Manifestazione studenti medi Pisa

13 Ottobre, gli studenti medi in piazza: cambiamo la scuola per cambiare il paese

Ogni giorno la nostra vita da studenti delle scuole superiori è scandita del suono della campanella, difficilmente riusciamo ad andare oltre questa scansione. Sentiamo che ci mancano gli spazi fisici e culturali per esprimerci, non riusciamo a vivere la scuola come la comunità che vorremmo. Da studenti pensiamo che la scuola debba formare i cittadini di domani e vogliamo arrivare ed essere adulti consapevoli, ma il cambiamento che cerchiamo non lo vogliamo attuare solo in funzione del futuro: vogliamo cambiare il nostro presente, vorremmo essere ascoltati non come una categoria di passaggio e in divenire, ma come una comunità – quella studentesca – che urla a gran voce per migliorare la propria condizione.

Anche quest’anno la Rete degli Studenti medi ha inaugurato l’anno scolastico con la prima data di mobilitazione nazionale, potando in piazza decine di migliaia di studenti in tutta Italia, molti dei quali in Toscana tra i cortei di Firenze, Pisa e dell’Isola d’Elba. Ci siamo convinti che per porre le radici del cambiamento necessario per il Paese si debba partire dal cambiamento della scuola pubblica. Un esempio lampante e attuale di come questo principio sia realtà e di quanto la politica abbia da imparare dalla scuola è costituito dalla discussione sulla legge per la cittadinanza: anche se lo Stato non lo riconosce, i nostri compagni di banco, con cui facciamo ricreazione e studiamo assieme il pomeriggio, sono italiani tanto quanto noi, eppure il nostro Paese non li accetta come tali.

Noi ci immaginiamo la scuola come una comunità democratica e realmente inclusiva, dove tutti hanno il diritto di esprimersi, di essere rappresentati e ascoltati, di partecipare. Il 13 ottobre siamo scesi in piazza perché abbiamo sentito compromesse le nostre aspirazioni: una scuola che per 200 o 400 ore ci spedisce a svolgere, spesso in estate, mansioni assolutamente non formative, che ci lascia privi di tutele, che- di fatto- ci fa spesso svolgere a costo zero compiti che dovrebbero svolgere lavoratori assunti con contratto, non può essere la stessa scuola che ci fornisce gli strumenti per sviluppare una coscienza critica.

Crediamo che l’alternanza scuola lavoro possa essere una grande opportunità, ma pretendiamo che venga organizzata nel rispetto di una formazione di qualità, che ci vengano date quelle garanzie finora negate anche dalla ministra Fedeli: non ci viene garantita la gratuità dei percorsi, le aziende non hanno limiti di orario né periodo per farci svolgere l’alternanza, non abbiamo garanzie sull’effettiva validità dei percorsi in cui investiamo il nostro tempo. Un sistema scolastico che impone alle famiglie una spesa annua di oltre mille euro a studente è un sistema scolastico che finisce per creare disparità sociali incolmabili; uno Stato che non si assume la responsabilità di stabilire dei livelli essenziali di prestazione in materia di diritto allo studio è uno Stato che si sottrae al compito di sanare questa forbice. I nostri edifici scolastici crollano a pezzi, le nostre scuole hanno bisogno di fondi per provvedere alla disastrosa condizione dell’edilizia: abbiamo diritto a frequentare dei luoghi sicuri.

Il 13 ottobre siamo scesi in piazza con la consapevolezza di partecipare ad un momento il quale non è stato che l’inizio: con il coinvolgimento degli studenti, proseguiremo il nostro lavoro di denuncia ma proveremo anche a dare delle risposte. Intanto, però, chiediamo che la nostra protesta venga ascoltata, che si affermi la volontà politica di aprire un dialogo per migliorare insieme la scuola pubblica, nell’interesse degli studenti e di tutta la società.

Nella foto di copertina: La manifestazione della Rete degli studenti medi contro l’alternanza scuola-lavoro a Pisa

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