Isola di Jean Charles (Lousiana)

L’Argine mondo: I primi rifugiati climatici, è solo l’inizio

Questo è una sintesi, curata da Sara Ligutti, di un articolo apparso su Quartz, magazine online, il 5 giugno 2017 con il titolo «Gli Stati Uniti stanno trasferendo un’intera città a causa dei cambiamenti climatici. E questo è solo l’inizio». L’autrice è Neha Thirani Bagri (@nehanotes): si occupa di politica, migrazioni, religione, questioni di genere e Asia del Sud.

Il primo giugno, Donald Trump ha annunciato che gli Stati Uniti non manterranno gli impegni presi dalla precedente amministrazione con l’Accordo di Parigi, che ha lo scopo di cercare di arginare i cambiamenti climatici riducendo la produzione di anidride carbonica. La decisione del presidente americano rischia di mettere in pericolo gli accordi stessi, poiché, per centrare l’obiettivo, gli altri 194 paesi che hanno sottoscritto l’accordo si vedranno costretti a tagliare ulteriormente le proprie produzioni di CO2.

Trump ha spiegato la propria decisione argomentando che i termini dell’Accordo comportano un grande svantaggio economico per gli Stati Uniti. L’intesa «ha poco a che fare con il clima e più con i vantaggi economici ottenuti da altri alle spalle degli Stati Uniti». Infatti, sempre secondo Trump, le altre nazioni – come ad esempio Cina, India e in parte l’Europa – potranno «continuare a costruire impianti a carbone, mentre noi non potremmo più farlo». E invece gli Stati Uniti hanno «bisogno di tutta l’energia possibile per crescere almeno del 3-4%» e per mantenere «posti di lavoro e crearne altri, specialmente nel manifatturiero».
Nel frattempo, negli Stati Uniti, a causa delle conseguenze dei cambiamenti climatici, ci sono intere cittadine che devono essere spostate, perché l’acqua sta avanzando e si mangia la terra. Il 5 giugno, su Quartz è uscito un articolo che racconta la storia dell’Isola di Jean Charles, in Louisiana, e di Newtok, in Alaska.

L’Isola di Jean Charles si trova nelle baie del sud-est del Louisiana e sta lentamente affondando nel Golfo del Messico. Dal 1955, l’isola ha perso il 98% della propria superficie. Ormai, vi vivono solo 100 persone. “Siamo circondati dall’acqua”, commenta Rita Falgout, una residente di 81 anni. Dall’altra parte degli Stati Uniti, un piccolo villaggio di circa 350 persone sul fiume Ninglick, verso il confine occidentale dell’Alaska, ha problemi molto simili. A Newtok, l’innalzamento del livello del mare e dello scioglimento del permagelo a causa dei cambiamenti climatici hanno portato alla graduale erosione della terra da parte del fiume Ninglick, che avanza di circa 21 metri l’anno.

Nella foto: Newtok (Alaska) inghiottito dall’erosione e dall’innalzamento del livello dei mari.

Entrambe le città si sono trovate davanti a una scelta difficilissima, che riguarderà molti di coloro che vivono in aree costiere degli Stati Uniti. Queste aree, infatti, rischiano di essere inondate man mano che il livello del mare continua a innalzarsi. Andarsene o perire.

A un certo punto, però, entrambe le comunità vengono a conoscenza di un’iniziativa dell’amministrazione Obama, che offre la possibilità di venire trasferiti. Si tratta della National Disaster Resilience Competition, organizzata dal governo federale con lo scopo di aiutare le comunità e gli stati a rialzarsi dopo i disastri e di aiutare a ridurre i rischi futuri.
Obama, visitando l’Alaska nel settembre 2015, qualche mese prima della firma dell’Accordo di Parigi, commentò così: “Ciò che sta accadendo in Alaska non è solo un anticipo di quanto accadrà a tutti noi se non agiamo, è il nostro campanello d’allarme”. Uno studio pubblicato su nature.com del marzo 2016 spiega che un innalzamento di 1,8 metri del livello dei mari entro il 2100 – causato dallo scioglimento delle calotte polari – potrebbe portare a 13,1 milioni di americani residenti sulle coste a perdere le proprie case a causa dell’avanzata delle acque. Anche un innalzamento più lieve di circa un metro potrebbe lasciare 4 milioni di persone senza casa.

Trasferire intere città e villaggi non era l’obiettivo della competizione – si potevano presentare svariate soluzioni – ma Newtok ha visto un’opportunità. L’idea di trasferirsi non era nuova, del resto. Già nel 1984, quando l’amministrazione locale si rese conto che la città stava perdendo parte della propria superficie, richiese uno studio da parte di alcuni geologi e venne fuori che cercare di fermare l’erosione sarebbe stato estremamente costoso. Molto più che trasferire interamente Newtok. Nel 1996 la comunità votò per andarsene. Scelsero un posto molto simile a quello dove vivevano: Mertarvik, 16 chilometri a sud della loro cittadina. Ma per trasferirsi avevano bisogno di finanziamenti.

Anche l’Isola di Jean Charles ha scelto di partecipare. L’avanzata delle acque non lasciava dubbi sul futuro: spostarsi non era più una scelta.
Entrambe le comunità sono riuscite ad accedere alla seconda fase della competizione. Alaska e Louisiana si sono però approcciate molto diversamente a questa fase, in cui bisognava giustificare la propria necessità di fondi. L’Alaska ha scritto che i progetti presentati erano per posti che avevano più urgenza d’interventi. In Louisiana, invece, il team che ha seguito il progetto ha avuto l’impressione che il governo federale non stava cercando solo un modo di risolvere i problemi attuali, ma che stesse cercando progetti che potessero essere replicati non solo in Louisiana, ma anche nel resto del paese. E quindi ha presentato la ricollocazione dell’Isola di Jean Charles come un esperimento, un progetto pilota.

Nel gennaio 2016, sono stati annunciati i vincitori della competizione. Il Louisiana ha ricevuto 92,6 milioni di dollari, di cui 48 milioni per l’Isola di Jean Charles. L’Alaska non ha ricevuto nulla per mancanza di fondi. I partecipanti avevano richiesto finanziamenti per un totale di 7 miliardi, quando ce n’era solo uno disponibile.

Ma come si fa a spostare un’intera comunità? L’Isola di Jean Charles, adesso, sta cercando di affrontare questa sfida. Sono stati individuati tre possibili siti per il trasferimento, sulla base del rischio futuro legato alle inondazioni. Ma identificare rischi legati al clima e coordinarsi dal punto di vista logistico è solo uno degli aspetti di un trasferimento. Nel selezionare il sito per la ricollocazione bisogna considerare se la comunità che si sta trasferendo ha le competenze necessarie per trovare lavoro nel nuovo ambiente. Inoltre c’è la questione dell’impatto psicologico potenzialmente devastante che può avere un trasferimento: le persone hanno bisogno di tempo per capire che le loro vite e i loro ricordi legati a quel posto rimarranno, appunto, solo dei ricordi.
A Newtok, intanto, mentre la comunità sta piano piano digerendo la sconfitta, i funzionari di stato sperano di continuare il trasferimento. Ci sono progetti per strade e case, nel nuovo sito scelto, ma c’è sempre il problema dei fondi. Attualmente, l’unica scuola di Newtok è una struttura che cade a pezzi, situata nel punto più in alto del villaggio. È a una trentina di metri dal Ninglick. Di questo passo, il fiume potrebbe raggiungerla entro l’anno.
Quale sarà il futuro di queste comunità sotto l’amministrazione Trump?

Nella foto di copertina: Il destino di Jean Charles, piccola isola americana del Sud della Louisiana è segnato. L’innalzamento del livello del mare, a causa del riscaldamento globale e dell’erosione, negli ultimi sessanta anni ha sommerso circa il 98% del territorio. A Jean Charles da secoli vive una piccola comunità di nativi americani che oggi sono costretti ad abbandonare terra e case, diventando i primi rifugiati climatici degli Stati Uniti

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