Maurizio_Martina

La sinistra è sconfitta, è a pezzi, ma qualcosa si muove. E’ il momento di provare a mescolarci per costruire

“Siamo un esercito sconfitto, siamo tutti soldati semplici perchè quelli che avevano i gradi li hanno perduti in battaglia”. E’ impietosa e senza appello l’analisi che Peppe Provenzano fa al termine della sua relazione, la quale ha fatto un po’ da guida alla bella riunione di Sinistra anno zero di sabato a Roma. Una riunione non per discutere su Governo o Aventino o su Di MaioDi Maio no. Ma per capire fino in fondo le ragioni di una sconfitta che è soprattutto imputata a Renzi e alla sua indifendibile gestione del partito, del quale era capo. Ma che probabilmente trova le sue ragioni prima. Forse proprio al Lingotto di Torino, dove quel partito nacque.

E’ una riunione promossa da un gruppo di giovani, in prevalenza del Pd, direi della minoranza del Pd, ma non soltanto. Ci sono anche dirigenti di LeU, c’è il presidente della regione Toscana Enrico Rossi, c’è Alfredo D’Attorre e poi ci sono il ministro Andrea Orlando e Gianni Cuperlo. E ad ascoltare la relazione è in sala anche il reggente del Pd Maurizio Martina. C’è Emanuele Macaluso.
E soprattutto ci sono tanti, tanti giovani. Quasi a voler significare che le sorti della sinistra interessano soprattutto loro, e che c’è tanta voglia di ricomimciare, magari mescolandosi per costruire qualcosa di nuovo nella quale sia possibile e doveroso discutere e non soltanto fare propaganda. Insomma come spiega lo stesso Provenzano non è’ una riunione di partito, ma “un incontro aperto tra giovani di provenienza dem e di LeU. In fondo “il primo vero momento di confronto dopo la debacle del 4 di marzo”.

La maggior parte degli interventi riandrà spesso alla notte nella quale vennero imposte autoritariamente le candidature alla sbrigativa riunione della direzione del Pd.
Ma c’è chi va ancora più indietro per spiegare come la crisi del Pd venga da lontano, dalla sua stessa fondazione. E’ la convinzione di Emanuele Macaluso, che al Pd non ha mai aderito per le ragioni spiegate nel suo libro “Al capolinea“. A suo giudizio il Pd è nato dalla fusione di due partiti che erano entrambi arrivati al proprio “capolinea“. Insomma si voleva fare una cosa nuova mettendo insieme due cose vecchie. E alla fine è arrivato Renzi con i suoi metodi, con le sue ambizioni, le sue arroganze.


Nella foto: Giuseppe Provenzano, organizzatore di “Sinistra anno zero”

Ma l’origine di tutto è al Lingotto. Macaluso si richiama anche a quella che è stata la lunga e altalenante stagione dell’Ulivo, alla retorica delle primarie ovunque e comunque. Ma è possibile che in tutta Europa sia soltanto il Pd a far scegliere il proprio segretario ad altri che non sono i suoi iscritti: Un altro degli intervenuti definirà così il sistema primarie: “Votateci, legittimateci e poi scomparite!” Come dire: piccoli plebisciti per evitare complessi percorsi democratici come erano i congressi dei partiti veri.

Quanto al Lingotto e alla nascita del Pd c’è poi chi ricorda che la prima volta che ci presentò alle elezioni le sue liste andavano da Boccuzzi, l’operaio sopravvissuto al rogo della Tyssen, a Calearo, uno dei capi della parte non certo più olivettiana dell’imprenditoria italiana. Altro che vocazione maggioritaria! Un partito “pigliatutto“, senza una proprio asse di cultura politica, può andare avanti? E poi quale è la sua collocazione europea? In questi giorni un disinvolto sottosegretario vicino a Renzi ha invitato i democratici ad entrare nella scia di Macròn e del suo partito, lasciando il già debole campo del socialismo europeo. Certo, Renzi ha portato il Pd nel Pse senza crederci e sempre senza crederci può uscirne. Ma l’interrogativo è si costruisce così la cultura politica di un partito che ha la pretesa di rappresentare la sinistra italiana?

La quale sinistra è davvero all’anno zero. Ma deve anche provare, se non a unirsi, almeno a mescolarsi. E per fare ciò servirebbe un partito, un luogo politico nel quale tutte le correnti (non è una mala parola) possano ritrovarsi per discutere con pari dignità, e far valere le proprie idee con metodo democratico. In fondo la questione della sinistra si incrocia con una più generale questione della democrazia e della rappresentanza. Anche questo è un segnale della crisi, direi delle eclissi delle culture politiche. E qui, tornando alle macerie della sinistra, non si può che condividere quanto detto da Provenzano su chi ha diretto in questi ultimi anni la sinistra: “la peggior classe dirigente di sempre, non per le sconfitte, ma perchè non ci ha lasciato nulla da cui ripartire“.
Abbiamo davanti un percorso lungo e accidentato, partiamo da tante macerie: Eppure ieri la sensazione provata alla riunione di Sinistra anno zero è che qualcosa ha cominciato a muoversi. Ed è motivo di conforto sapere che quella di ieri a Roma non stata una iniziativa isolata: in contemporanea a Napoli erano riuniti i giovani di “Futuro prossimo“; sempre a Roma domenica prossima a Roma è convocata un’assemblea aperta del Movimento giovanile della sinistra e a Firenze si lavora ad un’altra iniziativa pubblica dopo l’appello di Chiti, Martini e Rossi.

Foto di copertina: Il segretario reggente del Pd Maurizio Martina tra il pubblico alla manifestazione “Sinistra anno zero”

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