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Il senso, la storia ed il futuro del lavoro – Il nuovo libro di De Masi

Nelle vetrine e sui piani espositivi delle librerie campeggia, da qualche giorno, un volume che si fa notare per le sue dimensioni: si tratta dell’ultima opera, pubblicata il 5 Giugno scorso, di Domenico De Masi – famoso ed illustre sociologo del lavoro, docente universitario emerito, nato in una piccola località del Molise ma da tutti considerato (e lui stesso così si professa) napoletano per i molteplici legami personali e professionali che ha avuto, ed ha ancora oggi, con il magnifico capoluogo campano -, intitolata a lettere cubitali “Il Lavoro“, titolo che si completa, con caratteri molto piccoli, nella riga sottostante con “nel XXI secolo” (Einaudi, 820 pagg., 24 euro: un prezzo che si può ritenere estremamente contenuto, data l’estensione del testo, anche per confronto con libretti di poche pagine che facilmente vengono messi in vendita a 18-20 euro o anche più. Sarà anche vero che la qualità di un’opera non può essere valutata “a peso”, ma il prezzo contenuto facilita la diffusione della cultura, e certe esagerazioni – a cui si assiste frequentemente – allontanano i potenziali lettori interessati. Di questo, nel caso presente, va reso merito all’Editore ed all’Autore).

Un libro la cui mole induce soggezione ma anche stimola, per ciò stesso, la curiosità di vedere come e di cosa è fatto. Non senza provare, già nel prenderlo in mano, un irreprimibile senso di ammirazione – ma anche, va confessato, di invidia, specialmente da parte di chi è anagraficamente vicino o non lontano dal Professore – per questo splendido ottantenne (è nato proprio nel 1938) dal cervello agile ed attivo, e tuttora curioso, come quello di un buon quarantenne, che conserva inalterate la voglia di studiare (che così tanto, ed avvertibilmente, manca a buona parte dei personaggi più mediaticamente esposti, si tratti di politici o di “intellettuali“) e la capacità di rendere con chiarezza e compiutezza esemplari il risultato delle sue “fatiche“, che è facile immaginare siano per lui fonte non di sofferenza ma di gioia e soddisfazione vivificanti: una sorta di “felicità cognitiva“, se è lecita l’espressione.

Non c’è dubbio che quello del lavoro sia il tema più importante del nostro tempo: qualunque indagine o sondaggio lo conferma ampiamente. Significativamente, il libro di cui parliamo inizia con le parole seguenti: «Ogni giorno le prime pagine dei giornali parlano di lavoro: perché manca, perché stanca, perché stressa, perché muta, perché costa, perché non rende. Chi non ce l’ha lo desidera; chi ce l’ha vorrebbe smetterlo o ridurlo o cambiarlo». A questa materia De Masi – che ha insegnato per decenni Sociologia del Lavoro all’Università La Sapienza di Roma (dove è stato anche Preside della Facoltà di Scienza della Comunicazione), e che come accademico ha avuto incarichi di insegnamento in molte Università sia italiane sia all’estero – ha dedicato numerosi saggi e pubblicazioni («su questi temi ho scritto e curato una trentina di testi», scrive lui stesso): nella parte finale del libro c’è un’Appendice, pur non esaustiva, intitolata “Bibliografia di Domenico De Masi“, che elenca varie opere dell’Autore, soprattutto quelle attinenti al tema del volume in oggetto.

Quest’ultimo libro – che, confida il suo autore, «ha richiesto due anni di intenso lavoro, che la mia pigrizia napoletana avrebbe certamente interrotto se non fossi stato stimolato» – costituisce una sorta di “summa” del suo pensiero sul “tema-lavoro“: De Masi scrive che esso «vuole essere una sintesi di tutto ciò che ho capito in molti anni di studi e ricerche sul lavoro», e che quella sintesi è stata «messa a disposizione del lettore affinché ritrovi in un solo volume la maggior parte delle questioni che oggi si dibattono a proposito dell’occupazione e della disoccupazione». Cito anche, al proposito, un altro suo libro, pubblicato nel 2017 per la Marsilio Editori, intitolato appunto “Lavoro 2025. Il futuro dell’occupazione e della disoccupazione“, una straordinaria ricerca sulle tendenze del lavoro nel prossimo decennio condotta, con una metodologia di estrema eleganza denominata “Metodo Delphi” (ben spiegata nell’Introduzione), insieme a due ricercatori suoi collaboratori e con l’ausilio di undici esperti di altissimo livello in varie discipline. Un testo che chiunque, ed a qualunque titolo, si occupi o scriva di lavoro farebbe bene a leggere.

A queste note – che non costituiscono, com’è evidente dal loro contenuto, una recensione (che al momento, del resto, non sarei capace di fare per non aver letto il libro nella sua interezza), ma intendono solo proporre una segnalazione di un testo che si preannuncia di grande qualità, sul piano sociologico come su quello storico – si possono aggiungere alcune brevi ma forse utili osservazioni.

Nella foto: La copertina del libro di Domenico De Masi “Il lavoro nel XXI secolo”, editore Einaudi

Anzitutto, quello che il titolo completo descrive non è, in realtà, l’argomento esclusivo del libro ma piuttosto il suo punto di approdo: il testo, ricchissimo, è infatti diviso in quattro parti – la consultazione viene agevolata da un indice molto particolareggiato -, che riguardano ciascuna un’era nella quale il lavoro aveva caratteristiche specifiche di quel particolare periodo storico (della storia industriale): si profila così un “viaggio” lungo varie epoche, a partire dalla società “pre-industriale“, per poi andare attraverso la società propriamente “industriale” ed infine arrivare a quella cosiddetta “post-industriale” – che è quella in cui viviamo, che De Masi sintetizza come «centrata sulla produzione di beni immateriali come i servizi, le informazioni, i simboli, i valori, l’estetica», il che comporta una grande differenza rispetto alle condizioni della società industriale, dovuta al fatto che «gli operai oggi rappresentano appena il 33% della forza-lavoro e tutto il resto è costituito da lavoratori intellettuali, destinati anch’essi a essere sostituiti almeno in parte dall’intelligenza artificiale».

E’ questa una differenza che spesso sfugge, o non viene tenuta adeguatamente in conto, da chi parla di lavoro come se esso fosse ancora costituito dalla “classe operaia e manifatturiera” («nella Manchester industriale di metà Ottocento gli operai raggiungevano il 94% di tutta la forza-lavoro», ricorda De Masi: e non sembra casuale quel riferimento di luogo e di tempo, a ben intendere). Se tutto il testo appare di una grande ricchezza storico-sociologica, le ultime 220 pagine (tante ne occupa la quarta parte, intitolata “Il lavoro nella società post-industriale“) si preannunciano, già dalla lettura dell’Indice, straordinariamente dense di contenuti e riflessioni di grande valenza anche culturale e politica, e dovrebbero perciò costituire una sorta di imprescindibile “breviario” per chiunque si occupi di questi temi. Non va taciuto che – da ottimo docente qual è – De Masi fa precedere le tre parti sul lavoro nei vari tipi di società da una prima, in certo senso introduttiva ma di fondamentale importanza, intitolata “Cosa è il lavoro“, che – lo scrive lo stesso Autore – «cerca di rispondere a interrogativi ineludibili per chi vuole approfondire il tema cui è dedicato questo libro».

C’è poi da osservare – con grande onestà intellettuale lo evidenzia lo stesso De Masi, ricordando che, come disse Umberto Eco, ogni libro «nasce sulle spoglie dei libri precedenti» – che nel corso del volume si incontrano molti “virgolettati“, parti o brani ripresi da libri già pubblicati quando ritenuti ancora «validi nel contenuto, compiuti nella forma e pienamente adatti ad essere recepiti in questa sede…..invece di parafrasare o diluire testi altrui, ho preferito citarli nella loro integrità». Ma, sia chiaro, il volume non è un “copia e incolla” perché, assicura l’Autore, «le pagine inedite sono di gran lunga più numerose di quelle tratte dalle pubblicazioni precedenti».

Non resta che affrontare il libro – nella sua interezza o anche per parti, come spesso si fa con le opere “di consultazione” – ed augurare a chi vorrà farlo, a cominciare da me stesso, buona lettura: il piacere intellettuale che ne deriverà compenserà, ne sono sicuro, della fatica delle molte pagine da attraversare. Credo che sia doveroso, nel farlo, un pensiero di gratitudine a Domenico De Masi per questa sua ennesima prova d’amore per l’insegnamento e per la materia alla quale ha dedicato tanta parte della sua vita: il dio dei docenti, se c’è, ci conservi quelli come lui (che, per quanto numerosi, non sono mai abbastanza).

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