Morena Bigini

Morena Bigini: La legge del più forte (economicamente)

“La legge è uguale per tutti”… ma per alcuni di più” .

Mai come oggi questa frase, di cui a volte si è abusato, è stata così lontana dal vero.
Il legislatore, preso da smania riformista, con l’intento, lodevole in sé e necessario, di deflazionare la macchina ingolfata dell’amministrazione giudiziaria, ha introdotto nel sistema giudiziario italiano istituti giuridici per i quali ottenere giustizia nel processo è un diritto riconosciuto solo a chi ha i mezzi economici necessari.
Ai ricchi per dirla in breve.

Riguardo alla giustizia penale, il 14 giugno 2017, con 267 si e 136 contrari, la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva la riforma del codice penale, di procedura penale e dell’ordinamento penitenziario. La riforma prevede, oltre all’allungamento della prescrizione, di cui tanto si è parlato, una modifica al diritto penale sostanziale strumentalmente sottaciuta ed ignorata dai più, che introduce una nuova causa estintiva del reato: l’estinzione a seguito di cosiddette condotte riparatorie.
Nei reati perseguibili a querela di parte il Giudice, sentite le parti e la parte offesa, potrà dichiarare l’estinzione del reato, nel caso in cui l’imputato abbia “riparato interamente il danno” restituendo o risarcendo e eliminando, ove possibile, le conseguenze dannose e/o pericolose del reato.

Occorre sottolineare che questa causa di estinzione del reato non è da considerare alla stregua della cosidetta giustizia riparativa, poiché non è previsto un percorso di mediazione finalizzato alla rieducazione tramite l’ammissione di colpa, il pentimento e le scuse basata sulla comprensione reciproca. Qui si elimina la pena a fronte di una offerta di pagamento.
In breve chi ha soldi per risarcire (anche a rate!) potrà delinquere impunemente, togliendosi la soddisfazione di insultare, diffamare, minacciare, percuotere, truffare persino, violare il domicilio, commettere atti persecutori se non aggravati e potrei continuare; chi non li ha verrà condannato. A parità di gravità del fatto che costituisce reato, la giustizia terrà un atteggiamento completamente diverso: assolutorio per chi potrà permetterselo, intransigente e sanzionatorio per gli altri.

Lo stesso Legislatore chiarisce che l’intento è deflazionare il numero di procedimenti penali e realizzare una rapida definizione degli stessi, al fine di risparmiare in termini di spese processuali e di impiego di risorse umane e strumentali. Ma, allora, mi domando perché limitare l’istituto ai soli reati procedibili a querela? Perché non prevedere un limite edittale di pena cui fare riferimento a prescindere dalla querela? Esiste già la remissione di querela, nei fatti quasi sempre legata al ristoro e risarcimento della parte offesa che, qui sta la grande differenza, di sua volontà decida di anteporre il ristoro economico alla pretesa di giustizia, senza contare la possibilità di proporre l’azione risarcitoria in sede civile, laddove l’indennizzo patrimoniale fosse stato l’unico scopo perseguito.

A ben vedere, la persona offesa viene, nella pratica, privata del diritto di rimettere la querela, poiché nel momento in cui rifiuterà l’offerta risarcitoria, ma se il Giudice la riterrà congrua, il reato verrà estinto. C’è di che restare molto perplessi.
Sembra che il nuovo principio deflattivo, quello che io chiamo “il metodo reddituale” abbia come obiettivo, più che punire i rei, punire ed umiliare la parte offesa che seppure “sentita” dal Giudice non avrà voce in capitolo, in quanto non previsto che presti consenso, la quale vedrà, volente o nolente, tacitate le proprie richieste di giustizia da un assegno più o meno sostanzioso; oltre agli imputati non abbienti costretti a difendersi nel processo, mentre altri, con l’unica attenuante di possedere più soldi si libereranno ben presto, pagando, del noioso fardello giudiziario.

Torneremo alla legge del più forte(economicamente).
Il legislatore non sembra, inoltre, essersi avveduto che tra le fattispecie cui è applicabile la nuova forma di estinzione del reato rientrano condotte delittuose di non poco conto (la polemica che riguarda il reato di stalking, almeno per la fattispecie non aggravata, non appare infondata), di grave pregiudizio per la persona offesa che non potrà trovare alcun ristoro morale ed etico dal mero risarcimento economico. L’impunità per tabulas non sarà un gran deterrente soprattutto per chi potrà attingere da un cospicuo conto corrente.

A riprova del “metodo reddituale” che finisce col rendere l’accesso alla Giustizia un privilegio per “ricchi”, occorre una breve incursione anche nel processo civile, dove dal 2002 è stato introdotto il cosiddetto Contributo unificato, una tassa sulle cause civili, amministrative e tributarie, che deve essere pagata pena l’impossibilità di iscrivere a ruolo la causa, quindi di procedere e che varia a seconda della materia e del valore del procedimento. Negli anni gli importi dei C.U. sono cresciuti a dismisura fino a creare, nella pratica, un vero e proprio ostacolo al ricorso al Giudice.

Al fine di deflazionare il carico giudiziario, anche in questo caso il legislatore, invece di demotivare la lite temeraria e proporre un filtro di merito giuridico, ha scelto la via più facile e che colpisce il più debole, impedendo di fatto l’accesso alla giustizia ai meno abbienti, quelli che magari avrebbero più bisogno di far valere le proprie ragioni, ma a volte non possono perché non sono in grado di anticipare il C.U., che può arrivare in primo grado a 1.686,00 euro e a 3.372 in Cassazione, cifre inavvicinabili per tanti cittadini che avrebbero, invece, bisogno di avere giustizia e avrebbero diritto ad uno Stato che li aiutasse a rivendicarla e non li umiliasse continuando a tutelare coloro che già vivono nel privilegio.

Diceva Ulpiano nel Digesto “la giustizia è principio e virtù morale che consiste nel dare a ciascuno il suo”: solo questo garantisce la coesistenza tra gli uomini, il Diritto non può prescindere dalla Giustizia e la Giustizia, come la verità, è un sentimento innato nell’uomo che non può essere sopito, non a lungo almeno.

Nella foto di copertina: Morena Bigini

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