“Attento però, la questione è bollente”. Questo l’avvertimento del Direttore di questa testata quando ieri gli ho chiesto se fosse d’accordo che scrivessi su ciò che si sta muovendo a sinistra rispetto alle elezioni nel Lazio e in Lombardia. E’ la questione, articolo compreso, si è rivelata bollente davvero. Moltissimi interventi sui social a commento, tanti per verificare la possibilità di un accordo, altrettanti che invece lo ritengono un grave errore politico.
Ma non sono stati tanto, non solo, i commenti ad indurmi a ritornare sulla questione, quanto una lettera inviata a Corrado Augias nella rubrica che tiene quotidianamente su la Repubblica e la risposta dello stesso.
Chi gli scrive è un uomo che ha iniziato la sua militanza politica nella FGCI e l’ha proseguita senza interruzione sino al PD. Si tratta con molta probabilità, quindi, di un mio coetaneo con una storia praticamente identica alla mia e a milioni di altre donne e uomini sinceramente e genuinamente di sinistra che magari oggi non navigano più nella stessa barca, non lavorano più per la stessa “Ditta”. Scrive questo compagno ad Augias. “Come si fa a non cogliere la grande occasione di vincere in Lombardia dopo la rinuncia di Maroni? Spero che i cittadini lombardi capiscano che questa cosiddetta sinistra fa il gioco della destra, solo per esistere”. E la conclusione è ancora più dura. Anzi, feroce: “Come si fa a dire di essere di sinistra (in riferimento a Leu)? Questi fanno rivoltare nella tomba i vecchi compagni che per tutta la vita hanno lottato contro la destra che sta tornando,(…..) mentre per loro la sola cosa che conta è far perdere Renzi”.
La risposta di Augias sostanzialmente conforta chi gli ha scritto, rimarcando presunti e notevoli risentimenti personali. Ma in politica – scrive – i sentimenti e le antipatie non dovrebbero contare più di tanto. Perché la politica, quella alta e quella da cortile, è sempre ricerca del compromesso in vista di una affermazione. “Muoia Sansone con tutti i filistei”, può essere un gesto eroico o una bassa vendetta, in ogni caso non è politica.
Mi hanno molto colpito, ripeto, lettera e risposta. Premetto subito che non hanno suscitato in me alcun senso di colpa, ma mi hanno indotto a delle riflessioni e considerazioni che, sono certo, riguardano tutti noi. Anche i compagni del PD.
La prima è il modo con cui veniamo ancora percepiti. Ci possono essere stati dei difetti e degli eccessi nella nostra comunicazione, anche errori a volte grossolani, ma l’idea di una formazione politica nata unicamente perché si sentiva antropologicamente diversa da Matteo Renzi può anche irritarci ma è bene farci da subito i conti per superarla e, soprattutto, farla superare. Non contesto, sarei poco onesto intellettualmente, che desideri di “rivalsa” abbiano spinto qualcuno ad accelerare certe scelte, ma anche in questi non è sicuramente stata né l’unica né la principale motivazione.
Evidentemente facciamo ancora difficoltà a comunicare i nostri dissensi programmatici, politici, che sono profondi e reali. Dissensi che, per responsabilità anche nostra, abbiamo finito fossero relegati in secondo piano rispetto all’allarme lanciato contro destre e populismi.
C’è un fatto fondamentale che manca sia nell’appello di Veltroni e Prodi, sia nelle aperture di Gori, negli inviti rivolti da questo o quel dirigente del PD, nelle riflessioni di Augias e in quelle di chi gli ha scritto: manca l’essenza della politica che non è fatta di alleanze per battere qualcuno, ma per realizzare qualcosa. Di diverso, possibilmente. Manca lo sguardo e l’attenzione alla costruzione di una proposta politica credibile. E ciò vale in Lombardia, forse, più che in altra parte del Paese. Innanzitutto c’è da chiedersi come mai si afferma che il ritiro dalla competizione politica di Roberto Maroni spalanchi le porte ad una possibile vittoria del centrosinistra. Implicitamente si riconosce che abbia governato talmente bene che fosse naturale una responso quasi plebiscitario a suo favore. Se così fosse, oso pensare che il merito non possa essere solo di carattere personale ma politico-programmatico: cioè le politiche del centrodestra hanno avuto il merito di conquistare il consenso dei cittadini lombardi, non Maroni.

Di contro, e torno alla lettera ad Augias, ci sarebbero tantissimi lombardi che aspettano da 25 anni la soluzione dei loro problemi e questa, appunto, sarebbe l’occasione propizia perché vedessero realizzato il loro “sogno”. E sta proprio qui il nocciolo del problema: perché la sinistra manca l’appuntamento in Lombardia da 25 anni? Questa regione non è la Sicilia, dove per complesse ragioni storiche, sociali ed economiche si fa sempre fatica ad affermarsi. La Lombardia è la regione dei “Cipputi” per eccellenza, di una borghesia per larga parte illuminata, non solo altamente produttiva ma colta. E allora? Allora non si vince non perché, se mi è consentito il gioco di parole, Renzi ci sta sui….maroni. Non si vince perché da tempo abbiamo rinunciato a studiare la realtà, a studiare e capire le profonde trasformazioni sociali di questa e di altre società e, quindi, ad interpretarle, rappresentarle, guidarle. Cipputi è stato travolto dalla paura per il suo destino, attuale e futuro, e ha deciso di affidarsi a chi quelle paure le ha alimentate, offrendogli protezione e non prospettive. E Cipputi, e tanti con lui, se la sono fatta bastare. Quando la politica, quando la sinistra rinuncia allo studio, all’analisi, a proporre un’idea di società, prevalgono gli istinti politici, non le idee. Prevalgono l’ignoranza sbandierata. Infatti, chi ci avrebbe mai predetto che un giorno potesse candidarsi alla guida della nazione gente come Di Maio o Salvini?
Se la realtà è questa, ed è questa, trovo non solo stucchevole ed inutile attardarsi in inutili inviti e appelli, ma politicamente pericoloso. Se vogliamo dare un futuro a questo Paese, torni la politica. Torni la nostra idea di sanità pubblica, di ambiente, di lavoro dignitoso (che non è il salario minimo garantito!). Di qualità e quantità degli investimenti pubblici, di sostegno mirato a chi innova e crea occupazione. O ci renderemo di nuovo riconoscibili e affidabili dai milioni di Cipputi o non ci saranno Gori e Zingaretti che tengono.