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Enrico Rossi: Machiavelli, una lezione per il Paese e anche per la sinistra

Pubblichiamo l’intervento di Enrico Rossi, Presidente della Toscana, nella tavola rotonda, alla Fiera del libro di Torino, per presentazione della ristampa, a cura di Bompiani, del volume “Niccolò Machiavelli. Tutte le opere” secondo l’edizione curata nel 1971 da Mario Martelli. Nella tavola rotonda “Politica, ovvero l’arte dei pazzi“, moderati da Armando Torno,  si sono confrontati insieme al presidente della Toscana, Massimo Cacciari e Michele Ciliberto (che ha curato la ristampa).

“Machiavelli si rivolge ai politici. Io sono un politico, faccio politica da diversi anni. Qualcuno pensa che debba anche smettere, qualcuno che debba continuare, come è noto può capitare. Dichiaro subito che io faccio un intervento dove strumentalizzo Machiavelli. Tutti i politici, mi sembra, quando lo usano lo strumentalizzano. Lo usano per convalidare le proprie opinioni, le proprie tesi. Una volta che si è dichiarato penso che sia normale fare così.

La vita politica m’insegna che esistono alla fine delle regole. La politica, se fai delle mosse, ha delle conseguenze, che in qualche modo sarebbero calcolabili, sono in qualche modo prevedibili. Difficili da prevedere, ma accadono, realizzano una serie di fatti, conseguenze di quella cosa che è stata fatta.

Mi pare che Machiavelli da questo punto di vista cerca la casistica, cerca cioè un po’ come per la medicina di rintracciare nella storia una serie di casi che possono servire a dare una lettura di ciò che sta accadendo e a dare uno strumento alla politica per interpretare i fatti.

E su questo io vorrei mettere tre punti, brevemente, riferiti – è ovvio – all’attualità, io di questo mi occupo, non sono uno storico, non sono un intellettuale che studia queste cose.

La prima è che Machiavelli interrompe la stesura dei Discorsi per scrivere Il Principe. Avvertendo il rischio per le libertà italiane. Da una parte la Francia, la Spagna, si sono formate queste grandi potenze nazionali. Machiavelli, repubblicano, scrive Il Principe. Mi pare che un messaggio arriva anche a noi.

“Noi” siamo l’Europa, l’Europa divisa, piena di diverse signorie, l’Europa dove le opinioni sono molto diversi, gli interessi, i conflitti. Stiamo in un mondo dove vincono gli Stati-continenti, dove ci sono le grandi potenze che ormai dominano il gioco politico.

A mio parere l’idea dell’Europa è un’idea alla quale dobbiamo guardare con grandissima attenzione, perché sottrarsi a questa idea pensando che in una piccola signoria, in una piccola repubblica si possa risolvere il problema delle nostre libertà, io credo sarebbe un errore.

Ed è un errore anche per la sinistra, è un errore anche per coloro che pensano che, nel mondo globalizzato, dentro un piccolo stato si possano difendere meglio gli interessi di determinati ceti, di determinate categorie. Da questo viene una lezione valida per l’attualità.

La seconda questione che mi colpisce molto è che, nei Discorsi, Machiavelli teorizza il conflitto della Repubblica. Machiavelli, come veniva detto benissimo dal professore, non vede la politica come l’arte della mediazione, sempre e comunque. Vede nella politica il conflitto, lo schierarsi, la battaglia politica. Segnatamente si parla di un conflitto tra popolo e aristocrazia, che spinge Roma a farsi forte. Questo conflitto è produttivo della forza e della potenza di Roma.

Io credo che anche qui ci sia un insegnamento di grande interesse. Noi nella politica abbiamo teso, da troppo tempo, a eliminare l’idea del conflitto.

Per me è il conflitto sociale ancora quello che può essere la chiave d’interpretazione, il modo anche per riesumare le passioni, per costruire un progetto, un progetto vero, produttivo, per l’Italia e forse anche per l’Europa.

Su questa idea del conflitto penso che bisogna ragionare. Evitando che il conflitto si riduca, ancora una volta, anche qui, a un conflitto d’interessi parziali e particolari, di signorie.

Machiavelli pensa alla milizia popolare, al popolo che irrompe nella politica e, quindi, si organizza, conta, pesa.

A me pare che se do una lettura della vicenda politica italiana, quella che ci riguarda, questo tema sia di grandissima attualità. Il riferimento a Gramsci verrebbe naturale. Il Principe è un individuo e il partito politico è un elemento sociale che sta dentro il conflitto.

Noi siamo sicuri che si possa organizzare un conflitto che sia propulsivo e produttivo senza ragionare intorno al tema del partito politico?

Credo di no.

Abito a Firenze, frequento Firenze, ma non sono fiorentino, e questo tema un po’ lo rivedo, rivedo queste signorie attorno a cui si organizzano gruppi di potere, uffici stampa, battaglie che si conducono attraverso i giornali – qualcosa che sta fuori dalla partecipazione dei cittadini e dai loro effettivi interessi ricomposti dentro un progetto.

Poi c’è un terzo tema. Quello che è accaduto di recente secondo me è un grande mutamento nella storia della Repubblica. Le elezioni sono da questo punto di vista una rottura, una cesura. La crisi è anche di una cultura anti-fascista in cui è nata la Repubblica, la Costituzione.

Noi stiamo vivendo come sinistra una crisi profonda, un cambiamento di sistema si è prodotto, ci sono tempi nuovi, io credo che noi dovremmo adeguare la nostra natura a questi tempi, altrimenti rischiamo di essere spazzati via, anche in Toscana, e pure in altri posti.

Cosa ci suggerisce questo tema, io penso che la crisi ha spazzato il centro. Ecco un’altra regola, un altro elemento che può venire fuori dalla casistica: il centro sociale e il centro politico si sono dissolti, la politica delle grandi forze popolari che abbiamo avuto nel paese – alla quale io e parecchi di voi hanno appertenuto – ha sempre guardato alla conquista del centro.

Adesso il centro dissolto si estremizza, si estremizza da un lato verso quella che oggi viene chiamata una destra sovranista, che contiene anche elementi a mio parere pericolosi (ma non criminalizzo nessuno, il mio è un giudizio politico); e dall’altro anche un’altra forma di estremismo interclassista che ha raccolto tantissimi consensi.

Noi possiamo continuare a guardare alla ricerca del centro?

È un interrogativo a cui la sinistra dovrebbe provare a dare risposta.

O c’è bisogno invece di una radicalità di governo diversa?

E quindi in qualche modo – un altro punto che mi ha colpito tantissimo, sempre dei Discorsi – rinnovare la Repubblica ritirandola alle sue origini, ai suoi principi.

Perché a proposito alla fondazione degli stati, dice ancora Machiavelli, quando c’è uno stato, di una realtà effettuale che nasce, vuol dire che dentro contiene qualcosa di buono, perché altrimenti non potrebbe nascere.

Ritirare la Repubblica alle sue origini, ai suoi principi, significa ritirarla a quel buono che ne ha consentito la nascita.

Io penso che noi dovremmo a indagare un po’ su questi temi.

Questa ovviamente è la mia lettura da politico, non pretendo ovviamente che sia condivisa, ma la porgo come contributo”.

Qui sotto il video della tavola rotonda a cui hanno preso parte il presidente della Toscana Enrico Rossi, Massimo Cacciari e Michele Ciliberto (che ha curato la ristampa del libro)

Foto in evidenza: Massimo Cacciari, Michele Ciliberto, Armando Torno ed Enrico Rossi nella tavola rotonda di presentazione della ristampa del volume “Niccolò Machiavelli. Tutte le opere” al Salone del Libro di Torino

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