
Negli Stati Uniti, dove la sanità è un diritto solo se sei ricco o il tuo crowdfunding ha successo
Traduzione dell’articolo di Barney Jopson pubblicato sul Financial Times con il titolo “Why are so many Americans crowdfunding their healthcare?” (11 gennaio 2018).
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Isabella Masucci entra a grandi passi nell’ospedale dopo una notte insonne. Porta con sé un sacchetto pieno dei suoi beni più preziosi e ha due cicatrici serpeggianti sulla testa calva. Invece del vestito da principessa che avrebbe voluto indossare, ha una maglietta e dei legging rosa. Rendono più facile l’accesso al tubo appeso a un catetere che entra nel suo torace e permette ai dottori d’iniettarle la dactinomicina nel cuore. È quasi il suo cinquantesimo giorno di chemioterapia. Isabella ha due anni.
Dieci mesi prima, dopo che aveva iniziato a manifestare problemi di equilibrio e attacchi di vomito, una TAC ha rivelato un cancro al cervello. I chirurghi hanno rimosso un tumore grosso come una palla da golf. Poi sono arrivate la radioterapia e la chemioterapia. Adesso Isabella è tornata in un ospedale della Florida per un altro giro. Sa dove andare, sa cosa fare, sa chi deve incontrare. “Dr Smith, Dr Smith”, cinguetta mentre cammina verso il centro di oncologia pediatrica. Di tanto in tanto le cade il sacchetto e i giocattoli si sparpagliano sul pavimento.
A raccoglierli ci sono i suoi genitori, stanchi. Per Claudia Koziner e Darren Masucci, l’ultimo anno è stato brutale. Ogni ciclo di chemioterapia comincia con gli urli della loro bambina mentre le viene infilato un ago nel petto. Una volta che il trattamento è concluso, spesso cede alle febbri e alle infezioni. Dormono per intere notti di fila all’ospedale.
Poi c’è la questione dei soldi. Negli Stati Uniti, dove la Sanità non è un diritto umano, ogni malattia seria comporta una crisi finanziaria. […] Per gli americani più fortunati, i costi sono coperti da assicurazioni sanitarie complete. Per gli altri milioni, questi costi sono un potenziale peso insostenibile. Dopo la diagnosi di Isabella, Koziner ha preso un congedo non retribuito per prendersi cura di sua figlia e la loro famiglia è diventata così a reddito unico. Lei e Isabella hanno però potuto continuare a usufruire dell’assicurazione sanitaria fornita dal datore di lavoro e, in questo modo, non si sono unite ai 28 milioni di americani che non hanno nessuna assicurazione sanitaria. Invece, fanno parte di un gruppo molto più ampio che è sottoassicurato. La famiglia paga 15.000 dollari ogni anno per un accordo di divisione dei costi con l’assicuratore e poi deve coprire di tasca sua tutto quello che l’assicurazione non copre, che siano iniezioni proteiche, test dell’udito o viaggi in ambulanza andata e ritorno che possono costare fino a 3.000 dollari.
I genitori in pensione di Koziner si erano offerti di vendere la casa per tirare su dei soldi, ma la coppia ha detto no. I loro amici li hanno spinti a chiedere aiuto agli altri. “Eravamo molto scettici” spiega Koziner. “Le persone sono strane quando si parla di soldi”. Alla fine hanno ceduto – e si sono uniti alle migliaia di famiglie americane che si sono rivolte al crowdfunding online per coprire i costi sanitari. Non avevano idea di quanto avrebbero potuto raccogliere. “Pensavo 10.000 dollari” mi dice Masucci. Infatti, come spiega Koziner, “Abbiamo fatto 20.000 dollari in un giorno o due”.

Adesso sono arrivati a 109.245 dollari. La loro pagina su YouCaring, una piattaforma per raccogliere fondi per cause personali, ha avuto 9.000 condivisioni sui social media e più di 1.000 donatori. Le donazioni sono state di dieci, venti, centinaia di dollari. Koziner ha visto arrivare le donazioni dagli ex studenti della sua scuola superiore in Argentina. Una donna di Dubai ha interrotto la sua visita a Disney World per consegnare loro giocattoli e olii essenziali in ospedale. “La maggior parte delle volte non sappiamo chi sono queste persone”, dice Koziner.
Non sono i soli ad affidarsi alla gentilezza degli sconosciuti. YouCaring ha aiutato i propri utenti a raccogliere più di 900 milioni dal 2011 e il suo successo sta crescendo, con circa 400 milioni di dollari arrivati nell’ultimo anno. L’azienda dice che circa la metà delle 350.000 campagne attive sono legate alla sanità e la categoria che cresce più velocemente è la raccolta fondi per il cancro.
Per Isabella e i suoi genitori, il crowdfunding ha alleviato la pressione fiscale in un periodo di agonia. “Il punto è che, almeno, se in un momento come questo non dobbiamo preoccuparci dei soldi, è una cosa importante”, spiega Koziner. “Non so nemmeno come faremmo senza”. Ma la diffusione del crowdfunding è anche un sintomo di un problema tipicamente americano: un sistema sanitario fallimentare e costoso, che offre fra le cure migliori del mondo a coloro che se le possono permettere, mentre costringe milioni di altri o a sprofondare nei debiti o a non curarsi.
L’aumento delle raccolte fondi online per le spese mediche ha conseguenze preoccupanti e replica alcune delle disuguaglianze che già dividono il paese, costringendo le persone a competere per i fondi.
“Mi ricordo il giorno in cui abbiamo aperto la nostra pagina su YouCaring. Per me è stato devastante”, spiega Koziner. “Perché adesso il mondo sapeva che mia figlia aveva il cancro. Non stai solo chiedendo soldi. Stai dicendo alle persone cosa c’è che non va”. Masucci dice che sono finiti a fare cose non avrebbero mai fatto. “Certo, abbiamo raccolto una buona quantità di soldi attraverso il sito YouCaring e di questo ne siamo grati, ma dovrebbe essere così”?
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La raccolta di fondi online è iniziata nei tardi anni ’90 come un modo per musicisti e registi di raccogliere soldi dai fan. Nel giro di un decennio ha iniziato a essere utilizzato per cause personali. I fondatori di GoFundMe, leader nel settore, inizialmente pensavano di aiutare gli utenti a pagarsi le vacanze e i matrimoni. Ma nel 2009 hanno cominciato a rendersi conto che le persone stavano utilizzando il sito soprattutto per gestire crisi, incluse le emergenze mediche. Hanno abbracciato la tendenza. L’azienda adesso si è autonominata “Il sito n° 1 al mondo per le raccolti fondi mediche” e dichiara di aver raccolto, nel mondo, dal 2010, 5 miliardi per i suoi utenti.
Non dovrebbe essere una sorpresa che la sanità ha fornito un territorio fertile. Il crowdfunding sta crescendo anche nel Regno Unito, in Australia e in Canada, ma in genere è confinato a trattamenti non coperti dai sistemi sanitari pubblici. Negli Stati Uniti di solito si utilizza per pagare i trattamenti base. La sanità americana è un grosso business e gli Stati Uniti spendono più di ogni altra nazione, tuttavia è l’unico paese sviluppato che non ha un sistema sanitario universalistico. Nel 2013, un quinto della spesa delle famiglie è stato utilizzato per motivi sanitari, mentre – secondo Eurostat – in Unione Europea la spesa è del 4%.
Nonostante ciò, gli americani sono in condizioni di salute peggiore. Prendendo in considerazione misure come l’aspettativa di vita e la mortalità infantile, in uno studio dell’anno scorso del Commonwealth Fund, gli Stati Uniti si sono posizionati all’ultimo posto per i risultati nel settore sanitario fra undici paesi ad alto reddito.
Il complesso medico-industriale, plasmato da decenni di politiche fondate sulla convinzione che il privato sia meglio del pubblico, è tanto vasto quanto incoerente. Per molti pazienti, è sinonimo di disfunzioni e spese ingestibili. Secondo un sondaggio di Gallup dello scorso dicembre, il 72% degli americani è convinto che il sistema sanitario americano “abbia grossi problemi” o sia “in uno stato di crisi”. […] Secondo Daniel Austin, professore di legge della Northeastern University, dal 2005 al 2013 le spese mediche sono state la principale causa di bancarotta dei consumatori statunitensi. […]
È allettante vedere il crowdfunding come un nuovo tipo di filantropia, che riempie i buchi lasciati dalle mancanze di una sanità guidata dal profitto. Ma non è così semplice. Il crowdfunding non è l’antitesi del mercato. È competitivo a pieno titolo – un mercato della compassione dove la malattia è in vendita.
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A Claudia Koziner viene da piangere quando le chiedo dei post sulle condizioni di salute di Isabella e sulle sue emozioni. “Sono sempre stata una persona molto riservata e così la mia famiglia”, dice, con la voce che le si rompe. […] La privacy è una cosa che i fundraiser di successo devono sacrificare. YouCaring consiglia di pensare a quali parti delle loro storie “genereranno empatia”; di offrire dettagli precisi e riflessioni personali; di pubblicare foto in alta risoluzione; di fornire aggiornamenti costanti.
Koziner capisce cosa funziona. Fa live di Facebook dall’ospedale e conclude i suoi frequenti post con hashtag utilizzabili come #isabellastrong. “Non metto tutto, sinceramente”, mi spiega. “Devi mescolare un po’: inserire il divertimento, la felicità, l’ottimismo, perché se no diventa tutto troppo deprimente”.
Altri non sono a loro agio con la necessità di fare self-marketing. “Devi far passare il messaggio che sei un soggetto che si merita le donazioni. È la commercializzazione, la mercificazione della tua malattia”, commenta Jeremy Snyder, un professore associato della Facoltà di Scienze della Salute della Simon Fraser University in British Columbia. Il business della salute ha trasformato i malati in consumatori. Adesso il crowdfunding sta trasformando i pazienti in prodotti.
Non tutti i prodotti, però, però trovano un mercato. Gli accademici della University of Washington Bothell che hanno studiato 200 campagne mediche di GoFundMe hanno scoperto che 9 su 10 non hanno raggiunto l’obiettivo, che andava da 310 dollari a 100.000. In media hanno raccolto appena sopra il 40% della quantità di denaro che cercavano. 7 non hanno raccolto proprio nulla. Lo scorso novembre, Bernie Sanders, l’ex candidato democratico alle primarie presidenziali, ha messo in evidenza la storia di un ragazzo diabetico, Shane Patrick Boyle, che è morto dopo che la sua campagna su GoFundMe per pagarsi l’insulina non ha raggiunto l’obiettivo necessario per 50 dollari. […]
Nonostante le piattaforme di crowdfunding permettano a chiunque ha una connessione internet di raccontare la propria storia, non c’è nessuna garanzia che il loro messaggio venga ascoltato – o che attragga donatori. […] Le campagne tendono ad andare bene quando i pazienti hanno problemi sanitari nella media con cure comprensibili. Funzionano meno le malattie terminali o le condizioni croniche come i problemi cardiaci, perché manca la promessa del lieto fine.
Il crowdfunding rischia inoltre di perpetuare le disuguaglianze già esistenti. Le persone che stanno bene economicamente possono fare affidamento su un network di amici che stanno altrettanto bene economicamente e che hanno soldi da donare nei momenti di crisi. Le persone povere tendono ad avere legami con altre persone povere che hanno meno da donare. Kenworthy e la co-ricercatrice Lauren Berliner avvertono che i risultati possono anche venire distorti da nozioni pregiudiziali sulla “meritevolezza”, basate su razza, classe e status migratorio. “Il crowdfunding sembra essere più adatto alle persone che fanno parte di un gruppo sociale dominante e che stanno passando un momento difficile”, spiega Kenworthy. […]
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La fila inizia prima delle 3 di mattina su Baltimore street. Spinti su delle carrozzine o spingendo dei deambulatori […], un centinaio di persone con carie, cataratte, pressione alta e diabete formano una fila fuori dal centro congressi. Vengono da strade vicine e da città decadenti lontane due ore di macchina.
Prima della diffusione del crowdfunding online, le organizzazioni di beneficienza che forniscono assistenza sanitaria gratuita erano una delle migliori speranze di cura per le persone senza o con un’assicurazione limitata. Il gruppo in azione a Baltimora è Remote Area Medical, una no profit che si occupa di cliniche mobili dal 1985, quando venne fondata da un inglese di nome Stan Brock. […]
Un paziente, Roosevelt Boone, si ferma a parlare alla fine di una visita dentistica. Ma ha una preoccupazione ben più grossa dei suoi denti: ha bisogno di un trapianto di reni. […] Mi dice che ha preso in considerazione il crowdfunding ma poi ha rinunciato all’idea. “Prima di tutto, non voglio esporre la mia vita al mondo intero”, spiega. “Secondo, è anche una questione di ego, perché non voglio dare l’idea di star chiedendo l’elemosina”.
La copertura parziale dell’assicurazione sanitaria di Boone riflette un quadro più ampio negli Stati Uniti. Metà della popolazione ha assicurazioni private fornite dai datori di lavoro, e il 7% ha piani comprati individualmente […]. I programmi governativi per i poveri, gli anziani e i veterani coprono circa il 35% della popolazione. Il 9% non ha nessuna assicurazione, o perché non può permettersela o perché non la vede come una priorità. Secondo il Commonwealth Fund, nel 2016, 3 americani su 10 in età da lavoro erano sottoassicurati […] – 41 milioni di persone.

Nella coda all’esterno, Jan Nixon, 57 anni, è seduta su una sedia a rotelle con una borsa in grembo. Si è rotta la caviglia ma non ha i 2.000 dollari necessari per pagare il 20% dei costi dell’operazione che la Medicare non copre. La sua obiezione al crowdfunding riguarda le commissioni addebitate dalle aziende. “Puoi avere un sito gratuitamente. Vero? E allora perché fai pagare per la tua idea?”, chiede Nixon. “Perché devi guadagnare sul mio bisogno? Perché devi beneficiare del mio bisogno? Vuoi guadagnare un po’ di soldi perché sono povera?”.
GoFundMe prima tratteneva il 5% delle donazioni, ma per quanto riguarda le campagne personali ha smesso di farlo. Adesso imita YouCaring, che addebita una commissione del 2,9% sulla quantità di soldi raccolta più 0,30 centesimi di dollaro, mentre incoraggia i donatori a lasciare una “mancia”.
Nixon è una delle circa 39.000 persone che Remote Area Medical ha visitato in 76 diverse cliniche nel 2017. Di tanto in tanto, pazienti riconoscenti offrono allo staff una banconota accartocciata da un dollaro, mi dice Brock, e “la rifiutiamo categoricamente”. L’organizzazione viene sostenuta da donazioni annuali di circa 3 milioni, in piccole offerte provenienti dai cittadini. Il successo del crowdfunding, tuttavia, mostra che ci sono donatori che cercano qualcosa di diverso. […]
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Una ricerca del Pew Research Center mostra che un crescente numero di americani – adesso il 60% – crede che sia responsabilità del governo federale di assicurare che tutti abbiano la copertura sanitaria.
Ma Donald Trump si sta muovendo nella direzione opposta.
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(Foto di copertina: BuzzFeed News / Getty Images)