Referendum-Costituzionale

Il mio No personale ma convinto al referendum costituzionale

Ho letto con attenzione e interesse l’intervista al Segretario nazionale del mio Partito di ieri mattina al Corriere della Sera dal titolo “Le nostre condizioni per il Sì al Referendum”.

Come si capisce dal titolo di questo mio post non condivido le “condizioni”, che arrivano in drammatico ritardo (a soli 25 giorni dal voto) e che di conseguenza saranno solo un goffo tentativo di mettere a posto le cose e rendere potabile una scelta molto mal digerita dalla base del Partito.
Una specie di ciambella di salvataggio lanciata lì senza nulla di concreto a cui aggrapparsi.

In più però, molto onestamente, non condivido l’impostazione e la lettura che dà il Segretario a questo passaggio storico e che, per lui, attiene sostanzialmente alla sopravvivenza di questo Governo. A una sorta di lealtà da dimostrare ancora.

Mi pare che il Partito Democratico abbia fino ad oggi sostenuto lealmente il Governo. Lo ha fatto a Roma e lo ha fatto sui territori. Prima, durante e dopo – se così si può dire – la pandemia. Pagando un prezzo, come sempre accade. Penso per esempio agli impegni fin ora mancati sulle modifiche ai “decreti sicurezza” o a “quota cento”. Alla cassa in deroga che ha faticato ad arrivare.

Ma penso anche a una posizione timida e perfino sbiadita sulle migrazioni e sulle soluzioni che immaginiamo, da sinistra, per affrontare un tema tanto caro alle destre. Soprattutto a quella xenofoba e pericolosa di Salvini.
Oppure al “no” ideologico dei 5 stelle ai soldi del MES che tanto sarebbero utili al nostro sistema sanitario.

Quindi no. Basta. Al referendum che cambierebbe irrimediabilmente la nostra architettura democratica non possiamo piegare la testa all’ennesimo salto nel buio fatto per “salvare il Governo”. Un Governo che sono sicuro non cadrebbe anche qualora il PD si esprimesse per il No. Troppi interessi in ballo e troppa paura di restare a casa per molti parlamentari che non sarebbero ricandidati o rieletti.

Per sostenere le mie ragioni potrei scopiazzare dalle tante cose lette in questi giorni e riportare tutti i tecnicismi che, stante la situazione attuale, genereranno gravi problemi per esempio sulle commissioni parlamentari. O sui regolamenti per l’elezione del Presidente della Repubblica.
Ma di questo a chi fregherebbe?

Oppure potrei dire che il mio concetto di Democrazia, di Riforme e di Istituzioni non ha nulla a che vedere con il concetto, nobile in altri contesti, di risparmio. Soprattutto se si tratta di un caffè all’anno per ogni italiano. Altra cosa sono gli insopportabili privilegi da combattere.
Se ancora non fosse abbastanza potrei dilungarmi sul fatto che diminuire i parlamentari non garantisce in nessun modo l’innalzamento (magari!) della qualità della rappresentanza parlamentare.

Per fare questo bisognerebbe abbandonare l’idea dei Partiti personali e l’antipolitica e dare finalmente corpo all’Art. 49 della Costituzione, ricominciando a selezionare in modo esemplare chi, per conto dei Partiti di ogni schieramento, siede nelle istituzioni.

Con il Sì al referendum sarebbe il contrario. La diminuzione dei parlamentari farà sì, qualsiasi sia la legge elettorale, che quei 400 onorevoli saranno sempre più legati da vincoli di fedeltà al capo di turno e non ancorati alle proprie competenze e capacità e, sperabilmente, a una storia e a un radicamento territoriale.

Ma c’è una questione che mi sta più a cuore di tutto questo.
Se vinceranno i Sì, in Italia avremo un parlamentare ogni 150.000 abitanti. Saremo quindi il Paese europeo con meno rappresentanza parlamentare.
Ecco, un Paese come l’Italia, con le disuguaglianze che lo caratterizzano, con le aree interne delle aree interne, con le distanze talvolta incolmabili dai centri che sul nostro territorio conosciamo bene (isole comprese), per me non può permettersi questo taglio lineare non legato a una visione nuova di Paese.

Sarebbe solo un ulteriore cedimento al populismo che non di rado ha infiltrato anche il mio Partito e un via libera a un “cambiamento” che non contiene nessuna ragione vera di beneficio per gli Italiani che dal giorno dopo sarebbero ancora più lontani dalle Istituzioni.

PS. Inutile dire che ragionare, come si è fatto nel recente passato, della riduzione dei parlamentari per riformare il bicameralismo paritario, è ragionare di tutt’altra cosa.

Simone De Rosas è segretario della Federazione Pd Val di Cornia e Isola d’Elba


Foto in evidenza: Rielaborazione da Avvenire

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