La lezione di Gramsci messa in pratica da Jeremy Corbyn
Traduzione dell’articolo di George Eaton pubblicato sul New Statesman con il titolo “Why Antonio Gramsci is the Marxist thinker for our times” (5 febbraio 2018).
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Al processo di Antonio Gramsci nel 1928, il pubblico ministero fascista dichiarò: “Dobbiamo impedire che questo cervello funzioni per i prossimi 20 anni”. Gramsci, ex-leader del Partito Comunista Italiano e un giornalista e teoretico marxista molto dotato, fu condannato a due decenni di carcere dal governo fascista di Benito Mussolini.
Tuttavia, la reclusione segnò la fioritura, piuttosto che la decadenza, del pensiero di Gramsci. Questi s’imbarcò in un’epica ricerca intellettuale con lo scopo di costruire un’eredità duratura. I suoi Quaderni del carcere comprendono 33 volumi e 3.000 pagine di storia, filosofia, economia e strategia rivoluzionaria. Nonostante gli fosse permesso scrivere, a Gramsci era negato l’accesso ai testi marxisti ed era costretto a utilizzare un codice per aggirare i censori della prigione. Nel 1937, essendogli state negate cure mediche adeguate per molto tempo (gli caddero tutti i denti ed era incapace di digerire cibi solidi), Gramsci morì, all’età di 46 anni.
Nonostante ciò, è riuscito a ottenere l’immortalità intellettuale che cercava. I Quaderni del carcere di Gramsci furono portati via segretamente da sua cognata Tatiana e pubblicati in Italia dal 1948 al 1951. In seguito, negli anni ’70, il lavoro di Gramsci venne tradotto in francese, tedesco e inglese e diventò l’influenza principale per gli eurocomunisti anti-stalinisti. Gramsci adesso è citato costantemente dai commentatori, che ricordano il suo aforisma più memorabile (“Il pessimismo dell’intelligenza, l’ottimismo della volontà”) e la sua descrizione degli anni ’30: “La crisi consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati”. […]
Il concetto gramsciano distintivo è quello di egemonia. Con “egemonia” si denota un livello di dominazione politica che va ben oltre il controllo di uno Stato o di un parlamento e si estende fino alla sfera della cultura e delle idee. Gramsci s’interrogò sul perché alla rivoluzione russa del 1917 non ne erano seguite altre nell’Europa occidentale. Trovò la risposta nella persistenza delle idee capitaliste fra le istituzioni della società civile (partiti politici, sindacati, chiesa, i media). Come scrisse: “Lo Stato era solo una trincea avanzata, dietro cui stava una robusta catena di fortezze e di casematte”.
Non fu sufficiente – sosteneva Gramsci – per i rivoluzionari intraprendere solo una “guerra di movimento” (come fecero i bolscevichi con la presa dello Stato russo), dovevano combattere una “guerra di posizione”: una lunga lotta sul terreno della società civile con lo scopo di cambiare quello che l’intellettuale chiamava il “senso comune” (o la “filosofia dei non filosofi”).
Alla fine degli anni ’70, fu tramite la lente dell’egemonia che la rivista Marxism Today analizzò l’ascesa del thatcherismo. L’ex direttore Martin Jacques e lo scomparso teorico culturale Stuart Hall riconobbero che la nuova destra era impegnata in un progetto volto non solo a vincere le elezioni, ma anche a ridefinire il “senso comune”. Come mi ha detto Jacques: “La maggior parte dei leader politici non cercano di stabilire un’egemonia. L’esperimento della Thatcher fu estremamente inusuale”.
Hall sottolineò l’incessante diffusione, da parte di questo movimento, della “competizione e responsabilità personale per l’impegno e la ricompensa, l’immagine di un individuo sopratassato, snervato dalle coccole del welfare”. Come ribadì la stessa Thatcher nel 1981: “L’economia è il metodo; l’obiettivo è cambiare l’anima”. Nonostante da allora la destra abbia utilizzato il concetto flessibile e duraturo di egemonia, le politiche gramsciane erano senza dubbio di stampo marxista. […]
I commentatori di destra come Melanie Phillips e Peter Hitchens hanno da tempo messo in guardia sul fatto che la sinistra è impegnata in una marcia gramsciana attraverso le istituzioni – come la BBC, le università e le scuole – e cerca di ottenere un cambiamento culturale. Ma nonostante il New Labour portò avanti cause liberali come i diritti omosessuali, accettò, piuttosto che sfidare, l’egemonia thatcheriana.
Con Jeremy Corbyn, tuttavia, i Conservatori si trovano davanti alla prima vera sfida alla loro dominazione intellettuale. Come fece già la nuova destra, la nuova sinistra aspira non solo a sconfiggere i suoi avversari alle elezioni, ma vuole anche ribaltarne gli ideali più preziosi. Quando Corbyn e i suoi alleati dicono di essere “il nuovo mainstream politico”, stanno, in termini gramsciani, cercando di ridefinire il “senso comune”. Come ha commentato Jacques: “Corbyn è molto inusuale in questo contesto. Alle ultime elezioni stava combattendo a un livello molto alto; stava modificando il terreno su cui la sinistra ha perso contro il thatcherismo”.
Gramsci avrebbe ammirato il gruppo di attivisti Momentum e il loro festival, “The World Transformed” (che comprendeva anche degli incontri su temi gramsciani come la formazione continua e il teatro politico, e un gruppo di lettura su Stuart Hall). Proprio come sostenevano i Quaderni del carcere, Momentum cerca un dominio dell’intero spettro e s’impegna al livello della società civile e della cultura popolare.
Nell’era dei social media, dei video virali e dell’istruzione superiore di massa, il concetto gramsciano di egemonia appare sorprendentemente presciente. Anzi, sempre più Gramsci appare non come un semplice pensatore marxista per i nostri tempi, ma, forse, come il Pensatore.
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(Murale raffigurante Antonio Gramsci)