DIAZ_G8_2

Morena Bigini: la legge sul reato di tortura, un’occasione persa

MEGLIO NIENTE – Il commento univoco di oggi è: “meglio di niente”, riferito al reato di tortura, oggi introdotto nel nostro Codice Penale.
Mi sarei aspettata di poter rivendicare con gioia ed orgoglio il raggiungimento di un traguardo di tale portata e invece mi trovo a commentare con mestizia un’altra occasione persa.
Da ben 30 anni aspettavamo che il nostro Paese introducesse, così come previsto ed imposto dalla ratifica della Convezione ONU contro la tortura e altre pene e trattamenti crudeli e degradanti del 1984.
E dire che non appariva difficile introdurre una fattispecie di reato già normato nella definizione e nei caratteri specifici dalla Convenzione stessa, il Legislatore si sarebbe dovuto limitare a riportare quanto già previsto e ratificato dal Parlamento, in una norma del Codice penale italiano, sarebbero bastati 3 mesi. Era un obbligo, non un’ opzione e non c’era niente da decidere, già tutto fatto. Eccola qua :

Convenzione Onu – Art. 1 1:

Ai fini della presente Convenzione, il termine «tortura» designa qualsiasi atto con il quale sono inflitti a una persona dolore o sofferenze acute, fisiche o psichiche, segnatamente al fine di ottenere da questa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che ella o una terza persona ha commesso o è sospettata di aver commesso, di intimidirla od esercitare pressioni su di lei o di intimidire od esercitare pressioni su una terza persona, o per qualunque altro motivo basato su una qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o tali sofferenze siano inflitti da un funzionario pubblico o da qualsiasi altra persona che agisca a titolo ufficiale, o sotto sua istigazione, oppure con il suo consenso espresso o tacito. Tale termine non si estende al dolore o alle sofferenze derivanti unicamente da sanzioni legittime, ad esse inerenti o da esse provocate.

Dovevamo solo fare copia e incolla e invece ci sono voluti 30 anni prima di colpevole indifferenza, poi di inutili dibattiti e infine abbiamo partorito, dopo una gestazione difficile e tormentata di 4 anni, un “minimis facti” di cui non si sentiva il bisogno.
Il reato di tortura a mio avviso non viene introdotto dalla norma approvata oggi, per essere ritenuto tale, avrebbe dovuto prevedere la punibilità di qualsiasi atto di violenza o minaccia fisica o psichica inflitta ad una persona dal pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio al fine di ottenere da questa informazioni o confessioni o intimidirla o esercitare pressioni o per qualsiasi altro motivo di discriminazione che non derivi dall’irrogazione di legittima sanzione.

La Camera ha invece licenziato in via definitiva con 198 voti a favore, 35 contrari e ben 104 astenuti, una norma l’art. 613 bis e ter che definisce la tortura reato comune e non più proprio, come nella sua natura, cioè punisce chiunque, non solo i Pubblici Ufficiali e/o Incaricati di pubblico servizio “con violenze e minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo cura o assistenza ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa”.
Il fatto è punito con una pena da 4 a 10 anni di reclusione , ma solo se “è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona”.

Quello che all’apparenza può sembrare un benefico ampliamento dei soggetti imputabili, stravolge invece il quadro normativo: la violenza tra privati è già prevista e punita in specifiche fattispecie di reato e non abbisognava di ulteriore generica ed ambivalente regolamentazione.
Inoltre la qualificazione del reato come reato comune, pone la nuova norma in contraddizione con il testo della Convenzione ONU, la quale esplicita che tali condotte delittuose debbano essere ascrivibili unicamente ai soggetti qualificati come incaricati pubblici, fatto che la pone conseguentemente in contrasto con l’art.117 della nostra Costituzione, che prevede che il Legislatore sia vincolato dalle Convenzioni Internazionali .

Il testo licenziato parla poi di violenze e minacce (plurale) laddove la Convenzione si riferisce a ogni atto di violenza, la differenza per chi non transita per le Aule di Tribunale sembra accademica, ma non lo è: un solo atto, anche se gravissimo, non potrà essere ritenuto tortura, che si concretizzerà solo in caso di comportamenti violenti reiterati (mediante più condotte) e quindi anche protratti nel tempo.
La previsione della condizione della privazione della libertà personale, che delimitava precisamente un ambito, si allarga inglobando l’affido in custodia, la potestà, la vigilanza, il controllo, la cura o assistenza quindi estendendo l’applicabilità a genitori, insegnanti , medici e infermieri, etc.
Il genitore che chiede con insistenza, magari urlando e minacciando, al figlio se ha assunto droghe procurandogli una profonda frustrazione ed ansia sarà imputato di tortura? Scherzo e provoco, ma non troppo.

Ma ciò che trovo aberrante, non faccio fatica a dirlo, è l’arbitrarietà con cui si circoscrive l’ipotesi di tortura mentale alla verificabilità di un trauma psichico, la persona offesa, al fine di comprovare il reato, sarà costretta a sottoporsi a perizia psichiatrica, che sappiamo essere quanto di più invasivo e comunque equivoco dal punto di vista probatorio, senza contare che i danni dell’anima non passano obbligatoriamente per il disturbo psichiatrico.

Infine, ma solo per motivi di spazio, l’introduzione nel reato di specie del dolo specifico, cioè la tortura deve essere finalizzata ad ottenere informazioni o dichiarazioni o infliggere una punizione ovvero in ragione dell’appartenenza etnica , dell’orientamento sessuale o delle opinioni politiche e religiose, al di fuori di questi casi, nel caso di violenza priva di motivazioni , esercitata al solo fine di incutere timore e creare terrore, non si rientrerà nelle ipotesi del reato di tortura. Pare assurdo? Si lo è.

La prescrizione sarà ordinaria, mentre è prevista la imprescrittibilità dei reati configurati in Convenzioni internazionali come è appunto la tortura, vista la difficoltà di questi processi ad essere effettuati in tempi normali, si pensi solo alle torture di cui si ha notizia solo dopo anni a causa di complicità, connivenze e depistaggi.

Insomma dopo 30 anni, dopo solleciti, diffide e condanne, abbiamo varato una norma che non prevede quanto richiestoci dagli Organismi Internazionali, che contraddice il dettato della Convenzione che abbiamo ratificato, che a mio modesto avviso, potrebbe essere dichiarata incostituzionale e che si dimostrerà probabilmente inutile per contrastare e punire il reato di tortura, quello vero.

Meglio di niente? No, non sono d’accordo. Se non verrà ritenuta incostituzionale, la legge c’è, ci diranno, non c’è bisogno di rivederla e migliorarla.
Se non ci siamo riusciti in 30 anni, sotto la minaccia di sanzioni, a scrivere un testo che doveva solo richiamare la Convenzione ONU, figuriamoci ora che la norma c’è, inutile e contraddittoria ma c’è, non ci si metterà più mano.
Un’altra riforma fatta, un altro fiore all’occhiello della campagna elettorale: l’importante è fare; il come continua a non essere importante.
Le riforme fatte male non sono solo inutili, sono dannose, impediscono quelle fatte bene.
Non sono meglio di niente, sono peggio di niente.

Nella foto di copertina: Le violenze del G8 di Genova

Commenti