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La questione democratica, la sinistra e i piccoli Orban di casa nostra

Può esserci una democrazia che non abbia radici liberali, socialiste o meglio ancora (questa volta il riferimento ai fratelli Rosselli è quanto mai opportuno) liberal socialiste? E la sinistra in Italia e più in generale in Europa questo problema se l’è posto davvero e quali risposte ha dato o si prepara a dare? Sono queste le domande da porsi dopo aver letto il bell’articolo di Ezio Mauro, “La democrazia illiberale di Orbàn”, pubblicato oggi su “Repubblica“.

Mauro parte da due affermazioni slogan. La prima è dell’ideologo del premier neoconservatore ungherese, Zoltan Kovacs per il quale “la democrazia non è per forza liberale”. La seconda è dello stesso Orbàn che più volte ha evocato “il fallimento del liberalismo”. Ora cosa è una democrazia illiberale? La risposta di Mauro è che essa “può ridursi ad una impalcatura artificiale come quelle conchiglie, in riva al mare, esternamente perfette, mentre dentro l’organismo sta agonizzando”: Una democrazia, insomma, “ridotta a forma per essere, riempita di una nuova sostanza rispetto a quella in cui è cresciuta nello stato democratico moderno”. Una democrazia svuotata di contenuti liberali che prova a sopravvivere “tagliando le sue radici”.

Se uno si guarda intorno di questi esempi ne trova anche oltre i confini dell’Ungheria. Penso ai paesi ex comunisti e ad altri del Nord Europa nei quali questa idea di una democrazia affievolita, ridotta a conta di numeri e senza radici è andata via via prendendo piede. E questa idea di democrazia prende piede anche nel resto d’Europa, e in quei paesi a più solida tradizione liberaldemocratica. In sistemi politici c’è la tendenza a offrire ai cittadini (che peraltro in larga parte lo chiedono) più sicurezza (talvolta affidata alla guardia costiera libica) in cambio di minori diritti. Una sorta di baratto tra più ordine e meno libertà e meno diritti sociali. Lo stesso baratto che un tempo le destre proponevano (talvolta con successo soprattutto) nel nostro Mezzogiorno (da Lauro a Ciccio Franco) quando c’erano le campagne elettorali.

A difendere i principi delle liberaldemocrazie c’ erano accanto a liberali e democratici le forze di sinistra, comunisti compresi. In questi anni che vanno impropriamente sotto il nome di seconda repubblica abbiamo invece assistito al fatto che la complessità della democrazia liberale con i suoi principi, le sue garanzie, con i confini ben indicati è stata sottovalutata e magari offesa anche da chi, in nome dei moderati, si dichiarava anche liberale. Ricordate Berlusconi che se la prendeva con l’obbligo dei parlamentari di dover stare sempre in aula individualmente a votare su leggi ed emendamenti, laddove a suo giudizio sarebbe bastato affidare questo compito ai capigruppo senza far perdere troppo tempo a tutti. Più che Giolitti e Amendola, prendeva ad esempio il lessico mussoliniano sui “ludi cartacei“.

Nè, in tempi successivi, le cose sono andate molto meglio a sinistra. Ricordiamo che chi doveva rappresentarla era talmente attratto dalla democrazia sbrigativa che, in nome della governabilità (a sostegno della quale si riduceva la rappresentatività delle assemblee), proponeva leggi elettorali nelle quali, grazie a impropri premi di maggioranza, sarebbe bastato prendere il 40 per cento dei voti per avere in Parlamento il il 53 per cento dei seggi. Democrazia? Forse. Ma in forma vuota (la conchiglia) e soprattutto senza radici solide che soltanto le garanzie liberali possono dare.

Nè le cose vanno meglio in Europa. Si invoca più Europa, laddove si dovrebbe invocare più europeismo. Perchè l’Europa di oggi con il predominio della finanza e la modestissima rappresentatività delle sue istituzioni, tutto è meno che quella di Ventotene, e le sue politiche sono del tutto affidate a vertici intergovernativi nei quali hanno spesso buon gioco quelli che oggi si chiamavano “sovranisti” e un tempo si chiamavano “egoismi nazionali”.

Ha certamente ragione Mauro quando, a conclusione del suo articolo, afferma che “Orbàn è un prototipo e altri piccoli Orbàn seguiranno”. E’ così. Anche se io credo che alcuni di essi già siano già seguiti e si siano manifestati, uscendo rafforzati dalle elezioni. Penso a quelli che dicono che non sono “nè di destra nè di sinistra”. Tra i quali, magari ci sono anche coloro, che, pur stando in partiti che dovrebbero rappresentare la sinistra, dicono che il socialismo, e con lui il Pse e i laburisti non più blairiani, sono roba vecchia ed è meglio quindi guardare altrove. E mentre si guarda altrove non si accorgono di una grande questione democratica, e intanto i piccoli Orbàn crescono.

Foto in evidenza: Il leader ungherese Viktor Orban

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