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Il marxismo di John McDonnell, cancelliere ombra del Labour

Traduzione dell’articolo di George Eaton, pubblicato sul New Statesman con il titolo “How John McDonnell is leading the surprise rebirth of British Marxism” (11 maggio 2018).

Al funerale di Karl Marx, il 17 marzo 1883, presso il cimitero di Highgate, a nord di Londra, presero parte appena nove persone. I festeggiamenti per il duecentesimo compleanno del filosofo sono stati decisamente più partecipati. Il 5 maggio 2018, nella città natale di Marx, Trier, nella Germania occidentale, centinaia di persone erano presenti quando una statua del filosofo di più di quattro metri, finanziata dai cinesi, è stata rivelata. A Londra, più o meno lo stesso numero di persone si è raccolto presso la Scuola di studi orientali e africani, per una giornata di conferenze sul pensiero di Marx. Fra i presenti figurava il cancelliere ombra, John McDonnell.

“Salve, non vede l’ora di avere un marxista al numero 11 [di Downing Street, sede del Cancelliere dello scacchiere, n.d.r.], vero”? Così McDonnell ha recentemente salutato un dirigente di azienda. Il parlamentare ha da tempo dichiarato la propria ammirazione per il rivoluzionario pensatore socialista. Nel 2006 ha nominato Marx, Lenin e Trotsky fra le proprie influenze intellettuali più significative (Jeremy Corbyn, al contrario, ha confessato di non leggere “tanto Marx quanto dovrebbe”).

Parlando accanto al segretario generale del Partito Comunista d’India (marxista), Sitaram Yechury, McDonnell ha scherzato, in apertura al suo discorso: “Potete immaginare come ha commentato il mio ufficio stampa quando ho detto loro che volevo partecipare a questa conferenza”?

Il cancelliere ombra ha spiegato: “Non dovrebbe esserci paura alcuna, in una società aperta e democratica, di discutere le idee di un economista politico e filosofo… le cui idee, proprio adesso, risultano nuovamente interessanti” (un recente sondaggio di Ipsos MORI rivela che il 49% dei britannici pensa che “le idee socialiste hanno un grande valore”). “Evitare” il dibattito, ha aggiunto, “semplicemente rinforza quel regime di auto-censura che l’establishment e i suoi rappresentati nei mezzi di comunicazione hanno cercato d’imporre”.

Non è un caso, come erano soliti dire i marxisti, che le idee comuniste abbiano acquisito una rinnovata rilevanza. La crisi finanziaria del 2008, e i suoi postumi nefasti, hanno messo in discussione la pretesa di superiorità del capitalismo. Piuttosto che auto-correggersi, i mercati si sono auto-distrutti. Le economie occidentali sono deturpate da quelli che McDonnell ha chiamato “livelli grotteschi di disuguaglianza” e dall’aumento dei working pooor. La tendenza del capitalismo al monopolio, o all’oligopolio, è osservabile nella smisurata predominanza di Google, Facebook, Amazon e Apple. La “gig economy” […] ha creato un esercito di riserva di lavoro occasionale. Gli altri sono intrappolati in alienanti “bullshit jobs” […]: lavoro che non serve ad alcuno scopo se non a quello di perpetuare il sistema capitalista.

Alcuni hanno predetto che le sfide esistenziali, come l’automazione e i cambiamenti climatici, renderanno le idee marxiste ancora più salienti. McDonnell ha citato l’avvertimento del governatore della Bank of England, Mark Carney, secondo il quale le perdite di massa di lavoro e i salari stagnanti potrebbero creare le condizioni per un revival comunista.

Per il marxismo, il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991 si è rivelato una benedizione, non una maledizione. La scomparsa di una burocrazia stalinista fossilizzata – che aveva poco a che vedere con l’idillio senza Stato immaginato da Marx – ha liberato i seguaci dalla “colpa per associazione”. […] È stato rivendicato lo scopo originale del marxismo: la critica del capitalismo. Tuttavia, fino a poco tempo fa, questo non occupava alcuno spazio significativo nella politica britannica. […]

Il Labour solitamente viene descritto come un partito che deve “più al metodismo che al marxismo”. Ma non ne consegue che non debba nulla a quest’ultimo. Come ha osservato McDonnell, il marxismo era una delle tradizioni che costituirono il Labour alle “origini”. […]

Ci sono sempre stati dei marxisti nel Labour, ma non è mai stato un partito marxista (e neppure, secondo alcune definizioni, un partito socialista). Il manifesto per le elezioni generali del 2017 era di natura socialdemocratica e prometteva di riformare, piuttosto che rimpiazzare, il capitalismo. Ma nel suo discorso, McDonnell ha espresso la promessa del partito di rinazionalizzare “l’acqua, le ferrovie, le poste e l’energie” in termini più radicali: “È uno sviluppo significativo, risultato di una nuova rilettura delle idee di Marx”.

McDonnell, che recentemente è stato astutamente descritto dal capo di Momentum Jon Lansman come “più ideologico e più pragmatico” di Corbyn, ha svariate maschere. A seconda delle circostanze, può essere un prudente “direttore di banca”, un socialdemocratico in stile nordico o un rivoluzionario marxista.

Nella City, i finanzieri temono che il Labour abbia un “manifesto ombra” molto più radicale, nascosto dietro a quello del 2017. McDonnell, che ha insistito che “non ho nessun asso nella manica”, non ha fornito alcun indizio sulle politiche future. Tuttavia, ha esibito una fede incrollabile nel pensiero di Marx e nel suo potenziale rivoluzionario. “Il marxismo riguarda la libertà di spirito, il miglioramento delle condizioni di vita, il rafforzamento della democrazia… Dobbiamo andare oltre l’enorme peso dell’abuso ormai storico del lavoro di Marx”. E ha concluso: “Un altro mondo non è solo possibile, un altro mondo è a portata di mano – solidarietà”.

Foto in evidenza: John McDonnell e Jeremy Corbyn (PAUL ELLIS VIA GETTY IMAGES)

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