Il “mite” Gentiloni che mise la fiducia sull’oscena legge elettorale
Ad una settimana dalla conclusione della più brutta campagna elettorale che io ricordi, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha intensificato la sua campagna elettorale a favore del suo partito, il Pd, partecipando a manifestazioni, rilasciando interviste in televisione e sui giornali. Non c’è nulla di cui scandalizzarsi. I presidenti del Consiglio lo hanno fatto sempre nella prima e nella seconda (?) repubblica. Del resto sono in molti, non soltanto dentro il Pd, a guardare con simpatia al “mite” Gentiloni, magari auspicando che possa restare a palazzo Chigi succedendo a sè stesso.
Eppure anche Gentiloni, l’uomo politico prudente che cerca di stressare il meno possibile il suo elettorato con promesse e annunci corredati da “slide” e tabelle come usava il suo predecessore, un cadavere nell’ armadio ce lo ha. Ed è quello di aver posto ben otto vole la fiducia per imporre al Parlamento la brutta legge elettorale che va sotto il nome di Rosatellum. Una legge confusa che non consente (salvo i rari casi di candidati nei collegi uninominali) agli elettori di scegliersi i propri parlamentari, che consente coalizioni tra partiti nei quali il voto per il proporzionale si spalma a favore del partito più forte della alleanza, la quale si può rompere anche la sera stessa del risultato elettorale e, come tale, non aver alcun effetto sulla governabilità. La previsione elettorale dei più è infatti che nessuna delle coalizioni in campo possa ottenere la maggioranza in entrambi le Camere. Una legge sulla quale la gran parte dei costituzionalisti si è espressa negativamente e che potrebbe non superare il vaglio della Consulta, una volta che questa, come tutto lascia prevedere, sarà chiamata in causa da diversi ricorsi. Una legge che sul piano politico potrebbe essere (non ce lo auguriamo) una significativa concausa della bassa partecipazione al voto nelle elezioni politiche che si terranno domenica prossima.
Di questa legge elettorale, che anche un’alleato del Pd, la Bonino, ha definito “una schifezza” ne parlano assai poco sia Renzi sia i suoi maggiori artefici e sostenitori come Boschi e , che stanno conducendo una campagna elettorale semiclandestina. Eppure, qualunque sia la soluzione di governo che le elezioni di domenica consentiranno, di legge elettorale si dovrà tornare a parlare. Soprattutto se si confermeranno le grandi difficoltà che questa legge creerà al presidente della Repubblica per dare al Paese una soluzione di governo stabile e duraturo. Si dice che pregio dei grandi uomini politici sia quello di riconoscere in tempo i propri errori,mettendo ad essi riparo per tempo. Finora questo non è accaduto a Gentiloni, che, pur indicato da molti come probabile e auspicabile capo del Governo, sulla opportunità di cambiare le regole del gioco da lui stesso imposte a colpi di fiducia ha preferito non parlare.
Certo c’è ancora quasi una settimana di campagna elettorale, e c’ è quindi tempo perchè qualcuno chieda a Gentiloni se, nel caso che non sia possibile nessuna maggioranza politica dopo il voto, non sia opportuno creare un governo di scopo, per dare al Parlamento il di approvare una nuova legge elettorale solida sia dal punto di vista costituzionale che dell’efficacia politica. Magari, facendo notare, che sinora c’ è stato chi si è preoccupato di mettere le mani avanti dicendo che, anche in caso si debba tornare al voto dopo queste elezioni, la legge elettorale non va cambiata. E questo qualcuno è Silvio Berlusconi, che molti indicano come il maggior beneficiario di questo indecente meccanismo elettorale voluto dal Pd e imposto con le fiducie.
Naturalmente non è con l’astensionismo che si migliorano le leggi elettorali e si risolvono i problemi. Per questo l’auspicio che quelli (speriamo molti)che si recheranno alle urne sappiano che ci sono forze politiche che si sono battute in Parlamento più di altre contro questa brutta legge elettorale. Tra esse spicca la sinistra riformista e di governo Liberi e Uguali.
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Foto di copertina: Paolo Gentiloni