Sono, da sempre, contrario alle “privatizzazioni” di qualunque tipo di “rete” (tutte: quella idrica, quella del gas, dei telefoni, elettrica, e così anche quella stradale); oltre a questo, credo che lo Stato debba, una volta compiuto il “male” (la privatizzazione, nel mio modo di vedere), esercitare un controllo – serio e severo, nell’interesse pubblico – sulle attività svolte dal Concessionario o dalla Società che ha acquisito il possesso o la gestione di una Rete, in primo luogo quelle dalle quali può dipendere la sicurezza dei cittadini; e sono convinto che, nel caso di gravi inadempienze, debbano essere comminate sanzioni proporzionate, fino addirittura – in ultima istanza: e non certo per dichiarazione preventiva, mediaticamente espressa – alla riappropriazione, da parte pubblica, della Rete in questione. Est modus in rebus, dicevano i padri antichi: c’è un modo per fare le cose, che varia a seconda dei casi e delle circostanze. Anche questo è lo “Stato di diritto“.
Detto questo: sono contrario alle guasconate ed alle improvvisazioni, che sono quello che stanno facendo Di Maio, Salvini e lo stesso Conte (che, oltretutto, è un docente universitario di diritto privato, e deve perciò essere ben al corrente dei tempi e dei modi che devono essere osservati, che devono rispondere a codici e procedure e non alle emozioni abilmente, ed un po’ cinicamente, sfruttate). Non bisogna dimenticare che viviamo, occorre ricordarlo?, in un sistema di tipo capitalistico, nel quale la proprietà anche privata (cioè basata sul diritto privato) è spesso anche “pubblica“, nel senso che ad essa partecipano non soltanto i grandi capitalisti ma anche i risparmiatori “popolari“, appartenenti al popolo anche “minuto“; di conseguenza, certi annunci – sparati senza evidente meditazione ed a fini apparentemente di protezione del pubblico ma in realtà, o anche, dettati da intenti propagandistici: l’anima del “populismo” si rivela in ogni circostanza – possono trascinare in basso e fino alla rovina delle società quotate in Borsa, con un danno economico che può assumere dimensioni anche catastrofiche per gli “azionisti”, che sono non soltanto coloro che detengono la quota di controllo (nel caso specifico, la certamente ricca famiglia Benetton) ma anche sottoscrittori popolari di, ad esempio, fondi di investimento (nei quali pensionati o lavoratori di qualunque livello hanno investito quote modeste o modestissime, perché i soldi in banca non fruttano niente ed allora si cerca almeno di non far deprezzare il capitale, talvolta piccolissimo, di cui si dispone) che, all’insaputa degli stessi sottoscrittori dei fondi, possono aver investito in quella società che viene esposta alla bufera e quindi ne può subire forti danni per caduta del valore delle azioni e perdita del capitale (con ripercussioni immediate sul “fondo” che in essa aveva investito, e perciò sui sottoscrittori del fondo stesso), prima ancora che le responsabilità vengano seriamente indagate ed eventualmente dimostrate ed addebitate a chi di competenza.
Le cose serie, come questa immane tragedia – della quale non si è ancora definita la portata reale, che va molto al di là del pur evidente e devastante danno in termini di perdite umane e di cose -, vanno affrontate in modo serio (risoluto, ma serio) da persone serie: non come si sta facendo. Ma, appunto, questo passa questo Governo.
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Foto di copertina: Il Premier Conte (al centro), ai lati i vicepremier Di Maio e Salvini
Responsabilità, decisione, serietà: le tragedie lo richiedono
Sono, da sempre, contrario alle “privatizzazioni” di qualunque tipo di “rete” (tutte: quella idrica, quella del gas, dei telefoni, elettrica, e così anche quella stradale); oltre a questo, credo che lo Stato debba, una volta compiuto il “male” (la privatizzazione, nel mio modo di vedere), esercitare un controllo – serio e severo, nell’interesse pubblico – sulle attività svolte dal Concessionario o dalla Società che ha acquisito il possesso o la gestione di una Rete, in primo luogo quelle dalle quali può dipendere la sicurezza dei cittadini; e sono convinto che, nel caso di gravi inadempienze, debbano essere comminate sanzioni proporzionate, fino addirittura – in ultima istanza: e non certo per dichiarazione preventiva, mediaticamente espressa – alla riappropriazione, da parte pubblica, della Rete in questione. Est modus in rebus, dicevano i padri antichi: c’è un modo per fare le cose, che varia a seconda dei casi e delle circostanze. Anche questo è lo “Stato di diritto“.
Detto questo: sono contrario alle guasconate ed alle improvvisazioni, che sono quello che stanno facendo Di Maio, Salvini e lo stesso Conte (che, oltretutto, è un docente universitario di diritto privato, e deve perciò essere ben al corrente dei tempi e dei modi che devono essere osservati, che devono rispondere a codici e procedure e non alle emozioni abilmente, ed un po’ cinicamente, sfruttate). Non bisogna dimenticare che viviamo, occorre ricordarlo?, in un sistema di tipo capitalistico, nel quale la proprietà anche privata (cioè basata sul diritto privato) è spesso anche “pubblica“, nel senso che ad essa partecipano non soltanto i grandi capitalisti ma anche i risparmiatori “popolari“, appartenenti al popolo anche “minuto“; di conseguenza, certi annunci – sparati senza evidente meditazione ed a fini apparentemente di protezione del pubblico ma in realtà, o anche, dettati da intenti propagandistici: l’anima del “populismo” si rivela in ogni circostanza – possono trascinare in basso e fino alla rovina delle società quotate in Borsa, con un danno economico che può assumere dimensioni anche catastrofiche per gli “azionisti”, che sono non soltanto coloro che detengono la quota di controllo (nel caso specifico, la certamente ricca famiglia Benetton) ma anche sottoscrittori popolari di, ad esempio, fondi di investimento (nei quali pensionati o lavoratori di qualunque livello hanno investito quote modeste o modestissime, perché i soldi in banca non fruttano niente ed allora si cerca almeno di non far deprezzare il capitale, talvolta piccolissimo, di cui si dispone) che, all’insaputa degli stessi sottoscrittori dei fondi, possono aver investito in quella società che viene esposta alla bufera e quindi ne può subire forti danni per caduta del valore delle azioni e perdita del capitale (con ripercussioni immediate sul “fondo” che in essa aveva investito, e perciò sui sottoscrittori del fondo stesso), prima ancora che le responsabilità vengano seriamente indagate ed eventualmente dimostrate ed addebitate a chi di competenza.
Le cose serie, come questa immane tragedia – della quale non si è ancora definita la portata reale, che va molto al di là del pur evidente e devastante danno in termini di perdite umane e di cose -, vanno affrontate in modo serio (risoluto, ma serio) da persone serie: non come si sta facendo. Ma, appunto, questo passa questo Governo.
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Foto di copertina: Il Premier Conte (al centro), ai lati i vicepremier Di Maio e Salvini
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Franco Bianco
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