Social network e pensieri lunghi: come il famigerato volo del calabrone, il ragionamento ponderato dimostra di potersi librare negli spazi dei social network, senza troppo pregiudizio alla diffusione e alla viralità (e tralasciamo invece per carità di patria l’infantilismo instantaneo e derisorio dello “ciaone” da generone renziano). Lo dimostra il successo della pagina facebook di un novantenne di belle speranza, Emanuele Macaluso (em.ma in corsivo), tradottasi in libro proprio in questi giorni, a cura di Peppe Provenzano e Sergio Sergi, ma anche il successo comunicativo che stanno avendo ‘comunisti’ dai capelli bianchi che guardano al futuro: Jeremy Corbyn e Bernie Sanders (i discorsi di quest’ultimo sono stati anch’essi pubblicati da poco per Castelvecchi, a cura di Rosa Fioravanti). Del resto, non è questione di generazioni, di giovani e di anziani; la questione, sempre nuova e sempre antica, è la capacità di instaurare una comunicazione con la gente. C’è chi lo sa fare e chi no, ognuno coi suoi modi, chi sprinta e chi fa la corsa campestre.

I social network non sono cosa altra rispetto alla realtà (ma, a volte, ne sono lo specchio deformante), e per le mille opportunità che offrono, sono uno dei luoghi principali in cui si pongono i dibattiti e si plasma la linea; in cui, inoltre, si costruisce un’investitura popolare, per ridare senso alla militanza e non chiudersi in steccati prestabiliti. Che è la missione dichiarata di Enrico Rossi, in una fase in cui il Pd è imballato nella distinzione renziani-antirenziani. Senza fossilizzarsi nella polemica, ma con schiettezza pragmatica, Rossi ha usato allora i social network per comunicare le priorità della sua azione di governo regionale, ma anche per provare spostare a sinistra la barra della politica italiana, nella convinzione che destra e sinistra esistano; e che invece il partito della nazione sia una formula confusa nella definizione e funesta negli esiti.

Il discrimine è uno, semplice, forse novecentesco: cioè la diseguaglianza. A essa sono legate le parole che si sono susseguite nei post di questi mesi e anni: giustizia sociale, lotta ai privilegi, contrasto alla disoccupazione, lavoro e investimenti. E ancora investimenti e lavoro: qualificare la spesa pubblica, portare l’enfasi sulla lotta alla povertà, ridurre gli squilibri. Un’affinità, anche se tra storie e contesti diversi, con le parole d’ordine delle nuove leadership della sinistra globale di Corbyn e Sanders.
Una leadership che qui in Italia spera di farsi: per cambiare rotta, per virare il timone, bisogna infatti diventare piloti. Allora sempre più frequentemente è comparsa la parola ‘partito’, con la sue forma (sempre più evanescente) e le sue direzioni (che lasciano spesso interdetti). Se il partito langue, sono altri gli attori che dettano i tempi, creano zone d’ombra, inquinano la democrazia. Il lavoro politico resta l’antidoto, ma se viene fatto con passione, serietà, competenza, onestà, confronto.

Per altri versi, la timeline di Rossi di questi anni testimonia della tragedia del lavoro e della convivenza di Prato e della battaglia industriale di Piombino; si snoda tra le stazioni dei treni pendolari e le riunioni a Roma e Bruxelles. Uno sguardo bifocale, tra un territorio da amministrare e un’Europa da riformare. Non nasconde, Rossi, l’orgoglio per la Toscana che tiene botta alla crisi. Non può non registrare, d’altro canto, la crisi della Comunità, che si sfilaccia tra populismi e nazionalismi, proprio perché non è capace di essere il luogo dove salvaguardare i diritti ed evitare che per la maggioranza delle persone il futuro sia fosco e il presente precario.
Il nodo della disuguaglianza del resto si risolve qui: l’orizzonte nazionale ha fatto da scudo a tante novecentesche infamità, ma aveva anche costituito il recinto dove sono state portate avanti le politiche di welfare state. L’Europa doveva essere il nuovo argine contro l’impoverimento, per il benessere; i molti dubbi che ci sono oggi sul suo ruolo devono essere dissipati con un’azione energica e davvero riformatrice, che non può più essere rimandata a domani. Se l’Europa socialista (ma anche quella popolare e liberale) non ascolta il bisogno di difesa e di lavoro, se si ossifica sull’austerità, il consenso si sposterà sempre di più sulle formazioni populiste e nazionalistiche, che rispondono malamente e ideologicamente, a sofferenze che sono reali e quotidiane.

Nella foto: Enrico Rossi insieme ad una famiglia rom, vicina di casa

E’ una sfida che non si risolve certo su facebook, ma, per quello che vale in quella sede, per contrastare questa deriva – suggeriscono i post – si pronuncino le parole dalla parte dei deboli; si guardi insieme ai numeri e alle persone, anche quando è scomodo. Non vi è salto allora nel far notare che tra ‘lavoro’, ‘giustizia’ e ‘disoccupati’ un giorno – dopo molti giorni in cui in tv si faceva a gara a dire «se li prenda lei i rom nel suo quartiere» – comparvero anche Cassandra, Andra, Verdiata, Francesco, Narcisa, Robert, Dragos, Papina, Papusa, Nadia, Dana e Dano. La foto con la famiglia dei vicini di casa di rom, dal web rimbalzò ai talk show e divenne virale, attirandosi robuste dosi di hate speech e mostrando il lato oscuro della comunicazione sui social network. Un post coraggioso e a forte rischio impopolarità, che toccava un fondo di insicurezza diffuso ma anche cattive gestioni incancrenite, cavalcate a fini elettorali da professionisti dell’odio. Contro questi, che a dispetto delle apparenze filopopolari sono sempre apologeti di un mondo di diseguaglianza, c’è davvero bisogno allora – come direbbe Machiavelli – «che surga qualche uomo da bene che, orando, dimostri loro come ci s’ingannano»; e che con lui vi siano molti.

Commenti