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L’Argine mondo: il PSOE come il Pasok?

MASSA E POTERE. DA SPONDA A SPONDA.

Secondo un sondaggio pubblicato ieri da El País, le elezioni in Spagna del 26 giugno vedrebbero questi risultati: PP primo con il 29,2% di voti, Unidos Podemos (ossia la nuova formazione nata dalla fusione di Podemos e Izquierda Unida) al 25,6%, il PSOE terzo con il 21,2% e Ciudadanos quarto con il 14,6%. Il dato fondamentale è che tutti i principali partiti spagnoli crescono – chi in misura maggiore, chi in misura minore – al di fuori del partito socialista di Pedro Sánchez, che viene sorpassato dalla formazione guidata da Pablo Iglesias. Assisteremo anche in Spagna, come in Grecia, alla pasokizzazione di una forza socialista? (El País)

Obama il pacificatore. Dopo un incontro con Bernie Sanders alla Casa Bianca, per distendere gli animi in seguito alla vittoria della Clinton alle primarie democratiche, il Presidente degli Stati Uniti endorsa ufficialmente Hillary: “Sono con lei. Non vedo l’ora di andare in giro e fare campagna per Hillary”. E Sanders dichiara che la incontrerà presto per vedere come lavorare insieme per sconfiggere Trump. E – rilancia – “per formare un Governo che rappresenti tutti noi e non solo l’1%”. Fronte unito contro Trump, quindi, ma senza dimenticarsi degli ultimi, di quel 99% a cui il socialista senatore del Vermont si è sempre rivolto. (The Guardian)

DA ORIENTE A OCCIDENTE. GUERRA ED ECONOMIA.

La città siriana di Daraya, in mano ai ribelli, riceve i suoi primi aiuti umanitari in quattro anni e, subito dopo, viene colpita da 28 barrel bomb. L’ONU calcola che ci sono attualmente 592.700 persone che vivono sotto assedio, in Siria, e che la maggior parte – circa 452.700 persone – siano asserragliate dalle forze governative. (Al Jazeera)

Israele. Sono quattro i morti nell’attentato, rivendicato e festeggiato da Hamas, al centro commerciale di Tel Aviv e sedici i feriti. Mentre ieri è stato arrestato il terzo sospetto. Per tutta risposta, il governo israeliano ha aumentato i soldati in Cisgiordania e revocato i permessi di accesso allo stato d’Israele a 80.000 palestinesi, eccezion fatta per casi medici o umanitari. Il nuovo ministro della Difesa, appartenente all’estrema destra, Avigdor Lieberman, annuncia una risposta durissima agli attacchi, e il viceministro, Eli Ben-Dahan, minaccia ritorsioni l’intero villaggio degli assalitori: «La vita a Yatat non potrà più essere quella di sempre». Risposte che sono destinate a esarcebare sempre più la situazione. (The Guardian)

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