“Due referendum, incautamente voluti e personalizzati dai due giovani Primo Ministro Britannico (ormai ex) e Italiano (a forte rischio) possono minare le fondamenta della costruzione europea. In Gran Bretagna emergono le prime difficoltà. Le trattative con la UE per la “separazione” inizieranno solo dopo che, all’inizio del 2017, verrà attivata la procedura di recesso e quindi l’uscita è rinviata almeno al 2019.
Alcuni sostenitori della Brexit ritenevano che il miglior modo di uscire dall’Unione mantenendo i vantaggi del mercato unico fosse di unirsi al club Efta (Norvegia, Islanda, Svizzera e Liechtenstein). Sull’argomento c’è già la contrarietà del governo norvegese, espressa dal ministro Elizabeth Vik Aspaker, in quanto l’entrata nel gruppo di un grande paese come la Gran Bretagna ne muterebbe gli equilibri, comportando una lunga fase di rinegoziazioni dei trattati commerciali nell’interesse britannico
Quanto agli effetti sull’economia, la sterlina si è svalutata fino al 14% sull’euro e del 12,5% sul dollaro. Ciò aiuta le imprese esportatrici e il turismo, ma fa salire il costo delle importazioni con un effetto sull’inflazione già salita a luglio allo 0,6%. Più forte l’ascesa dei prezzi al dettaglio (1,9%). Sul ribasso della sterlina hanno scommesso gli “hedge funds”, spinti anche da previsioni che danno la parità con l’euro entro 18 mesi.
Le attese sono per un calo della crescita economica già quest’anno, anche se per ora i dati sull’occupazione restano positivi. Immediata la forte frenata nelle vendite immobiliari, nonostante la discesa dei prezzi, a luglio di un ulteriore 5%. Secondo Bloomberg si starebbero materializzando i temuti effetti negativi sul mercato immobiliare.
La Brexit rappresenta un cambio strutturale nel sistema economico britannico; in tale contesto il taglio dei tassi di interesse allo 0,25% disposto dalla Bank of England (BOE), unito ad un quantitative easing importante, si è reso necessario per affrontare i problemi di breve termine. Non è escluso un ulteriore taglio entro la fine del 2016.
La caduta della sterlina ha fatto aumentare del 4,3% i prezzi dei fattori produttivi in luglio, dopo un calo dello 0,5% in giugno. Particolarmente pronunciato l’incremento dei prodotti alimentari importati (+10,2%).
Le previsioni degli analisti convergono su una inflazione che raggiungerà il 2% entro fine anno, per salire al 3% nel 2017. Sul piano dell’occupazione si preannunciano grossi tagli nel settore finanziario (il gruppo Lloyds, ad esempio, taglierà 3 mila posti di lavoro) ed in quello dei servizi (compagnie aeree in primis).
Anche il mondo accademico italiano soffre per la Brexit. Un gran numero di ricercatori e docenti che lavorano nelle università del Regno Unito stanno chiedendo di ritornare in Italia. Europa, infatti, significa fondi europei e quindi ossigeno per le università inglesi. Nell’incertezza, gli stranieri, e gli italiani, cercano impiego altrove e in patria. Di qui l’interrogativo cruciale: l’Italia è pronta a ricevere questi ex cervelli in fuga?
Se per la Gran Bretagna la Brexit ha già rappresentato un terremoto politico con l’uscita o il ridimensionamento dei tre principali protagonisti (Cameron, Farage e Corbyn), sul piano economico gli effetti saranno meno gravi, potendo vantare il Regno Unito un basso livello di debito pubblico, un deficit accettabile ed una ampia flessibilità nelle norme sull’impiego.
Ben più gravi sarebbero invece gli effetti di una analoga crisi politica nel nostro Paese: decrescita, debito pubblico alle stelle, crisi bancarie.
Il referendum sulla riforma della costituzione per Wall Street Journal è addirittura più importante di quello del Brexit. WSJ mette l’Italia al centro della crisi europea: per ragioni di stagnazione economica, e non solo. L’analisi è condivisa dalle principali testate economiche internazionali, che vedono l’Italia come l’anello debole della crescita europea. Le soluzioni proposte da WSJ sono in linea con le volontà espresse dal Governo Renzi: ottenere da Bruxelles una flessibilità più ampia, per lanciare una robusta manovra di bilancio a favore della crescita.
New York Times, invece, fa una analisi sul rischio di instabilità politica italiana descrivendo i seguenti quattro scenari sull’esito del referendum, tre dei quali negativi:
1) Il referendum viene bocciato, Renzi si dimette, il Senato non cambia. La legge elettorale diventa proporzionale, si va a nuove elezioni, con Camera e Senato in mano a maggioranze diverse. Risultato: ingovernabilità;
2) vince il NO, Renzi sopravvive alleandosi con Forza Italia per cambiare la legge elettorale prima delle elezioni del
2018. Un governo simile, secondo NYT, trascurerà l’economia e farà crescere il consenso per il Movimento 5stelle, fautore di un referendum sull’euro;
3) l’unico scenario positivo: vince il SI; il Governo riesce a riformare la giustizia e la pubblica amministrazione, sistemando le sofferenze bancarie.
4) lo scenario da incubo; una vittoria del SI con l’economia che non riprende e le banche non risanate: il M5S vincerà nel 2018; con la costituzione riformata e la legge elettorale vigente, governerà senza limiti