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La “genialata”: cosa si nasconde dietro al reddito di cittadinanza

Le scadenze economiche sono già entrate nell’agenda politica dei 5 stelle, ansiosi di guidare il nuovo governo, sotto l’onda mediatica che li accompagna”.
Tito Lops, sul Sole 24 Ore, racconta di indicazioni provenienti dallo staff di Luigi Di Maio, per far allestire al Governo Gentiloni un DEF (Documento di Economia e Finanza ) volto a disinnescare le clausole di aumento IVA per circa 15 miliardi, che altrimenti scatterebbero dal 1 gennaio 2019.
Come noto, il DEF è il principale strumento di programmazione economica. Proposto dal governo e approvato dal Parlamento, indica la strategia di finanza e le linee guida della legge di Bilancio. Finita la campagna elettorale le forze politiche “scoprono” che il DEF va presentato entro il 10 aprile e inviato a Bruxelles, dopo l’approvazione, entro il 30, dal Parlamento non ancora insediato.
Quel DEF potrà rappresentare: a) la prova generale di futuro governo; b) una ragione di scontro a ottobre prossimo, quando si tratterà di tradurne il contenuto nella legge di bilancio; c) carta straccia nel caso in cui il Governo in carica nel prossimo autunno abbia altre idee.
Sarà interessante vedere quali partiti, dopo aver promesso spese e regalie per decine di miliardi, si prenderanno la responsabilità diavvare la legislatura approvando, sia pure in un documento di indirizzo, linee guida in continuità con gli impegni europei.
Inoltre, sulla concreta possibilità di conseguire l’obiettivo di deficit/PIL dell’1,6% per il 2018 e dello 0,9% nel 2019, la Commissione Europea ha fatto già pervenire le sue osservazioni, rilevando un rischio di scostamento di circa 3,5 miliardi che verosimilmente ribadirà nei prossimi giorni.

Sui rapporti fra le forze politiche è già evidente il tentativo forte di spaccare e aggregare partiti e gruppi di parlamentari, per creare nuove e originali governabilità.
Ora si preme sul PD, per spingerlo ad appoggiare un governo a guida 5 Stelle, partendo dalla critica delle “dimissioni post datate” di Matteo Renzi, che vorrebbe stare all’opposizione sino alla scelta del suo (eventuale) successore.
Il Segretario del PD ha colpe gravissime per la sconfitta del centro sinistra a queste elezioni; tuttavia, non sembra irrazionale che – dopo essere stato accusato di aver capeggiato una banda di delinquenti, amici delle banche e della finanza – Renzi, come primo atto dopo le elezioni perse si proponga di stare all’opposizione.

Nel PD forse tanti hanno fretta di sostenere un governo dei pentastellati, illudendosi che siano vogliosi di adeguarsi al consociativismo e di consentire loro una qualche spartizione. Le spinte mediatiche e degli ex poteri forti sul PD ad accettare uno ruolo ancillare, sono imponenti; fino a ieri visto come perno di ogni alleanza, Renzi è ora l’ostacolo al nuovo ordine che si vuole far affermare.
I 5Stelle non sarebbero più la turbativa per i mercati che si paventava prima delle elezioni e ci si spinge a paragoni azzardati con l’allenza, ben più seria, negoziata ed approvata in Germania dagli iscritti ai due partiti, tra CDU e SPD.
Persino Marco Travaglio, pur ammettendo che reddito di cittadinanza e riforma della legge Fornero sono irrealizzabili, spinge per tale coalizione. Antonio Padellaro su La 7 auspica un PD che controlla i conti pubblici e i 5Stelle a tutela della legalità. In pratica, l’unione tra una banda di delinquenti e un gruppo di incapaci. Per non parlare di Eugenio Scalfari, che vede Di Maio in grado di aggregare il PD per creare “il grande partito della sinistra moderna”.

Insomma, in tanti si stanno lanciando a tessere le lodi del giovane Di Maio – già promosso statista – con la stessa enfasi usata verso Renzi cinque anni fa; illudendosi che sia facile mettere sotto tutela un gruppo di parlamentari inesperti, guidati da Grillo e Casaleggio che, con una straordinaria operazione di marketing e di manipolazione, hanno vinto le elezioni. Un Di Maio che magari, in caso di crisi da spread, potrebbe imporre una patrimoniale, applaudita (forse) da Bruxelles e da chi di sicuro non la pagherà.
Se non si riuscirà a convincere il PD, la mossa successiva probabilmente sarà rivolta a spaccare gli stessi 5Stelle, già in passato protagonisti di numerose defezioni e che partono già con una decina di espulsi prima delle elezioni.

Tornando al DEF, Andrea Roventini, candidato ministro dell’Economia nel fanta governo di Di Maio, ha detto che «nel nostro DEF non ci sarà spazio per idee bizzarre o utopistiche, ma di certo porremo maggiore attenzione al tema della crescita e degli investimenti pubblici, mantenendo comunque l’equilibrio dei conti». È quindi probabile che un governo a guida stellata chiederebbe alla UE maggiore flessibilità, forse anche senza azzardare sforamenti del 3%.
L’intenzione è di giocare un escamotage, di cui parlai, analizzando le proposte elettorali dei 5Stelle; cioè di riaprire con l’Europa, con molta fantasia creativa, un confronto sull’output gap, cioè la differenza tra Pil effettivo e quello potenziale.

Qui occorre una spiegazione non facile.
L’output gap è rilevante perché lo usa la Commissione UE per determinare i margini di manovra disponibili ai governi. Senza scendere in dettagli, un ruolo rilevante nel determinare l’output gap è giocato dai lavoratori scoraggiati; quelli che, dopo una infruttuosa ricerca di lavoro, smettono di cercare. Da qui la proposta di Pasquale Tridico (ministro designato dai 5Stelle) di aumentare il Pil potenziale, aumentando la forza lavoro. Crescerebbe così l’output gap, giustificando un aumento del margine per fare più deficit. La “genialata” sarebbe di usare il reddito di cittadinanza, obbligando gli “scoraggiati” che lo percepiranno ad iscriversi nelle liste di collocamento. Questo fatto statistico, nel mondo fantastico dei 5Stelle, dovrebbe far aumentare la forza lavoro (in cui entrano i disoccupati ma non gli scoraggiati) e realizzare un deficit strutturale più ampio. Con la baggianata di un milione di nuovi disoccupati (col reddito di cittadinanza) si vorrebbe ottenere ben 19 miliardi di nuova spesa pubblica a debito, approvata come “flessibilità”.

Nessuno sano di mente può credere che a Bruxelles e soprattutto in Germania possano accogliere una roba del genere.
Servirebbe forse ai 5Stelle per raccontare qualcosa ai propri elettori, ma non avrebbe alcun effetto pratico in Europa, salvo rendere ancor meno credibile l’Italia.
In una alleanza e con proposte del genere, alle prossime elezioni la Lega di Salvini supererebbe il 30% ed il centro destra il 50%, con un Nord produttivo di nuovo animato da voglie secessioniste.
In questo quadro confuso, non va dimenticato che Lega si è affermata, oltre che sulla posizione anti immigrati, per la flat tax, cioè il taglio delle imposte, che vorrebbe anche trattenere dove si producono. E’ impensabile, quindi, che gli elettori di centro destra del Nord accettino fare deficit spending solo per aumentare l’assistenza al reddito soprattutto verso le famiglie del Sud.”

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