Serena Spinelli: Abbracci sì, ma per un Paese più giusto
Dell’abbraccio tra Pisapia e Boschi, in sé per sé, m’importa poco. Sono rimasta in silenzio, ma ho comunque letto, parlato e osservato. Poi rispondendo a un caro amico e compaesano – ma non più compagno di partito – ho messo in fila un po’ di cose. Mi pare giusto condividerle.
Sul ‘tanto discusso’ saluto tra l’ex sindaco di Milano e l’ex ministro delle riforme del governo Renzi, poche sera fa, alla Festa de l’Unità di Milano, c’è stato un investimento mediatico che va ben oltre i fatti. Un lavoro ad arte di inquinamento dei pozzi.
Dentro e fuori Articolo Uno si è aperto un dibattito acceso. Non tanto per l’abbraccio, quanto per ciò che Pisapia ha detto dal palco della festa – “qui mi sento a casa” – e poi ribadito, anzi rafforzato, nelle dichiarazioni dei giorni successivi. Tanti militanti sono rimasti colpiti, persino feriti, nel sentire liquidate le proprie perplessità come fantasmi dell’antirenzismo, frutto di una visione passatista.
Con Articolo Uno abbiamo riacceso la speranza e la voglia di partecipare in tante persone. Prova ne sono le decine di feste in corso e in programma in tutta Italia. Lo scorso fine settimana, un caldo fine settimana di luglio, a Impruneta, nel Chianti, alla festa organizzata dalle forze della sinistra del territorio hanno partecipato un centinaio di persone a sera. Chi è venuto per dare una mano, in cucina, ai tavoli o per allestire, chi ad ascoltare il dibattito per poi intervenire. La partecipazione popolare e spontanea che in pochi mesi è cresciuta attorno ad Articolo Uno è qualcosa di straordinario, difficilmente paragonabile. Trovo soprattutto in questo entusiasmo la spinta e la ragione di andare avanti nella costruzione di una forza di sinistra.
Lasciare il Pd per molti è stato difficile ma inevitabile. Un passo che ha richiesto decisione e coraggio; specialmente per chi nel Pd aveva creduto, militato, sentendosi a casa fino a quando non ha assistito coi propri occhi alla degenerazione del progetto.
Adesso c’è un popolo che chiede non tanto una lista e un’unità fittizia a sinistra, ma di ricostruire il Paese. Attraverso un nuovo modello di sviluppo, che non lasci indietro i diritti, che rimetta al centro l’ambiente, la sanità e il sociale, la scuola. Un progetto che con chiare proposte sia in grado di ridurre le disuguaglianze, sempre più acute e pericolose. Di fronte a situazioni radicali occorrono rimedi radicali. È nostro compito trovarli.
A Giuliano Pisapia abbiamo chiesto di costruire insieme un’idea di Paese e non solo. A maggio scorso, durante ‘Fondamenta’, a Milano, abbiamo gettato le basi programmatiche sui temi più stringenti: lavoro, scuola, ambiente, sviluppo, welfare, infrastrutture… Un programma da far crescere con idee e contributi, in grado di aprirsi al confronto con quel largo mondo della sinistra, con quelle tante persone che non hanno più un interlocutore politico e si rifugiano in gran parte nell’astensione – ma pensiamo anche a quel 28% degli elettori del M5S che si definisce di sinistra.
Abbiamo proposto un progetto ambizioso, ma necessario, proprio per arginare una destra sempre più forte e non contenibile da sigle che poco dicono se non parlano di cosa vogliono fare; come quando si continua a fare riferimento a un “centrosinistra” astratto e senza anima. Evocare il centrosinistra non è bastato neanche nelle recenti amministrative, quando il nuovo record di astensione ha spianando la strada alla destra.
Sentiamo l’urgenza di metterci al lavoro. Nei territori non abbiamo perso tempo. Sono tante le iniziative che come forze di sinistra portiamo avanti unitamente. Abbiamo organizzato spazi di dibattito politico mettendo da parte rapporti di forza in termini di eletti e militanti. Ci vuole generosità e come Articolo Uno la stiamo esprimendo. Stiamo rimettendo insieme un popolo che ha voglia di partecipare e lottare per una società che dia a tutti la possibilità di accesso ai servizi, alla sanità, all’istruzione, al lavoro.
Ora chiediamo a Pisapia di esserci davvero, di allargare senza veti. Gli stessi veti che non mettiamo quando allestiamo iniziative nei territori. Chiediamo a Pisapia di espandere il progetto sulla base di idee a disposizione della discussione. Solo così possiamo superare la sterile disquisizione su un partito del 3%, tra sinistra identitaria e di governo, e sulle formula di centrosinistra o di sinistra centro.
Il Pd il suo congresso lo ha fatto. Ha vinto una linea precisa. Non c’era spazio per una visione diversa prima, le cose non cambieranno ora. Per questo a molti, dentro e fuori Articolo Uno, appare assurdo e persino controproducente continuare ad alludere al Pd come principale interlocutore. Non tanto per le personalità che lo rappresentano, quanto per le politiche portate avanti in questi anni rispetto alle quali serve un cambio di rotta radicale.
Le persone che incontriamo, i tanti militanti e simpatizzanti, ci chiedono di essere alternativi e sfidanti rispetto alle politiche degli ultimi anni, senza alcuna subalternità politica e culturale. A questo popolo non possiamo ogni giorno proporre cose diverse e poco chiare. Non possiamo e non vogliamo. Per questo alcune dichiarazioni e gesti vengono letti con tanta apprensione e provocano dei riflessi a cui ci viene posto di rispondere con nettezza.
A coloro che hanno il compito di ‘guidare’ questo processo va il dovere di rappresentare questo bisogno. Niente fantasmi: urgenza d’aria nuova. Chi sta guardano a noi con interesse, e con comprensibile attesa, ci chiede anzitutto di tracciare una strada e non viuzze difficilmente percorribili.
Per stare insieme serve condividere sia il punto d’arrivo sia il percorso. L’idea di una proposta politica calata dall’alto, la già sperimentata ricetta per un buon centrosinistra, difficilmente può suscitare entusiasmi e raccogliere la fiducia e il consenso del popolo che vogliamo rappresentare.
Serve una Costituente di tutte le forze di sinistra. Un luogo aperto a tutte le energie intenzionate a prendere parte a questo percorso; in cui anteporre le priorità da affrontare, le energie su cui investire. Questo ci permetterà di andare avanti e di finirla con polemiche su nomi, scioglimenti e abbracci vari. Quando troveremo il modo e le proposte con cui proporre alle persone una società più giusta, non occorreranno veti, ma scegliere dalla parte di chi stare. Se dei pochi o dei tanti.
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Nella foto di copertina: Serena Spinelli, in piedi, a uno dei tavoli della conferenza di programma di Art. Uno Firenze