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Mps, lascia Viola. I motivi dell’addio

Dopo quattro anni e mezzo, Fabrizio Viola si è dimesso da amministratore delegato di Mps. Il successore più accreditato è Marco Morelli, responsabile di Merrill Lynch in Italia.
Morelli dal 2006 al 2010 è stato vice Dg di MPS con responsabilità dell’area finanza. Banchiere con importanti esperienze internazionali, Morelli nei mesi scorsi era in corsa pure per carica di Ad di Unicredit, incarico poi andato a Jean-Pierre Mustier. I giornali lo indicano come manager gradito agli azionisti rilevanti della banca e a Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Acri, l’associazione delle fondazioni bancarie, che ha investito 500 milioni nel fondo Atlante. È stato fatto già rilevare che Morelli venne sanzionato dalla Banca d’Italia, insieme agli altri esponenti di MPS, con 208,5 mila euro di multa nel 2013 (il provvedimento è pubblicato nel sito della Banca d’Italia) per mancate o errate segnalazioni contabili dell’operazione FRESH (un intervento sul capitale per reperire risorse patrimoniali per l’acquisto di Antonveneta). A Morelli, peraltro, non è stato mosso alcun addebito nel procedimento penale su tutta la complessa vicenda relativa all’acquisto di Antonveneta.
Le qualità professionali di Morelli, specie nelle materie finanziarie, sono fuori discussione e da notizie rimbalzate sui media, sembra che sulla sua persona ci sia stato il via libera della Vigilanza europea.

Al di là delle polemica oggi MPS è una banca completamente diversa: la Fondazione col suo 1,5% delle azioni conta poco o nulla. Azionisti rilevanti della banca, a parte il 4,07% delle azioni del Tesoro, sono oggi fondi di investimento ed aziende estere. Alla fine quindi, il prescelto dovrà essere gradito a chi mette i soldi per il nuovo salvataggio di MPS (Jp Morgan, che garantisce l’aumento di capitale, i proprietari del fondo Atlante e naturalmente il Governo sia come azionista sia come garante, con le GACS, delle sofferenze da cedere sul mercato).

La sostituzione di Viola era nell’ordine delle cose, ma si pensava potesse avvenire dopo l’aumento di capitale previsto per fine anno (che slitterà a inizio 2017). Tra i possibili motivi dell’anticipato ricambio, la volontà di mostrare un rinnovamento e un segnale di cambiamento, dopo i precedenti aumenti per 8 miliardi. Lo stesso Viola – le cui qualità e correttezza sono unanimemente riconosciute – ha parlato dell’aumento di capitale come la fase finale di un lungo riassetto avviato nel 2012, che ha condiviso con l’ex presidente Alessandro Profumo, fino all’avvicendamento di quest’ultimo con Massimo Tononi.
L’operazione MPS ha una struttura complessa. Basata su impegni per un aumento di capitale fino a 5 miliardi e su garanzie pubbliche, è ancora da definire nei dettagli. Prima si dovrà chiudere l’aumento di capitale; a stretta successione la cartolarizzazione delle sofferenze. Il tutto entro il primo trimestre del 2017. Non si userà l’aiuto di Stato, pur consentito dall’articolo 32 della direttiva BRRD, e il nuovo capitale sarà è tutto a carico del mercato, azionisti vecchi e nuovi. I 5 miliardi di nuovo patrimonio serviranno: 1,2 miliardi per svalutare al 33% le sofferenze e circa 1 miliardo per svalutare ulteriormente le altre NPL meno rischiose al 60%. Altri 1,6 miliardi rappresentano l’equity piece (cioè le prime perdite, le obbligazioni junior) della cartolarizzazione che andranno agli azionisti (il mercato ritiene che si recupererà ben poco da queste). Questo primo passaggio consente, a cascata, di far sottoscrivere la tranche mezzanine al fondo Atlante al prezzo lordo di 32/33 su un niminale di 100 (oltre un interesse del 6% a titolo di remunerazione ed alle spese di recupero di questi crediti). I 6 miliardi netti di crediti senior (cioè i migliori) avranno la garanzia statale (GACS). Il recupero di questi è certo e lo Stato ci dovrebbe guadagnare il costo della garanzia.
Quindi, dell’aumento di capitale, 2,2 miliardi serviranno per pulire il bilancio dai crediti deteriorati (sofferenze + incagli) e 1,6 per le obbligazioni junior di cui si prevedono perdite. Il resto andrà a rafforzamento patrimoniale.
Nelle more, un prestito di 6 miliardi di Jp Morgan farà da “ponte” all’operazione.

Si è recentemente parlato di una ipotesi diversa dell’aumento di capitale, giudicato dal mercato molto oneroso. Si tratta, infatti, di una banca, valutata in borsa 750 milioni (pur con un patrimonio vicino ai 10 miliardi) che chiede 5 miliardi per essere risanata, troppi per chi ha già sborsato 8 miliardi di aumenti di capitale.
Questa seconda opzione, prevede il coinvolgimento volontario o forzoso di tutti o di parte degli obbligazionisti subordinati istituzionali e “retail” (circa 5 miliardi di valore nominale) che vedrebbero trasformati in azioni i loro titoli (le subordinate MPS, che hanno pagato ottime cedole ai proprietari, oggi sul mercato quotano attorno al 50% del valore nominale). Ove si attuasse la suddetta opzione avremmo, da una parte, una minore necessità di capitale ma, dall’altra, la protesta degli obbligazionisti, tra i quali i tantissimi piccoli risparmiatori, chiamati a suo tempo a sottoscriverle per 2 miliardi, anche in questo caso per finanziare l’acquisto di Antonveneta.

Nella foto di copertina: Fabrico Viola

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