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La medicina ha ancora molto da imparare da Marx

Traduzione dell’articolo di Richard Horton pubblicato su The Lancet, rivista scientifica di ambito medico, con il titolo “Medicine and Marx” (4 novembre 2017).

Quando il presidente Xi Jinping si è rivolto al 19esimo Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese, il mese scorso, ha parlato della “verità scientifica del marxismo-leninismo”. Il marxismo (con le caratteristiche cinesi), come ha spiegato il presidente Xi, deve essere alla base di una Cina sana.

Chi si azzarderebbe, oggi, in Occidente a lodare Karl Marx come il salvatore del nostro benessere?

Marx è morto da tempo. È morto fisicamente il 14 marzo 1883. Ed è morto metafisicamente nel 1991, mentre l’Unione Sovietica svaniva nel nuovo stato russo indipendente. L’esperimento comunista ha balbettato, vacillato e alla fine è fallito. La sua eredità? Come ha scritto Michel Kazatchkine nel numero di The Lancet del mese scorso, il sistema sanitario in era sovietica “deteriorò rapidamente” negli ultimi anni, portando a un’“inadeguata disponibilità di medicine e tecnologie, strutture in cattivo stato, a un peggioramento della qualità della sanità e a un crollo delle aspettative di vita”.

Ma è giusto consegnare Marx ai margini della storia della sanità?

Il 5 maggio 2018 è il bicentenario della nascita di Marx. Ed è un’occasione per riesaminare il contributo di Marx alla medicina e per scoprire se la sua influenza è così dannosa come la saggezza contemporanea suggerirebbe.

La medicina e il marxismo hanno storie intrecciate fra di loro, intime e rispettabili.

La sanità pubblica è stata la levatrice del marxismo. La situazione della classe operaia in Inghilterra (1845) di Friedrich Engels mise a nudo il costo umano del capitalismo. L’ex-direttore del NEJM (New England Journal of Medicine), Bud Relman, ha coniato il termine “complesso medico-industriale”, riecheggiando le ansie marxiste sulla mercificazione di qualsiasi cosa a noi cara.

Howard Waitzkin l’ha messa giù così in un paper del 1978 negli Annals of Internal Medicine, intitolato “Un punto di vista marxista sulla sanità”: “Il punto di vista marxista s’interroga sulla possibilità di avere grandi miglioramenti nel sistema sanitario senza mutamenti fondamentali nel più ampio ordine sociale”.

L’Economist, lungi da essere un bastione del pensiero di sinistra, ha scritto, all’inizio di quest’anno: “c’è moltissimo che possiamo imparare da Marx. Infatti, la maggior parte di quanto affermato da Marx sembra diventare sempre più importante ogni giorno che passa”.

Wolfgang Streeck, nel suo libro intitolato, provocatoriamente, “Come finirà il capitalismo?” (2016), utilizza metafore mediche per descrivere i ‘molteplici stati patologici’ che si trova ad affrontare il capitalismo dalla crisi finanziaria del 2007. Il capitalismo ha accumulato un gran numero di fragilità è ha esaurito il suo armamentario di soluzioni, afferma Streeck.

È stato un ex-economista del Fondo Monetario Internazionale che, nel 2005, ha scritto: “La prossima grande battaglia fra socialismo e capitalismo si combatterà sulla salute umana e l’aspettativa di vita”.

Il primo ministro del Regno Unito, Theresa May, ha affermato che il capitalismo è “il più grande agente di progresso collettivo umano mai creato”. Ma un numero crescente di persone, soprattutto fra le generazioni più giovani, è convinto che le economie basate solo sul libero mercato non siano necessariamente il modo migliore per avere società più eque o più sane.

Il primo ministro della Nuova Zelanda, Jacinda Ardern, il mese scorso ha sottolineato che “quando permetti ai mercati di decidere il destino della tua gente… questo non funziona bene per un paese o per le persone”. Le idee marxiste sono rientrate nel dibattito politico.

Come scriveva Terry Eagleton in “Perché Marx aveva ragione” (2011), il marxismo non significa una violenta rivoluzione mondiale, dittature tiranniche o fantasie utopistiche inarrivabili.

Penso che Marx sia importante per la medicina per tre motivi.

Primo, Marx offre una critica della società, un metodo d’analisi che permette di spiegare le tendenze inquietanti nella medicina moderna e nella sanità pubblica – economie sanitarie privatizzate, il potere di élite professionali conservatrici, la crescita del tecno-ottimismo, il filantrocapitalismo, l’importanza dei fattori politici determinanti per la sanità, le tendenze neoimperialiste nella sanità globale, le definizioni di malattia incentrate sui prodotti e l’esclusione di comunità stigmatizzate dalle nostre società. Questi aspetti della sanità del 21esimo secolo possono essere meglio investigati e interpretati attraverso le lenti marxiste.

Secondo, il marxismo difende una serie di valori. La libera auto-determinazione dell’individuo, una società equa, la fine dello sfruttamento, l’aumento delle possibilità per il pubblico di partecipare e plasmare le scelte collettive, il rifiuto di accettare la staticità della natura umana e credere nella nostra capacità di cambiare, mantenere un senso di interdipendenza e indivisibilità della nostra comune umanità.

Infine, il marxismo è un appello a impegnarsi, un invito a unirsi alla lotta per proteggere i valori che condividiamo. Non devi essere marxista per apprezzare Marx. Mentre il bicentenario della sua nascita si avvicina, potremmo concordare sul fatto che la medicina ha molto da imparare da Marx.

Foto in evidenza: The Guardian Design

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