti gli Stati. “E qualora l’indebitamento eccessivo di uno Stato minacci la stabilità finanziaria, ciò può far sprofondare l’intera area dell’euro … e gli Stati membri potrebbero vedersi costretti ad assumersi la responsabilità per i debiti dello Stato in questione (con una) caduta del principio di responsabilità”.
Solidarietà e responsabilità le parole chiave di Weidmann ed una polemica sottile con Padoan, non a caso contrapposto, nelle citazioni all’ultimo uomo del rigore italiano, Padoa Schioppa, sotto la cui guida il nostro debito era sceso dieci anni fa quasi al 100% del PIL, per poi impennarsi al 133% di oggi considerato un elemento di criticità per tutta l’area.
Nelle parole di Weidmann, chi accumula debiti eccessivi deve essere disposto a pagare interessi maggiori dei paesi virtuosi. Una ovvietà per qualunque debitore ad alto rischio verso le banche, ma non per i governanti che sono mossi dalla ricerca del consenso.
Il rigore nella gestione dei conti pubblici non è affatto un freno alla crescita. Fosse così i paesi più indebitati avrebbero minore disoccupazione. È vero il contrario: non c’è crescita sostenibile con “una montagna di debito”. Alti debiti pubblici e alta disoccupazione vanno di pari passo.
In assenza di prospettive di unione politica “Jens il falco” mette insieme solidità dei conti pubblici e incentivi alla crescita, in linea con Draghi, operando su entrate e spese.
La politica monetaria infatti può essere utile nel breve periodo ma nulla può senza crescita. Ad avviso di Weidmann sarebbe problematico un sostegno senza limiti della BCE attraverso l’acquisto dei i titoli di Stato di Paesi in crisi, poiché ciò comporta il trasferimento dei rischi ai bilanci delle banche centrali.
Essenziale la crescita di lungo periodo. Il capo della Buba si associa in questo a Draghi e ricorda come, da sola, la politica monetaria non può risolvere i problemi dell’Eurozona poiché i problemi sono di natura strutturale. Per questo motivo sono importanti le riforme italiane, come il Jobs Act, che abbattono le barriere alle assunzioni. Così come viene approvato il nuovo fondo “Atlante”, realizzato per assorbire i crediti in sofferenza. Weidmann, quindi, critica i governi (anche qui un chiaro riferimento all’Italia) che non hanno sfruttato i bassi tassi per ridurre deficit e debito e chiede misure per aumentare la competitività e la nascita di nuove imprese, a cominciare dalla Germania.
Con un leggero distinguo da Mario Draghi, più che esercitarci su politiche monetarie sempre più accomodanti, secondo Weidmann, vanno adottate misure sostenibili nel lungo periodo per la crescita.
In questo senso il relatore potizza due alternative. Una unione fiscale europea o il mantenimento della sovranità sul bilancio, ma con la responsabilità delle conseguenze.
Una ampia condivisione delle responsabilità nell’Eurozona senza controlli comuni sarebbe invece sbagliata, andando a rafforzare la tendenza generale ad accumulare debiti.
Sulla sovranità, Weidmann cita espressamente Matteo Renzi, quando, nella presentazione del bilancio italiano, ha dichiarato che “la politica fiscale viene fatta in Italia e che l’Italia non permette che venga dettata dai burocrati di Bruxelles”.
In un’unione fiscale questo non sarebbe ammesso, dovendo ciascuno Stato membro rispondere ad una autorità fiscale europea.
L’unione fiscale europea sarebbe un gran passo nel processo di integrazione ma per raggiungerla servirebbero ampie modifiche ai Trattati europei, oggi improponibili.
Volendo mantenere la sovranità nazionale nelle questioni di bilancio, l’unica via da percorrere sarebbe l’attribuzione agli Stati membri della responsabilità delle proprie azioni, come sancito dal trattato di Maastricht.
Si è invece preferito dare alla Commissione Europea un maggior grado di libertà nello svolgimento delle attività di controllo, il che, secondo il banchiere tedesco, è problematico. Un Organo politico, qual è la Commissione, chiamata a mediare tra gli interessi più diversi, non sembra l’organo più idoneo a controllare l’applicazione delle regole.
Il risultato è la tendenza continua a scendere a compromessi, ad esempio, prorogando di volta in volta, e qui va dritto al nostro Paese che è in attesa della approvazione del DEF, la scadenza dei periodi di adeguamento al debito e deficit eccessivi.
Da ultimo Weidmann tratta il tema dei titoli di stato detenuti dalle banche che, qui in sintonia con il ministro Schaeuble, dovrebbero essere in futuro assoggettati alle regole previste per i grandi fidi, anche per evitare che una ristrutturazione del debito di un paese porti con sé il fallimento del sistema bancario dello Stato in questione.
Adottando invece una regolamentazione adeguata e prevenendo in questo modo il rischio di concentrazione sui titoli di Stato, si riuscirebbe a dissolvere lo stretto legame tra banche e Stato, che durante la crisi si è dimostrato incendiario. In caso di emergenza sarebbe possibile ristrutturar il debito senza far falllire l’intero sistema finanziario.
Questo fortifica la credibilità del principio di responsabilità, per gli Stati e anche per gli investitori.
Weidmann lega la riduzione dei rischi per le banche sui titoli di Stato detenuti alla introduzione di un fondo comune europeo di garanzia dei depositi, oggi più vicino giacché le grandi banche dell’area dell’euro sono sottoposte alla Vigilanza Europea della BCE.
Dopo questo discorso c’è da attendersi una dura trattativa tra il nostro Governo e la Commissione Europea in ordine alle ulteriori flessibilità richieste. La risposta la avremo entro i prossimi 15 giorni.
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Nella foto di copertina: Jens Weidmann, presidente della Deutsche Bundesbank dal 2011